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Come si cura l’ansia: esempi e suggerimenti

Come si cura l'ansia

Come si cura l’ansia: esempi e suggerimenti

Dr. Giuliana Proietti

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La sindrome ansiosa è una delle condizioni psicologiche più diffuse al mondo, con milioni di individui che ne sperimentano gli effetti debilitanti su base giornaliera. Sebbene sia una risposta naturale allo stress, quando diventa eccessiva e persistente, può interferire significativamente con la qualità della vita e il funzionamento quotidiano.

In questo articolo, esploreremo approcci e strategie efficaci per la cura dell’ansia, focalizzandoci su interventi terapeutici, cambiamenti dello stile di vita e tecniche di auto-gestione che possono contribuire a ridurre i sintomi ansiosi e ripristinare un senso di equilibrio e benessere emotivo.

Perché si soffre di ansia?

Ci sono molte ragioni per soffrire di ansia: alcune possono essere di origine ambientale, come una cattiva relazione con il/la partner o preoccupazioni lavorative ed economiche. In altri casi l’ansia può derivare da ragioni di origine interna, in quanto alcune aree psicologiche necessitano di trovare un maggiore equilibrio.

Occorre un trattamento specialistico per curare l’ansia, o si può fare da soli?

Si. I disturbi d’ansia richiedono un “trattamento specialistico”, così come gli altri problemi di origine fisica (una gamba rotta, un dente che fa male, una cisti sulla pelle).

La psicoterapia può essere d’aiuto?

Si. La psicoterapia può aiutare ad affrontare le “molteplici cause” dei disturbi d’ansia usando la scienza psicologica per “riequilibrare” la mente e / o il corpo con programmi di trattamento specialistici. Rivolgersi a uno/a psicoterapeuta può essere fondamentale per una persona ansiosa poiché il terapeuta è una persona formata ed esperta che può aiutare il paziente ad esplorare le radici della propria ansia, sviluppando strategie personalizzate per imparare a gestirla.

Lo/la psicoterapeuta può fornire una valutazione accurata dei sintomi, offrire un piano di trattamento mirato e guidare il paziente verso il recupero e il benessere personale, anche attraverso il sostegno emotivo, quando necessario.

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Quanto dura, in genere, una psicoterapia per problemi di ansia?

La durata media di una psicoterapia per disturbi d’ansia dura in genere 10/20 sedute, della durata di sessanta minuti.

Quanto tempo occorre per riscontrare un miglioramento?

La maggior parte delle persone riscontra un miglioramento dei disturbi d’ansia entro le prime tre-quattro sedute.

Quale è la psicoterapia più adatta per combattere i sintomi d’ansia?

Molte ricerche hanno descritto la terapia cognitivo comportamentale come la più efficace per trattare i sintomi ansiosi.

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COME FUNZIONA LA TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE?

La Terapia cognitivo comportamentale funziona identificando e affrontando il modo in cui i pensieri e i comportamenti di una persona interagiscono per creare gli stati ansiosi. Si lavora con i pazienti per riconoscere i modelli di pensiero disfunzionali da essi utilizzati, che influenzano negativamente i loro sentimenti e comportamenti.

Con la terapia cognitivo comportamentale,  si interviene cercando di modificare i modelli di pensiero negativi, insegnando le abilità di rilassamento e cambiando i comportamenti che portano al peggioramento del problema. La prima parte della terapia consiste in alcune sessioni di psico-educazione.

ESEMPIO 1

Esempi di stile del pensiero positivi e negativi, che influenzano le emozioni e i comportamenti

Di fronte a una situazione ansiogena si può reagire in modi diversi, come nel caso A e B

Pensiero Emozione Comportamento
A. Non vedo l’ora. Studierò, mi eserciterò e andrò alla grande! Fiducia, Sensazione di auto-efficacia Studio e esercizio per preparare una buona presentazione.
B. Scommetto che mi prenderanno in giro tutti… Non ce la posso fare! Ansia, Preoccupazione, paura Evitante: rinuncia

Perché è importante, anzitutto, la psico-educazione?

I pazienti con problemi di ansia, spesso hanno una conoscenza limitata del loro problema. Potrebbero sapere che hanno paura dei serpenti, dei grandi gruppi di persone o delle macchine, ma questo è tutto. Altri potrebbero provare, invece, una costante sensazione di ansia senza sapere veramente di cosa si tratti. È una buona idea, dunque, iniziare discutendo dei fattori scatenanti o delle fonti di ansia. Quali sono le situazioni in cui una persona si sente più ansiosa? Cosa pensa e come reagisce in queste situazioni? Come l’ansia sta influenzando la propria vita?

Dopo che un paziente ha avuto l’opportunità di parlare della propria ansia, sarà utile aiutarlo a conoscere l’ansia come emozione (e scoprire che non è sempre negativa: dipende dall’intensità con cui si presenta).

