Classificata come timida – Consulenza online

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Salve,
Mi chiamo Marisa e ho 30 anni. Fin dai tempi dell’asilo sono stata classificata come “timida”, ma credo che il mio problema sia più profondo. Ora mi spiego meglio.
Ho passato tutto il periodo dell’asilo e delle scuole elementari praticamente senza parlare con nessuno, sempre zitta nel mio banco, vivendo in un mondo tutto mio, trascorrendo le ricreazioni appoggiata al muretto del cortile, senza giocare con nessuno. Parlavo solo se qualcuno mi faceva qualche domanda. Sembrava che quel mondo non mi appartenesse, come se ci fosse una barriera invisibile tra me e gli altri, come quando si guarda la TV: ascolti, partecipi emotivamente, elabori una tua opinione sulle cose che accadono, ma non puoi interagire con chi è dentro la TV. Ma ricordo che ero serena: mi trovavo bene da sola, mi piaceva il mio mondo, e poi ero così solo quando non ero con la mia famiglia, in particolare quando non ero con mia sorella: con lei diventavo “normale”: parlavo, ridevo, giocavo con i suoi amici, andavo alle sue feste, ecc. Lei era il collante tra me e il mondo reale. Crescendo, ho cominciato ad aprirmi un po’, ma il senso di inadeguatezza, di non appartenenza, e la certezza di essere solo un peso per gli altri mi hanno sempre accompagnato. Oggi so di essere molto “diversa” e non mi trovo bene: adoro, quasi bramo la compagnia degli altri, ma quando ce l’ho non riesco mai a comportarmi in modo adeguato e mi rimprovero continuamente. Così mi rifuggo ancora in un mondo immaginario, che ormai è diventata la mia seconda vita, in cui riesco ad esprimermi pienamente. Non ho mai il coraggio di intervenire in una conversazione di anche solo 5 persone, per paura di essere guardata, giudicata, di dire fesserie, o di parlare contemporaneamente a qualcun altro e quindi fare una figuraccia. Paradossalmente mi sento più a mio agio con chi non mi conosce ancora, ma poi, man mano che ci frequentiamo e ci conosciamo, raffiorano subito le mille paure di essere giudicata e allora comincio ad evitare tutti. Mi sento male perfino se sto guidando e mi accorgo che qualcuno che mi conosce mi sta guardando: quando finisco di lavorare, vado via sempre per ultima, per evitare di ritrovarmi i colleghi nelle loro macchine avanti o dietro di me. Il risultato è che non ho amici (a parte il fidanzato e i “suoi” amici), e soffro di questo perchè bramo l’amicizia. Quando sono in una situazione “sociale” sono in continua agitazione: non parlo perchè non riesco ad infrangere il muro che mi separa dagli altri, ho paura di dire cavolate, di essere giudicata male; purtroppo, se non si parla si viene comunque giudicati male, e quindi mi sento continuamente criticata, non accettata, le persone si annoiano a stare con me, nessuno ha piacere ad avermi come amica. Per non parlare poi se qualcuno davanti a tutti con battute poco delicate sottolinea la mia timidezza: vorrei morire, oppure uccidere quel mostro di sensibilità che le ha dette.
Ho letto del disturbo evitante della personalità, sarà quello? O altrimenti, che cos’è? Non credo di essere semplicemente “timida”…
Cordiali saluti
A 16
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Gentilissima,
E’ vero che le persone che parlano poco sono in genere poco apprezzate in società, ma è provato però che nei rapporti interpersonali, sul lavoro, nelle relazioni di coppia, dovendo scegliere fra due eccessi, le persone si orientano sicuramente verso la persona più sobria, riservata e silenziosa.
Non ci sarebbe dunque nulla di male ad avere un carattere riservato come il suo, se non fosse per il fatto che lei soffre terribilmente di questa situazione, perché vorrebbe invece essere diversa, avere tanti amici e brillare in società. Che fare?
La risposta che posso darle è che lei potrebbe sicuramente modificare molti suoi atteggiamenti e comportamenti, cambiando il suo modo di apparire agli altri, anche attraverso la recitazione di un ruolo (che può essere appreso, passo dopo passo, prendendo spunto dalle persone più socievoli ed estroverse che conosce).
Nel tempo, a forza di “recitare” il ruolo della persona estroversa, lei imparerà a personalizzare discorsi e atteggiamenti, sentendosi sempre più naturale e simile a ciò che avrebbe voluto essere nella vita.
Il cambiamento però costa molta fatica ed impegno e ci si può riuscire solo se si è sorretti da una forte motivazione (che può essere eventualmente alimentata da un supporto psicoterapeutico).
Scelga lei se preferisce esprimere la sua personalità reale, mantenendo lo status quo o se desidera impegnarsi nel difficile cammino del cambiamento. L’importante è fare una scelta consapevole, conoscendone vantaggi e difficoltà, senza poi lamentarsi per il disagio di affrontare ciò che era ampiamente prevedibile sin dalle premesse.
Cordialmente,
Dr. Walter La Gatta
Walter La Gatta
psicologo psicoterapeuta sessuologo
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Immagine: Pexels
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Dr. Walter La Gatta, psicoterapeuta sessuologo.
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