la scomparsa della tristezza

La tristezza non è un male per l’essere umano: può far bene all’anima. Così dicono un gruppo di ricercatori americani, i quali sostengono che i medici sono fin troppo solerti nel trattare la naturale tristezza umana come se fosse una patologia, utilizzando oltre tutto medicinali antidepressivi inutili e potenzialmente pericolosi. Invece di trasformare la tristezza in oblio, attraverso la sua ‘medicalizzazione’, i medici dovrebbero sapere che sentirsi un po’ giù di morale è un’emozione umana, normale, che oltre tutto è importante anche per il proprio benessere e per la propria vitalità.

Il segnale di allarme viene da un nuovo e controverso libro, che parla della così detta epidemia depressiva, ormai diffusa in tutto il mondo.
Lo scorso anno, in Gran Bretagna sono state emesse 32 milioni di prescrizioni per farmaci antidepressivi: un record, che equivale alla vendita di una pillola ogni secondo.
Sebbene farmaci come il Prozac vengano prescritti soprattutto per problemi di depressione, sempre più spesso essi vengono dati anche per timidezza, fobia sociale, disturbi alimentari, comportamenti ossessivi e ansia.

Gli autori del libro sostengono che stiamo assistendo ad una ‘medicalizzazione’ di una normale condizione umana.

Il Prof Allan Horwitz della Rutgers University e il Prof Jerome Wakefield della New York University avvertono: la depressione esiste davvero ed è una condizione particolarmente dolorosa per chi la vive. Certamente un depresso ha bisogno di essere seguito dal punto di vista medico… Ma l’epidemia depressiva cui stiamo assistendo è semplicemente dovuta al modo in cui gli psichiatri considerano e classificano la normale tristezza umana, che è invece un’esperienza comune, provata da tutti.

Gli autori, sociologi ed esperti di lavoro sociale, dicono che i medici hanno perso di vista il contesto in cui una persona diventa ‘triste’. Dal 1980 in ambiente medico si è cominciato a diagnosticare la depressione osservando una serie di sintomi: basta che il paziente ne manifesti in numero compreso fra 5 e 9 per essere classificato come ‘depresso’.

I sintomi riguardano il tono dell’umore negativo, apatia, cambiamenti nell’appetito e nel peso corporeo, insonnia, mancanza di energia, rallentamento fisico, sensi di colpa e di inutilità, incapacità di concentrarsi e di prendere decisioni, pensieri ricorrenti di morte o suicidio.

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Il libro – (Loss of sadness, cioè La perdita della tristezza) – sostiene che le persone sane possono sperimentare gli stessi sintomi se attraversano un trauma personale, come ad esempio lo scoprire che il proprio figlio ha il cancro, oppure a seguito di una separazione, o dopo la perdita del proprio lavoro.

Questi sono normali sintomi di tristezza, che svaniscono in modo naturale dopo qualche tempo. Succede allora che le persone che sono giù di morale per un valido motivo finiscano per ritenersi, ingiustamente ‘depresse’.

La tristezza è un’emozione naturale, esiste da sempre ed in tutte le latitudini del pianeta; la provano anche i neonati. Le persone non vedenti, che non hanno mai visto un volto umano in vita loro, producono espressioni facciali di tristezza; lo fanno anche gli scimpanzè, i nostri parenti più prossimi fra gli animali.

Secondo gli autori c’è una buona ragione evolutiva per cui esiste l’emozione della tristezza: cancellarla può essere pericoloso. La tristezza permette infatti di fermarsi a riflettere su ciò che nella propria vita non va bene e permette di trovare soluzioni alternative.

Fonte: Daily Mail
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p.s. Personalmente, aggiungerei che l’ eliminazione farmacologica della tristezza impedisce alla persona il riconoscimento della propria felicità e quindi il raggiungimento dei propri obiettivi, inducendo perciò un sentimento di perenne insoddisfazione.

Dr. Walter La Gatta
Clinica della Timidezza

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