Ansia, depressione e vergogna
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La tendenza all’ansia, alla depressione e alle valutazioni negative di sé emergono presto nell’infanzia, sono relativamente stabili nel corso degli anni scolastici e spesso aumentano ed evolvono in veri disturbi psicopatologici durante l’adolescenza [Zahn-Waxler C, Crick NR, Shirtcliff EA, Woods KE, 2006].
Ansia e depressione nei bambini e negli adolescenti non dovrebbero essere dunque sottovalutate, in quanto potrebbero peggiorare nel corso della vita, dando luogo a sintomatologie psicopatologiche specifiche.
A13
Clark e Watson hanno proposto una teoria per spiegare l’associazione fra ansia e depressione, in un modello che questi autori hanno definito “tripartito“. Ansia e depressione, secondo questo modello, compaiono spesso simultaneamente [Clark LA, Watson D, 1991], ma possono essere discriminate perché hanno alcune caratteristiche fra loro simili ed altre nettamente distinte.
Il modello tripartito suddivide il dominio di ansia e depressione in tre dimensioni:
1.angoscia generale,
2. anedonia,
3. iperattivazione fisiologica.
Ansia e depressione, secondo questo modello, condividono entrambe l’aspetto dell’angoscia, ma se la depressione è caratterizzata, in genere, da alti livelli di anedonia, l’ansia è piuttosto determinata da alti livelli di attivazione fisiologica.
Il modello tripartito dunque può aiutare a distinguere fra ansia e depressione suggerendo di tralasciare i sintomi comuni dell’angoscia che condividono ansia e depressione (emozioni negative, insonnia, difficoltà di concentrazione), per osservare le sintomatologie specifiche, cioè l’iperattivazione fisiologica nell’ansia e l’anedonia nella depressione.
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La tendenza a pensare in modo negativo può rappresentare un ulteriore fattore di rischio, in quanto questo stile del pensiero spinge a considerare soprattutto gli eventi negativi e a tralasciare quelli positivi, generando sentimenti di tristezza. [Cole DA, Martin JM, Powers B, 1997]
Secondo una delle teorie più apprezzate in materia [Abramson LY, Metalsky GI, Alloy LB, 1989], vi sono tre stili cognitivi negativi che generano sentimenti di angoscia e frustrazione e che spingono verso la depressione:
1) tendenza a pensare che gli eventi negativi siano generali (cioè che riguardano invariabilmente tutti gli aspetti della vita) e stabili nel tempo,
2) tendenza a percepire gli eventi negativi come capaci di generare conseguenze disastrose,
3) scarsa stima di sé, a seguito di un evento negativo.
Questa teoria della mancanza di speranze (o pensiero negativo, o anche hopelessness) è stata sostenuta da prove che collegano i tre stili del pensiero descritti all’aumento dei sintomi depressivi, sia negli adolescenti, sia negli adulti [Cole DA, Martin JM, Powers B, 1997 e Abela JRZ, Hankin BL, 2008 ].
Anche i bambini, nella loro infanzia, possono essere influenzati dai pensieri negativi, dal momento che è in questo periodo che essi imparano a conoscersi ed in cui le loro concezioni diventano più astratte, differenziate, stabili, realistiche [ Harter S, 1999 ].
L’incapacità di costruire una visione positiva di sé durante il periodo dell’infanzia può rivelarsi problematica nel momento in cui il bambino comincia ad essere colpito da stimoli stressanti.
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Un altro fattore di vulnerabilità può essere la tendenza all’emozione della vergogna. La vergogna può nascere dalla paura della disapprovazione, reale o immaginata [Lewis HB, 1971]: si tratta dunque di un segnale importante di minaccia per l’accettazione sociale, la stima degli altri, il riconoscimento come persona. Essa svolge un ruolo di primaria importanza nella mobilitazione delle risposte alle minacce sociali percepite [Dickerson SS, Gruenewald TL, Kemeny ME, 2004].
Ci si vergogna perché si vive un senso di inferiorità o ci si sente inadeguati come persone. Se la vergogna occasionale, o di breve durata, può essere considerata un’emozione adattiva, nel senso che contribuisce a proteggere le relazioni sociali [Dickerson SS, Kemeny ME, 2004 e Leary MR, Koch EJ, Hechenbleikner NR, 2001], la tendenza costante alla vergogna può essere un fattore di disturbo per una crescita sana.
Negli stati di vergogna, i bambini tendono a focalizzare l’attenzione su immagini di svalutazione di sé e sul rifiuto da parte degli altri, sviluppando sentimenti di impotenza e di mancanza di opportunità positive per poter superare i problemi vissuti.
Secondo il modello tripartito, l’emozione della vergogna aggrava la sensazione generale di disagio e porta ad un aumento sia dell’ansia, sia dei sintomi depressivi. L’esperienza continua della vergogna può dunque rafforzare, nel tempo, queste immagini e sensazioni, aumentando il rischio di problemi psicopatologici nell’età adolescenziale e adulta.
Un’associazione tra vergogna e sintomi depressivi è stata peraltro riscontrata sia negli adulti [Kim S, Thibodeau R, Jorgensen RS, 2011] sia negli adolescenti [Muris P, Meesters C, 2013] e probabilmente anche nell’infanzia [Bennett DS, Sullivan MW, Lewis M, 2010].
Per quanto detto si ipotizza dunque che la vergogna sia allo stesso tempo causa ed effetto di ansia sociale, almeno nei soggetti adulti [ Gilbert P, Miles JNV, 2000 e Zhong J, Wang A, Qian M, Zhang L, Gao J et al, 2008].
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Fonte:
Rosemary S. L. Mills • Paul D. Hastings • Lisa A. Serbin • Dale M. Stack • John R. Z. Abela • Kimberley A. Arbeau • Debra I. K. Lall, Depressogenic Thinking and Shame Proneness in the Development of Internalizing Problems, CHILD PSYCHIATRY AND HUMAN DEVELOPMENT · NOVEMBER 2013
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