Camminare per stare meglio

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Premessa

Il camminare umano rappresenta un adattamento biologico che ci permette di tenere libere le mani, rendere la mente più reattiva e promuovere profondamente la salute. Eppure, oggi, l’inattività fisica è un grave problema di salute pubblica, che resta ancora irrisolto. Nonostante questo, a livello globale, decine di milioni di persone ogni anno intraprendono tradizioni antiche, come fare lunghe passeggiate o pellegrinaggi, che rappresentano delle sfide, sia sul piano fisiologico che psicologico, dal momento che possono durare anche giorni o settimane.

Il pellegrinaggio (a piedi) è un’attività umana significativa, che richiede ingente impegno di tempo, fatica e spesso fede, nonché il supporto della comunità. Paradossalmente però, la camminata umana  più studiata è quella sui sui tapis roulant.

Questi studi sul movimento effettuato sul tapis roulant, tuttavia, non possono, in linea di principio, affrontare il motivo per cui gli esseri umani percorrono distanze straordinarie in gruppo, dimostrando la loro adesione a un sistema di credenze che implica comportamenti abbastanza impegnativi. Coloro che partecipano ai pellegrinaggi, al contrario, forniscono un ricco “laboratorio vivente”, da studiare approfonditamente.

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Introduzione

La camminata conferisce all’essere umano una singolare postura eretta, con la possibilità di muovere la testa e gli occhi al di sopra della colonna vertebrale ( O’Mara, 2019). L’essere bipedi libera le mani dell’umano, consentendogli di fare gesti, usare strumenti, trasportare cibo, oggetti o bambini, oltre a permettere tante altre funzioni.

Il cammino umano è anche un fatto sociale, perché spesso si cammina con altre persone: la comune partecipazione a una passeggiata o  pellegrinaggio mostra le intenzioni condivise e gli obiettivi comuni dei partecipanti. Camminare insieme significa dimostrare l’adesione a sistemi di credenze comportamentali, come quando si cammina insieme per manifestare a favore o contro qualcosa.

La deambulazione umana

L’evoluzione della deambulazione umana è stata studiata intensamente da molte prospettive (ad es . Schmitt, 2003 ; Addis et al., 2017 ; Senut et al., 2018 ), ed esistono prove fossili di deambulazione bipede umana databili da 3 a 8 milioni di anni fa ( Lovejoy, 2016). Indagini comparative sull’energia impiegata nella deambulazione rivelano, ad esempio, che gli esseri umani percorrono a piedi circa il doppio dei primati a noi più prossimi ( Sockol et al., 2007 ; Pontzer et al., 2009 ).

Non dimentichiamo che gli esseri umani sono migrati dall’Africa alla massa continentale euroasiatica ( Bae et al., 2017 ; Hershkovitz et al., 2018), disperdendosi infine nelle Americhe e nella grande regione Asia-Pacifico ( López et al., 2015 ), popolando lentamente il pianeta. Questo viaggio è stato intrapreso, in gruppi migratori, in più ondate, nel corso di migliaia di anni, camminando insieme in famiglie, tribù e altri gruppi migratori. Gli esseri umani hanno raggiunto la dispersione globale grazie all’adattamento al cammino sociale. ( O’Mara, 2019).

La nostra notevole distribuzione geografica ci rende diversi da qualsiasi altra specie, poiché nessun’altra specie si è diffusa nel mondo nella maniera promiscua che abbiamo noi umani. Gli effetti di selezione che legano gli individui ai loro gruppi, al servizio di obiettivi condivisi, devono essere stati fondamentali durante questi cammini migratori di famiglie, tribù e altri gruppi ( Hamilton, 1964 ; Mullon et al., 2018 ); tracce fossili di migrazione di gruppi umani supportano questa affermazione ( Liutkus-Pierce et al., 2016 ), così come le forme di allogenitorialità e riproduzione praticate nei gruppi umani ( Hrdy, 2009 , 2017 ; Kenkel et al., 2017).

