L’ambiente culturale influisce sull’apprendimento?

L’apprendimento umano è il risultato di un’interazione complessa tra fattori biologici, psicologici e ambientali. Tra questi, l’ambiente culturale gioca un ruolo cruciale, influenzando non solo il contenuto di ciò che viene appreso, ma anche i processi cognitivi e le strategie di elaborazione delle informazioni. Diverse ricerche hanno documentato l’impatto della cultura sullo sviluppo cognitivo, sulla memoria, sul linguaggio e sul problem solving: cerchiamo di saperne di più.
Autori:
Giuliana Proietti - Walter La Gatta
Come può essere definita la cultura?
La cultura può essere definita come l’insieme di conoscenze, credenze, valori e pratiche condivise da un gruppo sociale.
La cultura influenza l’apprendimento?
Si. Le sue influenze sull’apprendimento si manifestano a diversi livelli:
- Nello sviluppo cognitivo
Studi di psicologia culturale, come quelli di Lev Vygotskij, evidenziano che l’apprendimento è un processo mediato socialmente. Il concetto di zona di sviluppo prossimale sottolinea come le interazioni con individui più esperti (genitori, insegnanti, coetanei) permettano ai bambini di acquisire competenze che, da soli, non raggiungerebbero. Inoltre, la cultura modella le strategie di pensiero: ad esempio, alcune ricerche indicano che i bambini cresciuti in società collettiviste sviluppano una maggiore attenzione al contesto rispetto a quelli di culture individualiste, che tendono a focalizzarsi sugli oggetti in modo analitico (Nisbett et al., 2001). - Nella memoria e negli stili cognitivi
La memoria non è solo una funzione biologica, ma è anche plasmata dall’ambiente culturale. Studi interculturali hanno mostrato differenze nei ricordi autobiografici: i bambini di società occidentali tendono a sviluppare ricordi più dettagliati e focalizzati sul sé, mentre quelli provenienti da società più collettiviste ricordano eventi più contestualizzati e relazionali (Wang, 2008). Queste differenze derivano dalle pratiche educative e dai modelli narrativi trasmessi dalle figure di riferimento. - Nel linguaggio e nelle modalità di apprendimento
Il linguaggio non solo veicola la conoscenza, ma influisce anche sul modo in cui l’informazione viene elaborata. La teoria del relativismo linguistico di Sapir-Whorf suggerisce che le strutture linguistiche possano modellare il pensiero.Ad esempio, lingue con un forte sistema di categorizzazione spaziale, come quelle indigene australiane, favoriscono una memoria spaziale più sviluppata (Levinson, 1997). Inoltre, le differenze linguistiche possono influenzare l’apprendimento di concetti astratti e matematici.Anche il modo che le persone utilizzano per ricordare i passi di danza dipendono dalla cultura nella quale sono cresciute (Current Biology 2009). Mentre un soggetto occidentale potrebbe ragionare in termini di “un passo a destra e uno a sinistra” un cacciatore nomade della Numibia potrebbe dire tra sé e sé ” un passo a est e uno a ovest”.
Saluto del Centro Italiano di Sessuologia
- Nell’apprendimento scolastico e nelle metodologie educative
I sistemi educativi riflettono valori culturali differenti e, di conseguenza, producono approcci diversi all’apprendimento. Nelle culture asiatiche, per esempio, l’enfasi sull’impegno e la perseveranza porta a strategie di apprendimento basate sulla ripetizione e sulla memorizzazione, mentre nelle culture occidentali si privilegia il pensiero critico e la creatività (Li, 2003). Queste differenze possono influenzare i risultati scolastici, come evidenziato dalle valutazioni internazionali sulle competenze matematiche e scientifiche (PISA, 2018).
Fino a Che Punto l’Ambiente Culturale Modella l’Apprendimento?
Nonostante l’evidente influenza della cultura, esistono limiti biologici e cognitivi che circoscrivono il suo impatto. La plasticità cerebrale permette un certo grado di adattamento all’ambiente, ma la struttura neurobiologica del cervello impone vincoli. Ad esempio, l’apprendimento del linguaggio è facilitato da finestre critiche di sviluppo che, una volta superate, rendono più difficile acquisire una seconda lingua con competenza nativa (Lenneberg, 1967).
Inoltre, alcune capacità cognitive, come il riconoscimento di schemi o la memoria di lavoro, mostrano una relativa universalità tra le culture. Gli studi sulle abilità numeriche nei neonati suggeriscono, ad esempio, che esistano predisposizioni innate alla comprensione delle quantità, che vengono poi modellate dalla cultura, ma non completamente determinate da essa (Dehaene, 2011).
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Cosa si può concludere?
Si può concludere che ciò che è vero per una popolazione non può essere attribuito automaticamente ad altre: per studiare la mente umana occorre prendere in considerazione le diversità, anziché l’universalità delle cognizioni, almeno fino a quando non se ne è avuta prova contraria.
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Dr. Walter La Gatta, psicoterapeuta sessuologo.
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