SOCERAFOBIA – LA PAURA DEI SUOCERI
Dr. Walter La Gatta - Tel. 348 3314908
Psicoterapeuta Sessuologo
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Sicuramente non troverete questo termine, “socerafobia”, nel DSM-5, il manuale diagnostico statistico degli psichiatri americani, in quanto non è una categoria diagnostica ufficiale. Piuttosto, è un termine della così detta “psicologia popolare”, che vuole rendere scientifiche alcune situazioni della vita quotidiana, nobilitandole con un nome di origine greca o latina. Succede questo per svariate fobie, fra cui anche questa.
Come dice la parola infatti, la socerafobia (dal latino socer / suoceri e dal greco phobia / paura) è la paura dei suoceri. Come tutte le altre fobie, anche la socerafobia non è una paura normale, ma è una paura irrazionale, creata dalla mente, alla quale tuttavia si reagisce come se si trattasse di una vera minaccia.
A prescindere tuttavia dalla scientificità del termine, possiamo osservare che questa paura dei suoceri, che porta al loro evitamento, è piuttosto comune.
Alcuni la vivono come un’ossessione, presente in ogni momento della giornata, specialmente se i rapporti con i suoceri sono frequenti; altri la vivono solamente in particolari momenti, come ad esempio nelle giornate di festa, come le festività natalizie.
In genere questa fobia si stabilisce sin dal primo incontro, dalle prime frequentazioni, con la famiglia del/della partner.
L’ ingresso in famiglia del fidanzato o della fidanzata dei figli del resto, se non è fatto in modo informale e graduale, può essere un momento di imbarazzo per tutti i membri della famiglia.
Per i fidanzati si tratta di un incontro che somiglia molto ad un esame da superare, per essere accettati nel nuovo gruppo familiare.
Per i futuri suoceri, oltre all’imbarazzo della situazione c’è anche il disagio che deriva dall’assistere ad una importante fase di passaggio, durante la quale si acquisisce la piena consapevolezza della maturazione biologica del proprio figlio, ormai pronto alla vita adulta, oltre che del proprio invecchiamento anagrafico e del prossimo cambiamento del ruolo svolto all’interno della famiglia. E’ un momento in cui si mette in scena il distacco fra le due generazioni, la sensazione che il nido, costruito negli anni con amore ed occupato fino a quel momento dai propri piccoli, stia per essere definitivamente abbandonato.
In realtà queste sono le premesse (o le promesse!), ma poi nella realtà le cose non vanno sempre così: il mondo è pieno di figli fidanzati o sposati che non riescono a svincolarsi dalla dipendenza affettiva dai propri familiari, così come non tutti i genitori sono disponibili a sacrificare il loro ruolo e i propri poteri in famiglia per lasciare spazio alle nuove generazioni.
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Per questo motivo, per la maggior parte delle persone, la relazione con i suoceri, almeno all’inizio, è sempre un po’ difficile, ma poi nel tempo, con la maggiore confidenza acquisita, le cose vanno decisamente meglio. E’ possibile tuttavia che alcuni neo-arrivati possano continuare a non sentirsi a proprio agio a casa dei suoceri, anche quando le condizioni e gli atteggiamenti sono tutt’altro che ostili ed escludenti.
Questo avviene soprattutto in soggetti molto ansiosi, con scarsa autostima, che si sentono sempre bersaglio di ipotetiche critiche da parte degli altri e che quindi si difendono preventivamente, per evitare di essere attaccati. L’auto-esclusione dal gruppo familiare del proprio partner è in questo caso la logica conseguenza di questi sentimenti.
L’entrata in famiglia del nuovo arrivato tuttavia può essere deludente anche per i genitori. Spesso, per non ferire i sentimenti del figlio, essi possono evitare di esplicitare il loro senso di delusione, anche se, inevitabilmente, ci sono sempre frasi, allusioni, commenti, atteggiamenti, che vengono facilmente decodificati dall’interessato e che possono provocare violente liti familiari.
Altre volte i genitori possono essere meno diplomatici e dichiarare apertamente la loro avversità, cercando anche fattivamente di allontanare il neo-arrivato dalla famiglia, a volte per reali motivi di preoccupazione nei riguardi del figlio, che non si rende conto di aver fatto la scelta sbagliata, mentre altre volte può trattarsi di egoismo, gelosia, paura di perdere l’affetto del proprio congiunto.
Del resto, obiettivamente entrare come parente stretto in una famiglia di estranei non è facile: si tratta di adeguarsi a nuovi stili di vita, nuove regole, nuove abitudini, nuovi gusti, da quelli culinari a quelli televisivi.
C’è anche da lottare contro le aspettative che i futuri suoceri hanno nutrito nei confronti della vita adulta del proprio figlio. Malgrado moltissime cose siano cambiate nella nostra vita sociale, resistono ancora saldamente dei parametri di valutazione, nella scelta effettuata dai figli, che condizionano notevolmente i giudizi e la propria disponibilità verso i parenti acquisiti: la nuora, ad esempio, è ancora abbastanza implicito che debba essere bella, o almeno carina e più giovane del partner; il genero ideale invece dovrebbe essere preferibilmente più maturo della propria figlia e comunque sicuramente non meno colto di lei e non meno ricco.
Essere fuori da questi parametri tradizionali e da questi pregiudizi può essere, per i diretti interessati, molto difficile e frustrante.
La fobia dei suoceri può essere dunque l’effetto di questa mancata integrazione e consiste essenzialmente nell’ansia anticipatoria che si prova al solo pensiero di dover incontrare i genitori del partner e, per estensione, tutta la sua famiglia, visto che non ci si sente all’altezza della situazione.
I conflitti nascono facilmente: a volte sono i suoceri, che per primi assumono un comportamento invadente e poco comprensivo, altre volte sono i giovani a rifiutarsi di entrare in punta dei piedi nel nuovo ambito familiare, accettandone i ritmi, i riti e le abitudini. Più spesso la relazione risulta difficile perché, da ambo le parti, si manifesta un atteggiamento di rigidità e di intolleranza.
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Quando ci sono queste difficoltà potrebbe essere consigliabile cercare di stabilire una buona relazione con la nuova famiglia non prendendola nel suo insieme, ma stabilendo relazioni personali con ciascun membro.
Sicuramente da evitare sono comportamenti che vanno oltre le righe, come il parlare troppo, il cercare di monopolizzare l’attenzione o di imporre le proprie abitudini, il voler stupire a tutti i costi.
Per stabilire sin dal primo momento una corrente di simpatia sarebbe bene essere quanto possibile naturali, cercando di rispettare tuttavia le regole della buona educazione, del rispetto, della tolleranza reciproca.
E’ inutile infatti sforzarsi di piacere a tutti i costi, dal momento che non sarà possibile recitare questa parte in eterno e, inoltre, quelle persone perderanno presto l’etichetta di “estranei” e verranno, bene o male, a far parte della propria rete sociale più intima.
Come sempre, chi comincia bene, è già a metà dell’opera.
Curiosità: su questa fobia è stato girato anche un film.
Dr. Walter La Gatta
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