Sono un padre preoccupato, mio figlio di 17 anni soffre di una timidezza congenita che speravo fosse superata con l’eta’ma purtroppo mi sto accorgendo che con il passare del tempo le cose non migliorano anzi.Si e’ sempre rifiutato di parlarne seriamente con me anche se a volte mi accorgo che cerca di mettere in pratica alcuni consigli da me dati ma purtroppo con scarso successo.Considerando che e’ un bel ragazzo quindi con ottime affinita’ per avere successo con le sue coetanee non riesce a legare e’ usa spesso modi rudi, ha un modo insicuro e sgraziato nel proporsi a persone estranee e ultimamente sta sviluppando anche dei cosiddetti tic nervosi che forse noto solo io ma che mi proccupano ulteriormente.Amici… pochissimi diciamo quelli che ha conosciuto alle elementari, che fra l’altro sono sulla sua stessa linea.(brio 0)Fa dello sport sempre in ruoli defilati dove il rischio di esporsi e’ praticamente nullo.E sempre in casa al computer esce per andare dai suoi amici in un’altra casa a un altro computer.Scusate per questa lunga descrizione ma vorrei sapere se ci sono possibilita’ di curare questa difficile patologia non chiedo rimedi miracolosi ma consigli per un eventuale cura per migliorare la sua situazione dato che forse come padre non sono stato capace di indirizzarlo o influenzarlo abbastanza.grazie in anticipo
Gentilissimo,
Suo figlio ha 17 anni: un periodo difficile per tutti, anche per i più estroversi. Se poi il ragazzo è particolarmente timido, ha scarsa fiducia in sé stesso, soffre di ansia sociale, questo è probabilmente, per lui, uno dei periodi più difficili della vita. Ma è proprio da questo periodo così difficile, di autoanalisi e di ricerca interiore, che probabilmente uscirà fuori tra qualche mese/anno un ragazzo più maturo, più consapevole e sicuro di sé.
Come può intervenire un genitore per aiutare suo figlio a superare la timidezza? Paradossalmente, cercando di intervenire il meno possibile.
Non è infatti positivo un atteggiamento volto all’evitare al ragazzo qualsiasi ostacolo, ancor prima che si presenti, prevenendo qualsiasi tipo di situazione in cui possa sentirsi a disagio.
La forza interiore di ciascuno di noi si sviluppa sempre a partire dal riconoscimento dei propri errori, delle risposte poco ‘adattive’ fornite agli stimoli ambientali.
Inutile dunque evitargli piccoli errori e qualche brutta figura, che sono invece assolutamente ‘formativi’ a questa età.
Questo non significa, naturalmente, che lei debba disinteressarsi delle problematiche di suo figlio, ma è opportuno che se ne tenga alla giusta distanza, cercando di parlarne o di offrire consigli solo quando vi è effettiva richiesta di questo tipo di comportamento da parte del ragazzo.
Anche mostrarsi troppo ansiosi non è un bene: il ragazzo teme così di deludere le aspettative dei genitori e questo non fa che accrescere la sua ansia, alimentando il circolo vizioso dell’insicurezza.
Da questo periodo di relativo isolamento sociale, di inibizione nei confronti degli altri, piuttosto naturale e frequente alla sua età, suo figlio dovrà trovare in sé stesso la forza per reagire e per diventare una persona più matura, più consapevole, più sicura di sé.
Lei come genitore deve cercare di accompagnare questo percorso, mostrandosi fiducioso nelle qualità del ragazzo, sempre incoraggiante e propositivo. Cerchi di limitare le critiche, specie se non sono strettamente indispensabili; sia accogliente, parli con lui dei suoi antichi vissuti di timidezza, gli racconti di qualche ‘brutta figura’ fatta da adolescente; gli racconti anche di come sia poi riuscito a superare tutto ciò, come l’esperienza l’abbia aiutato a crescere e a sentirsi più adeguato alle situazioni sociali. Gli dia speranza per il futuro, lo incoraggi ad ideare dei progetti da realizzare, organizzi delle situazioni sociali a casa vostra, invitando amici e conoscenti, in modo che il ragazzo possa acquisire le necessarie abilità sociali; non gli faccia troppo pesare le aspettative di successo che lei ha nei suoi confronti.
Visto che suo figlio è così ricettivo ai consigli poi, un’idea potrebbe essere quella di inviarlo ad un ‘consulente’ esterno, uno psicologo, magari maschio, nel quale suo figlio possa trovare un ulteriore modello al quale ispirarsi per cercare sé stesso.
Cordiali saluti.
Dr. Walter La Gatta
Clinica della Timidezza
Dr. Walter La Gatta, psicoterapeuta sessuologo.
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