MISOGINIA E GINOFOBIA: SIMILITUDINI E DIFFERENZE
Saluto del Centro Italiano di Sessuologia
Quale è la differenza fra misoginia e ginofobia? La spiegazione è semplice: un conto infatti è odiare qualcosa, un conto è averne paura. Se questo ‘qualcosa’ sono le donne, abbiamo in psicologia questi due termini, che distinguono e spiegano i due diversi atteggiamenti:
- La MISOGINIA
(dal greco μισέω misèō, “odiare” e γυνή gynḕ, “donna”). I dizionari definiscono la misoginia come “odio per le donne” oppure “odio, avversione, o sfiducia nei confronti delle donne “.
Misoginia: cosa è in termini psicologici
La misoginia è un sentimento di esagerata avversione nei confronti delle donne o delle ragazze (riscontrabile in ugual misura sia nelle donne, sia negli uomini), verso le donne considerate come gruppo, come se esse avessero caratteristiche che le rendono uguali fra loro.
Come si manifesta
La misoginia può manifestarsi in molti modi, come nell’esclusione delle donne da alcuni contesti sociali, discriminazione sessuale, ostilità, androcentrismo, stile patriarcale, violenza contro le donne, oggettivazione sessuale.
Chi ha coniato questo termine?
Il termine è emerso nel 17 ° secolo, in risposta a un opuscolo anti-donna scritto da un maestro di scherma inglese, di nome Joseph Swetnam. Il trattato, del 1615, era intitolato “L’accusa a donne lascive, svogliate, disobbedienti e incostanti”. In pratica si trattava di un compendio pieno di battute sessiste, dedicato agli uomini. Per fare un esempio dei contenuti di questo libello: “le donne sono storte per natura”, scriveva Swetnam, e anche “la donna più bella ha in sé un po’ di sporcizia”.
Non sorprende che l’opuscolo abbia attirato diverse risposte pubblicate dalle donne. In uno, uno spettacolo femminista scritto in forma anonima, chiamato “Swetnam, l’uomo che odia le donne, accusato dalle donne”. Il personaggio che, nello spettacolo, rappresentava Swetnam, si chiamava Misogynos.
Il termine misoginia fu poco usato nei secoli successivi, ma la sua popolarità salì alle stelle a metà degli anni ’70 del secolo scorso, entrando nel lessico del femminismo di seconda ondata con Andrea Dworkin, la quale nel 1974 scrisse “Woman Hating”. Nel libro, la Dworkin sosteneva che le donne vivevano in una società che le considerava spregevoli, le disprezzava, le violentava: una società misogina.
Il termine viene usato ancora oggi?
Oggi il termine misogino viene spesso sostituito dal termine sessista, anche se il sessista prova del pregiudizio nei confronti delle donne, piuttosto che odio.
Quali sono le ragioni che possono portare alla misoginia?
Le ragioni che possono portare a tale atteggiamento possono essere di svariata natura: esperienze personali traumatiche, aspetti culturali propri o tramandati dai propri avi, rivalità insite in ambiti familiari e sociali, il modo in cui si vivono la competizione, gli aspetti sentimentali e sessuali, il contesto lavorativo. E’ stato anche ipotizzato, fra le varie cause, un conflitto omosessuale irrisolto.
Quale è l’opposto della misoginia?
L’opposto della misoginia è la filoginia, cioè l’amore o la passione verso le donne.
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Walter La Gatta
psicologo psicoterapeuta sessuologo
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- La GINOFOBIA
(dal gr. γυνή – gunē, cioè”donna” e φόβος – phobos, “paura”)
Ginofobia: cosa è in termini psicologici
Si tratta di un’enorme paura provata nei confronti delle donne, una fobia, che i latini chiamavano horror feminae.
In passato la ginofobia era considerata una predisposizione verso l’omosessualità?
Si. Nei suoi studi del 1896 sulla psicologia sessuale, Havelock Ellis scriveva infatti:
” È, forse, non è difficile spiegare l’orrore – molto più forte di quello normalmente percepito nei confronti di una persona dello stesso sesso – con cui l’invertito spesso vede gli organi sessuali di persone dell’altro sesso. Non si può dire che gli organi sessuali di entrambi i sessi sotto l’influenza dell’eccitazione sessuale siano esteticamente gradevoli; diventano solo emotivamente desiderabili attraverso l’eccitazione parallela di chi li guarda. Quando l’assenza di eccitazione parallela è accompagnata nello spettatore dal senso di non familiarità, come nell’infanzia, o da un’ipersensibilità nevrotica, le condizioni sono presenti per la produzione di un intenso horror feminae o horror masculis”.
Freud parlava invece di questa paura delle donne come dovuta alla fantasia maschile della castrazione, che la donna non solo rappresenta, ma attivamente richiama in soggetti che non hanno raggiunto un sufficiente risolvimento del complesso edipico.
Dr. Walter La Gatta
Fonti:
Wikipedia (it – en)
Galimberti, Dizionario di Psicologia
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