Gli obiettivi condivisi potrebbero essere stati la sopravvivenza quotidiana (approvvigionamento di cibo, evitare la predazione, trovare un rifugio sicuro e simili) o a lungo termine (come migrare verso luoghi in cui gli esseri umani non erano stati prima e che pensavano fossero migliori dei contesti in cui si trovavano a vivere) .

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Nonostante questa lunga tradizione in psicologia si è più che altro studiato il cammino su tapis roulant ( Cronin e Finni, 2013 ), con esperimenti per lo più incentrati sulle prestazioni acute, piuttosto che sulla resistenza (ad es . Contrepois et al., 2020 ); il motivo è che gli studi sul tapis roulant sono logisticamente più facili da condurre e richiedono solo una o due visite di laboratorio brevi (circa 1–2 ore).

Gli studi sull’esercizio del cammino in lunghe distanze sono più facilmente condotti in modelli animali di piccola taglia (soprattutto il ratto: es . Oliff et al., 1998 ; Basso e Suzuki, 2017 ; Callaghan et al., 2017 ). Tali studi hanno messo in luce l’importanza della colonna vertebrale e altri meccanismi che supportano la locomozione; cambiamenti nel corpo e nel cervello dovuti alla locomozione e cambiamenti molecolari, cellulari e sistemici, ugualmente dovuti alla locomozione.

Il camminare comporta azioni coordinate da parte di regioni cerebrali superiori, che supportano il processo decisionale, la ricerca di obiettivi, la memoria e la pianificazione, e da regioni motorie e spinali responsabili della generazione del pattern motorio nonché dei gruppi muscolari (sinergie) ( Bizzi e Cheung, 2013 ; Flash e Bizzi, 2016 ) usati nel movimento.

Il movimento si genera da funzioni cerebrali e corporee: ad esempio, camminate svelte e regolari quotidiane (al 70–80% della frequenza cardiaca massima prevista) migliorano la salute cardiovascolare ( Murphy et al., 2002); un numero più elevato di passi giornalieri è associato a una mortalità  sostanzialmente ridotta per tutte le cause (Saint-Maurice et al., 2020).

Il fitness aerobico può essere utilizzato per potenziare la funzione neurocognitiva durante tutto il corso della vita ( Ludyga et al., 2020 ). Ci sono inoltre prove che i programmi di deambulazione possono aiutare nella riabilitazione vascolare e neuro, dove i deficit nel camminare sono assenti. La terapia della deambulazione supervisionata aiuta notevolmente la costrizione dolorosa dei vasi sanguigni (“claudicatio”) nelle gambe, derivante da problemi circolatori ( Fakhry et al., 2012).


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Gli effetti della selezione hanno permesso un’attività fisica regolare per la salute negli esseri umani ( Raichlen e Alexander, 2017 ): uno Tsimane medio di 80 anni, che vive nella giungla amazzonica, ad esempio, vive uno stile di vita “ancestrale” non meccanizzato, cammina ovunque e ha un cuore equivalente a quello di un occidentale medio di 25 anni più giovane ( Kaplan et al., 2017 ).

Gli esseri umani devono bilanciare due spinte metaboliche opposte: approvvigionamento alimentare (per l’energia) e conservazione dell’energia ( Lieberman, 2015 ). Storicamente, queste spinte sono state raramente in equilibrio, essendo le fonti di cibo rare e il risparmio energetico sempre al primo posto. I lavoratori giornalieri del diciannovesimo secolo a Londra, ad esempio, camminavano tipicamente per circa 6–8 miglia al giorno, cioè circa 9–13 km, da e per il lavoro ( Hobsbawn, 1964 ;Clayton e Rowbotham, 2009 ).

Nel ventunesimo secolo, le calorie a basso costo sono facili da reperire, ed inoltre abbiamo progettato il movimento fuori dalla nostra vita lavorativa e ricreativa quotidiana ( Biswas et al., 2015 ), Gli adulti nei paesi ad alto reddito  camminano tipicamente più o meno 3 o 4 Km al giorno (Althoff et al., 2017 ). Camminare meno di 5000 passi al giorno è definito fisiologicamente come “sedentarietà“, il che comporta un correlato aumento di malattie, che vanno dal diabete di tipo due al disturbo depressivo maggiore (Tremblay et al., 2010 ; Tudor-Locke et al., 2013) .

