Mangiarsi le unghie diventa una patologia

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Mangiarsi le unghie diventa una patologia

Mangiarsi le unghie diventa una patologia

Terapie online. Dr. Walter La Gatta
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Vecchio articolo - Clinica della Timidezza

Tra le indiscrezioni che circolano sulla prossima edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) vi è quella che potrebbe essere aggiunto un nuovo, ennesimo disturbo: l’onicofagia, cioè mangiarsi le unghie, considerata un disturbo ossessivo-compulsivo. Negli ultimi anni, la tendenza del DSM è stata quella di abbassare sempre di più la soglia della valutazione del “disturbo”, con l’effetto che tutto quello che in una persona non è perfetto viene automaticamente considerato un difetto, cioè,  in termini medici, una patologia. Negli anni ’80 nel DSM (la così detta bibbia degli psichiatri) erano elencati 180 disturbi, ora ci si avvicina ai 400.

Naturalmente c’è una forte opposizione, nel mondo dei professionisti della salute mentale, a questa folle tendenza all’inclusione, che ridicolizza la credibilità scientifica del famoso manuale degli psichiatri, eppure le critiche non sembrano essere prese molto in considerazione, visti gli interessi ormai abbastanza evidenti che hanno le industrie farmaceutiche nella creazione a tavolino di sempre nuovi disturbi.

A27/A5

Mangiarsi le unghie  è un comportamento che può essere messo in atto per varie ragioni; per superare la timidezza, per orientare la rabbia o lo stress, come forma di auto-punizione. La psichiatria si dovrebbe occupare non tanto del sintomo, ma delle emozioni e dei vissuti che producono quel determinato sintomo in quel determinato paziente, piuttosto che delle strategie da lui messe in atto per gestire queste emozioni e questi vissuti.

E’ evidente che questo facilita di molto il compito degli psichiatri, che possono così velocemente fare delle diagnosi in base all’elenco dei sintomi citati nel manuale, ma questo spinge sempre di più il mondo della psicologia a soffermarsi sul sintomo e non a cercare le cause che lo provocano. E’ evidente che a questo punto la cura che si ha in mente non è quella della psicoterapia, ma quella del farmaco, che fa immediatamente sparire i sintomi (fintanto che lo si assume). Inoltre, questa tendenza impone una visione rigida del comportamento umano, che divide nettamente ciò che è sano da ciò che è patologico sulla base dei comportamenti esterni, senza sentire il bisogno, nel fare una diagnosi, di ascoltare ciò che il paziente avrebbe da raccontare sul suo sintomo. Il colloquio diagnostico perderebbe così di qualsiasi importanza.

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Quanto al mangiarsi le unghie, questo è un esempio tipico di quanto si è detto, in quanto questo comportamento potrebbe essere un dettaglio assolutamente irrilevante per una persona, che potrebbe cessare questa abitudine a suo piacimento, se non la considerasse una piacevole abitudine, mentre per un’altra persona potrebbe rappresentare un vero problema di autolesionismo. Classificare un comportamento esterno come un sintomo, senza il bisogno di approfondire e di tener conto di ciò che questo comportamento significa per la persona, è inaccettabile. Non si può prescrivere dall’alto ciò che è bene e ciò che è male per essere “sani”. A questo punto anche coloro che si schiacciano i punti neri, che si tolgono le doppie punte dai capelli, che si grattano i foruncoli, ecc. potrebbero un giorno essere considerati malati, visto che queste cose “non si fanno”… Non esageriamo!

Dr. Walter La Gatta

 

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