ESEMPIO 2

Esempio: Devi fare una presentazione di fronte a un gruppo di persone

Nessuna ansia Ansia moderata Ansia elevata
Una presentazione? Se devo farla, la farò, ma non c’è bisogno che io mi prepari. So di essere in grado di farla, ma voglio fare bella figura. Studierò e mi eserciterò prima di presentarmi in pubblico. No, non posso. Sembrerò uno stupida/o. Come posso evitarla? Mi sento male solo a pensarci.

In questo caso l’ansia moderata può essere una alleata per favorire la prestazione

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Quale tipo di lavoro terapeutico si deve fare sull’ansia?

Durante la psicoterapia ci si focalizza anzitutto sulle seguenti competenze da acquisire:

  • Saper riconoscere i propri sintomi

Fare attenzione ai propri sintomi ansiosi:  battere i piedi, camminare, sudare, diventare irritabile, pensare alla situazione senza sosta, insonnia, nausea, mangiarsi le unghie, ecc. È importante comprendere quando si prova ansia, perché il prossimo passo sarà intervenire in quelle specifiche situazioni.

  • Saper identificare i propri pensieri

    Imparare a descrivere le situazioni che si vivono, identificando e registrando i propri pensieri nel momento stesso della situazione difficile. Occorre capire come pensieri ed emozioni sono collegati e vedere quali pensieri generano eccessiva ansia.

  • Saper affrontare i propri pensieri Una volta identificati i propri pensieri negativi, sarà il momento di iniziare a affrontare questi pensieri. Dopo aver avuto un pensiero che contribuisce all’ansia, occorrerà chiedersi: “Ho prove a sostegno di questo pensiero, o sto facendo delle semplici supposizioni? Sto condizionandomi negativamente da solo/a o c’è qualcosa di oggettivo nelle mie preoccupazioni?

  • Riuscire a immaginare cosa potrebbe realisticamente accadere nella situazione temuta.

A questo punto cercare di capire se le proprie preoccupazioni sono realistiche, ponendosi delle domande:

  • Ci sono prove che giustificano il mio pensiero negativo, o sono mie credenze personali?
  • Qual è la cosa migliore che mi potrebbe succedere?
  • Quale è la cosa peggiore che potrebbe capitarmi?
  • Cosa è più probabile che accada?
  • Quello che accadrà quante persone lo ricorderanno, e per quanto tempo?

Chi soffre di ansia estrema di solito percepisce una situazione come più pericolosa di quanto essa non sia in realtà.
L’obiettivo terapeutico è imparare a pensare in modo positivo, o almeno neutrale, piuttosto che negativo.

ESEMPIO 3

Come passare da un pensiero negativo a un comportamento positivo;

Esempio 3
Pensiero Sfida Comportamento
Se accetto di fare questa presentazione sarò un vero disastro, e tutti rideranno di me e mi prenderanno in giro Non avrò la faccia di ripresentarmi dopo quello che accadrà. Questa esperienza è spaventosa per me, ma gli altri non sono lì per giudicarmi. Non ho mai fatto pasticci prima, perché dovrebbe succedere questa volta? E se poi facessi veramente qualcosa di sbagliato? Chi non lo fa? Quanti lo ricorderanno per sempre? Preparo la presentazione come meglio posso. Poi mi lascio andare, ho fiducia nelle mie capacità. Se farò qualche errore, sarò la prima persona a scherzarci su: non è un errore che mi definisce come persona!

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  • Desensibilizzazione sistematica

La desensibilizzazione sistematica è una tecnica terapeutica utilizzata nel trattamento dei disturbi d’ansia, come le fobie specifiche. Essa prevede l’esposizione graduale e controllata alla fonte dell’ansia, consentendo al paziente di sviluppare una risposta meno intensa e più gestibile nel tempo.

Il primo passo per la desensibilizzazione sistematica è creare una gerarchia delle paure.  Ecco un esempio di gerarchia della paura per una fobia sociale:

 

ESEMPIO 4

Quali sono le situazioni che ti creano maggiore ansia? Fare una lista.

Esempio 4
Situazione Classifica paura
(1-10)
Andare a fare la spesa in un piccolo negozio 1
Andare a fare la spesa al supermercato 3
Telefonare al proprio medico 5
Conoscere persone nuove 7
Parlare in pubblico 10

L’obiettivo terapeutico è esporre il paziente a stimoli che producono un’ansia moderata, per poi passare alle situazioni più difficili identificate nella gerarchia della paura.

Il processo di esposizione avviene nel corso di diverse sedute, associando l’esposizione alle tecniche di rilassamento.

  • Le tecniche di rilassamento

Le tecniche di rilassamento consentono a una persona di avviare una risposta calmante all’interno del proprio corpo. Ognuno ha le proprie preferenze. