Ricerche sull’uso dei farmaci per l’ansia e la fobia sociale

Una recente ricerca del Dipartimento di Psichiatria della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora (Maryland, USA) ha preso in esame 128 bambini di età compresa tra i 6 e i 17 anni ai quali era stato diagnosticato uno dei seguenti disturbi: fobia sociale (paura marcata e persistente delle situazioni sociali), ansia da separazione (angoscia e malessere eccessivi in occasione degli allontanamenti da casa, dai familiari o persone vicine) e ansia generalizzata (almeno sei mesi).
Risultato: nella maggior parte dei casi, l’ansia tendeva a manifestarsi soprattutto con sintomi fisici, come irrequietezza, mal di stomaco, facilità ad arrossire, palpitazioni, tensione muscolare, sudorazione e tremori. I sintomi fisici potrebbero, soprattutto negli adolescenti, coprire e mascherare quelli psicologici.
Un altro studio, condotto da ricercatori dell’Hershey Medical Center di Hershey (Pennsylvania, USA) su 150 soggetti affetti da fobia sociale, ha confermato che i bambini tendono a manifestare uno spettro più ampio di sintomi psicologici, ma gli adolescenti possono avere una più grave compromissione del funzionamento sociale.Un altro sintomo spesso associato all’ansia è l’insonnia: nei bambini molto piccoli può anche essere la spia di un disturbo dell’umore della madre. Negli adolescenti affetti da disturbi d’ansia, l’insonnia è un sintomo piuttosto comune, come conseguenza diretta dello stato ansioso; talvolta può essere, però, il primo sintomo di una depressione.
Il legame tra ansia e depressione è testimoniato da un’indagine effettuata dal Dipartimento di Psicologia della McGill University di Montreal (Canada) su 418 studenti, che ha riscontrato similitudini nel modo di pensare dei ragazzi con sintomi ansiosi e depressivi. L’intervento farmacologico può essere utile in alcuni casi, ma persistono dubbi sulla sua efficacia in queste fasce di età. Le strategie psicoterapeutiche possono andare da interventi educativi sulla famiglia a terapie psicodinamiche o cognitivo-comportamentali.
Una ricerca del Centre for Health Studies di Seattle (Usa) ha riscontrato dipendenza nel 30% di un campione di 129 persone di età superiore ai sessant’anni che ricevevano benzodiazepine da due mesi, mentre un largo studio della National Yang Min University di Taipei (Taiwan), ha segnalato alte percentuali di prescrizioni inappropriate (farmaci a dosaggio troppo elevato, ad effetto troppo prolungato, o più farmaci con lo stesso effetto). L’uso delle benzodiazepine negli anziani andrebbe limitato ai casi di ansia o insonnia grave, dopo aver valutato lo stato funzionale del fegato; andrebbe del tutto evitato nei pazienti con alterazioni della memoria o affetti da demenza. Dosi minime e a tempo limitato.
Fonte:LaRepubblica
Dr. Giuliana Proietti
Clinica della Timidezza
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