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ripetutamente affermato che l’aumento dei livelli di inattività fisica ( Peçanha et al., 2020), le malattie dell’invecchiamento e del metabolismo sono un grave problema in molte società ( Villareal et al., 2005 ; Jin et al., 2015 ). Molte malattie dell’invecchiamento sono prevenibili attraverso misure profilattiche ( Booth et al., 2011 ; Reynolds et al., 2019 ), in particolare l’esercizio fisico regolare: gli stili di vita attivi sono universalmente raccomandati per le loro proprietà benefiche per la salute e per prevenire le malattie (anche gravi disturbi depressivi; Harvey et al., 2018 ) e le malattie tipiche dell’invecchiamento ( Goryakin et al., 2019 ; Savikangas et al., 2020). L’attività fisica può evitare gravi patologie della cognizione che accompagnano l’invecchiamento (es . Livingston et al., 2017 , 2020 ); di conseguenza, il consenso neuroscientifico concorda con i consigli sullo stile di vita attivo: l’esercizio avvantaggia tutti i domini neurocognitivi (dalla memoria, dalla funzione esecutiva e oltre; Ludyga et al., 2020 ).

Gli esperimenti confermano i suggerimenti recenti ( Keinänen, 2016 ; O’Mara, 2019 ) secondo cui camminare può facilitare le idee creative e il pensiero immaginativo ( Oppezzo e Schwartz, 2014 ; Keinänen, 2016 ; Kuo e Yeh, 2016 ). Oppezzo e Schwartz (2014) mostrano che brevi periodi di camminata in corridoio o su tapis roulant raddoppiano approssimativamente la produzione di idee creative in un compito di pensiero divergente, rispetto a un periodo simile in cui si è seduti; Kuo e Yeh (2016) hanno trovato un effetto simile negli anziani, dove un breve periodo di deambulazione raddoppia approssimativamente la loro produzione di idee creative, rispetto ai soggetti di controllo, in questo caso giovani che rimanevano seduti.

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I meccanismi neurocognitivi sottostanti non sono stati completamente delineati, ma il movimento del corpo intero (locomotorio) guida l’attività di formazione dell’ippocampo in misura notevole (ad es . O’Mara et al., 1994 ; Czurkó et al., 1999 ; Aghajan et al., 2017 ; Hazama e Tamura, 2019 ), probabilmente tramite stimolazione vestibolare ( Vitte et al., 1996 ; Suzuki et al., 2001), amplificando così le funzioni supportate dalla formazione dell’ippocampo (come la mappatura cognitiva e la memoria).

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Le persone con amnesia derivante da danno dell’ippocampo hanno l’immaginazione impoverita, mente vagante e alterazioni nell’orientamento spaziale  ( Zeidman e Maguire, 2016 ; McCormick et al., 2018 ; Spanò et al., 2020 ). Pertanto, in una notevole convergenza teorica ed empirica, i sistemi neurocognitivi attivi durante la memoria e l’immaginazione sono anche in gran parte gli stessi sistemi attivi durante il movimento di tutto il corpo: mappatura cognitiva, memoria, viaggio mentale nel tempo e immaginazione, condividono tutti dei substrati neurali nell’estesa formazione dell’ippocampo ( Hassabis e Maguire, 2007 ;Buckner, 2010 ; Irish et al., 2011 , 2013 ; O’Mara e Aggleton, 2019 ).

Un’ipotesi provocatoria è che camminare possa influenzare la costruzione e il ricordo della memoria autobiografica. La ” modalità predefinita ” dell’attività cerebrale ( Raichle, 2015 ) occupa c. il 40% delle nostre ore di cammino e comporta un viaggio mentale nel tempo, scorrendo avanti e indietro sia attraverso il “quadro generale” che nei dettagli della nostra vita, permettendoci di costruire narrazioni autobiografiche personali. La “costruzione di narrazioni” su se stessi e sul proprio mondo sociale è una funzione chiave dell’elaborazione in modalità predefinita ( Buckner, 2010 ; McAdams, 2013 ; McAdams e Guo, 2015 ).

