Felicità e buona vita

Felicità e buona vita


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Mike W. Martin, docente di filosofia presso la Chapman University, a Orange, California, ha da poco pubblicato un libro su Felicità e Buona Vita, non ancora tradotto in italiano, dal titolo Happiness and the Good Life (Oxford University Press).

Il libro contiene un’analisi approfondita sulla società in cui viviamo e cerca di spiegare cosa intendiamo oggi per “felicità”. Per farlo, utilizza analisi ispirate ad Aristotele, Mill e Nietzsche, le cui teorie vengono illustrate inframezzate da citazioni di Goethe, Tolstoy,  Shelley ed altri intellettuali, fino alle citazioni dei testi dei Beatles e delle scene del Truman Show.

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Martin evidenzia come la società occidentale odierna tenda ad interpretare la nozione di felicità nel senso di un appagamento soggettivo di natura psicologica, qualunque siano i valori intorno ai quali tale esperienza soggettiva si costituisce. L’obiettivo di Martin è quello di mostrare la parzialità di tale posizione, nonché il rischio latente di soggettivismo e relativismo morale che si annida al di sotto di un approccio di natura psicologistica al tema della felicità umana.

Le teorie espresse in Happiness and the Good Life tendono a collocare l’idea di felicità psicologica nell’ambito più ampio della buona vita, intesa secondo il modello dell’autenticità. In questo senso, la felicità psicologica non andrebbe considerata come il bene fondamentale, cui sottoporre ogni altro valore, ma  uno tra i diversi beni che compongono il quadro della “buona vita” intesa come vita autentica, piena di significato.

La buona vita, nel modello proposto in Happiness and the Good Life, si compone di tre disposizioni fondamentali, cioè l’amore per sé e per gli altri, la soddisfazione affettiva derivante dalle pratiche in cui si è impegnati, e l’esperienza di senso, cioè vivere una vita etica, fondata su valori razionalmente giustificati. A questi elementi, si aggiungono alcune importanti virtù, suddivise all’interno di tre macro-categorie: le virtù che realizzano la capacità di valutare da un punto di vista generale ciò che è veramente buono, le disposizioni virtuose in cui si specifica la capacità di lottare per realizzare ciò che è veramente buono, e, infine, la capacità di decifrare il bene autentico nelle situazioni particolari (saggezza pratica).

In un’intervista a Zocalo Public Square, l’autore chiarisce alcuni passaggi importanti del libro, che qui di seguito sintetizziamo:

Felicità e buona vitaRiguardo a felicità e soggettivismo: Oggi la maggior parte delle persone definisce la felicità in termini soggettivi, relativa a particolari stati mentali (emozioni, atteggiamenti, desideri) che vivono le persone felici. Felicità, dice l’autore, è amare la nostra vita, valorizzandola attraverso il godimento di tanti piaceri e dandole un forte significato. In quanto tale, la felicità non viene definita in termini di moralità e i valori morali non appaiono logicamente necessari per la felicità, in netto contrasto con le idee di Platone e di Aristotele, nelle quali le definizioni di felicità sono associate ad una vita virtuosa. Lasciando però da parte gli aspetti filosofici ed andando sul campo empirico, si vede che gli psicologi confermano che le virtù morali tendono a promuovere la felicità nella maggioranza delle persone, la maggior parte delle volte. Parallelamente, la felicità spesso contribuisce alla decenza morale e alla generosità.

Riguardo alla crisi economica globale: vanno considerati con attenzione gli studi degli psicologi della psicologia positiva, i quali stanno esplorando modi per superare lo stallo politico che ostacola le risposte politiche alla crisi. (Vedi Jonathan Haidt, The Righteous Mind: Why Good People are Divided by Politics and Religion). Gli psicologi hanno dimostrato che il possesso di beni materiali non è una ricetta per la felicità ed inoltre questo tende a generare il debito dei consumatori che contribuisce alla crisi macro-economica. Faremmo meglio ad occuparci di relazioni personali, di coinvolgimento nella comunità, di bilanciare lavoro e tempo libero, semplificare la nostra vita,  risparmiare di più (anche se comprando di meno la crisi economica peggiorerebbe).

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Riguardo alla possibilità concreta di essere felici: contrariamente alle dichiarazioni pessimistiche di Arthur Schopenhauer, come esseri umani ci siamo evoluti per essere felici. Gli psicologi hanno scoperto che gli americani si auto-definiscono, in media, con un punteggio di 7,5 su una scala della felicità che va da 0 (completamente infelice) a 10 (completamente felice). Anche le persone che vivono in Paesi molto poveri, come l’India, valutano i loro livelli di felicità al di sopra del 6. Sonja Lyubomirksy, nota ricercatrice di psicologia positiva, in The How of Happiness, riporta studi secondo i quali circa il 50 per cento del nostro livello di felicità si basa sui nostri geni (e riguarda la nostra personalità complessiva), circa il 10 per cento sulle circostanze attuali, e un enorme 40 per cento viene attribuito ai nostri atteggiamenti e alle attività che svolgiamo, che possiamo largamente gestire come desideriamo.

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Riguardo alla buona vita: La felicità è un aspetto fondamentale della buona vita, ma solo un aspetto. Il nostro obiettivo generale dovrebbe essere quello di perseguire una buona vita : una vita che sia moralmente accettabile e auspicabile, significativa (con molti valori, oltre a quelli relativi alla morale), sana (mentalmente e fisicamente), autentica, appagante e felice. La felicità va ricercata indirettamente, perseguendo altre cose che per noi hanno un valore intrinseco. Piaceri e significati verranno con sé, strada facendo. Essi sono l’amore, l’amicizia, il lavoro creativo, e una miriade di attività che ci pongono in uno stato di “flusso”. Il flusso consiste nell’impegnarsi in attività gratificanti, in cui ci si sente focalizzati verso l’esterno, piuttosto che su noi stessi e sulla nostra felicità.

Riguardo all’ideologia americana della “ricerca della felicità: La felicità dovrebbe essere perseguita, perché è un valore morale importante, purché non si basi sul male (si pensi ad un “Hitler felice”). Tuttavia, la felicità è solo uno dei valori importanti, e dovrebbe essere perseguita in unità con il perseguimento di una buona vita. Perseguire solamente la felicità, isolandola da altri valori, sarebbe come perseguire l’onestà in violazione ai sentimenti di compassione e di giustizia. Gli americani giustamente celebrano la ricerca della felicità in uno spirito democratico di libertà e di pluralismo morale. Nel perseguire la felicità, dovremmo però cercare di integrare le virtù civiche con l’individualismo, i beni intrinseci (come l’amore, la bellezza, la verità) con il denaro, e il rispetto per l’ambiente con la prosperità economica.

Dr. Walter La Gatta

Dr. Walter La GattaCOSTO DELLA TERAPIA
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Fonti:
Mike W. Martin, Happiness and the Good Life, Oxford University Press, New York 2012, pp. xiii + 230, Filosoficamente, Università di Macerata
Is There a Right Way to Pursue Happiness? Zocalo Public Square

Immagine:
Copertina del libro
Freepik

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