Attraverso la costruzione narrativa, possiamo integrare il nostro sé esperienziale e ricordante, formando un’identità coerente, agentica e adattiva. O’Mara (2019) suggerisce che il camminare regolare e sostenuto faciliti il ​​viaggio mentale nel tempo, fondamentale per creare narrazioni personali, costruendo le nostre storie autobiografiche e il significato del mondo (sociale) più ampio in cui viviamo. Quindi, camminare, da questo punto di vista, facilita l’attività nelle reti cerebrali elaborando memoria e significato, in parte perché il movimento locomotore di tutto il corpo attiva la formazione dell’ippocampo e le strutture correlate e, in parte, perché la condivisione delle informazioni durante la camminata sociale entra facilmente nel nostro ricordo individuale ( Adolph et al., 2008 ; Webb et al., 2017 ; O’Mara, 2019 ). Gibson e Nicholas (2018), ad esempio, trovano ausili per il social walking nella costruzione narrativa autobiografica di esperienze condivise e nella costruzione di ricordi autobiografici tattili in persone con doppia perdita sensoriale (sordi-cecità congenita).

I pellegrinaggi annuali sono forse la più grande forma di migrazioni umane di massa transitorie ( Wilder-Smith, 2006 ): in tutto il mondo, Arcworld (2015) stima che 155 milioni di persone si impegnino ogni anno in grandi pellegrinaggi ( Griffin e Raj, 2017 ), con una stima di 30 milioni di pellegrini che partecipano all’evento di Ayyappan Saranam in India (Hindu), e 20 milioni partecipano al pellegrinaggio di Nostra Signora di Guadalupe (cristiano) in Messico.

Circa 2,5 milioni di persone hanno partecipato all’Hajj alla Mecca nel 2019. Questi pellegrinaggi comportano combinazioni di consistenti passeggiate a piedi e trasporti di massa, perché gli spostamenti individuali in auto sono spesso impossibili, data la densità di persone e la mancanza di spazio stradale. Molte centinaia di migliaia ogni anno percorrono i sentieri dei pellegrini in Europa (che corrono su una lunghezza cumulativa di molte migliaia di chilometri). Il pellegrinaggio più percorso in Europa è il Cammino di Santiago in Galizia (Lois-González et al., 2018 ); il percorso più frequentato è il Camino Francés (780 km: St Jean-Pied-du-Port, da Biarritz a Santiago); il più lungo parte da Siviglia ed è di 1.200 km.

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Circa 327.378 pellegrini hanno ricevuto il Certificato del Pellegrino ( Compostela) dall’Ufficio del Pellegrino nel 2019,  ma si tratta di una sottostima dei soggetti che compiono questi percorsi, poiché molti non chiedono il certificato, o camminano per scopi laici e non religiosi ( Oviedo et al., 2014 ; Amaro et al., 2018 ). Queste antiche tradizioni di cammini di pellegrinaggio fisicamente e psicologicamente ardui durano da giorni a settimane e sono intrapresi per motivi secolari e/o religiosi.

I pellegrinaggi sono un notevole esempio di cammino sociale, anche se eseguiti da un pellegrino solitario. I pellegrinaggi sono compiuti in solidarietà con uno scopo più grande: una comunità, una causa e una fede, dimostrando il potere di un sistema di credenze che induce a questo tributo deambulante. Anche il pellegrino solitario cammina per e con una comunità, anche se solo immaginata nella mente.

I primi pellegrinaggi a piedi registrati risalgono a più di 5–10 migliaia di anni fa ( Gitlitz et al., 2002 ; Murphy, 2012 ). I pellegrinaggi sono celebrati, discussi e analizzati in numerose importanti opere letterarie, storiche e religiose. L’opera del XIV secolo di Geoffrey Chaucer, ” The Canterbury Tales “, ad esempio, riguarda un pellegrinaggio da Londra a Canterbury; un personaggio, la ‘Moglie di Bath’, è descritta come ‘errante per il Cammino’, avendo intrapreso pellegrinaggi molto ardui a Gerusalemme, Roma e ‘Galice’ (Galizia: Santiago di Compostela), Bologna e Colonia . Il cammino del pellegrino è un espediente metaforico anche in altre opere: nell’Inferno, il poeta Dante Alighieri è sostanzialmente un pellegrino, che percorre i Circoli dell’Inferno.

Il pellegrinaggio a piedi è empiricamente poco esplorato; l’interesse si concentra più spesso sugli aspetti antropologici, di economia turistica o di gestione della folla e del tempo libero del pellegrinaggio ( Courtney, 2015 ). In linea di principio, i pellegrini camminatori (PW) si prestano a indagini controllate: si considerano, ad esempio,  i possibili effetti di una camminata di 780 km compiuta in 42 giorni (~18,5 km/giorno). Gli effetti fisiometabolici di una tale camminata possono essere studiati attraverso l’analisi di fattori nel sangue, misurazioni della capacità cardiaca e aerobica e cambiamenti nella deposizione di grasso viscerale.

I pellegrini sono una popolazione ampia e demograficamente variabile che va dai circa 5 anni fino agli 80, con una marcata presenza di soggetti di mezza età e oltre. Inoltre, alcuni pellegrini sono persone che hanno avuto problematiche neurologiche (ad es. ictus), o altre di simile gravità (ad es. malattie cardiovascolari, diabete), disabilità sensoriali o motorie (visive, uditive, ecc.), condizioni neuropsichiatriche e problemi di mobilità che richiedono aiuti motori (bastone da passeggio o stampelle, arti protesici o sedie a rotelle fuoristrada).

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I pellegrini intraprendono passeggiate secolari,  camminano come forma di “autoguarigione” o “autoterapia” (Egan, 2010 ; Jørgensen et al., 2020 ), una caratteristica notevole dei gruppi che camminano che praticano la “mobilità terapeutica condivisa o comunitaria” ( Pollard et al., 2020 ). Uno studio sugli anziani ha concluso che coloro che camminano per circa 150 minuti a settimana sono più attivi socialmente, con un benessere generale maggiore rispetto a quelli che camminano di meno ( Donoghue et al., 2016).

Studi di laboratorio, su piccoli animali e su tapis roulant umano sono stati e continueranno ad essere meccanicamente vitali, ma non possono, in linea di principio, affrontare il motivo per cui gli esseri umani percorrono distanze sostanziali insieme a causa di sistemi di credenze condivise.

Alcuni studiosi di religione ( MacGregor, 2018) suggeriscono che al completamento del pellegrinaggio sorga una sensazione di estasi religiosa; nei non religiosi possono sorgere sentimenti di comunione esistenziale e di connessione universale. Queste esperienze sorgono in particolare quando un individuo fa parte di un gruppo più ampio che serve uno scopo collettivo ( Maheshwari e Singh, 2009 ; Tewari et al., 2012 ; Gabriel et al., 2017); questa esperienza rappresenta un aumento delle sensazioni di benessere, livelli più bassi di solitudine e livelli più elevati di sentimento e significato positivi.

In tutto questo il grado di religiosità autodichiarata può, paradossalmente, essere irrilevante: in uno studio sugli atei che camminano Farias et al. (2019) hanno scoperto che i pellegrini devoti e gli atei allo stesso modo erano ugualmente impegnati nell’esplorazione dei sentimenti trascendenti e sul legame con la natura, suggerendo che l’esperienza, la creazione di significato e l’autotrascendenza sorgono naturalmente da tali passeggiate lunghe e ardue.

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Fonte:

Biopsychosocial Functions of Human Walking and Adherence to Behaviourally Demanding Belief Systems: A Narrative Review, 

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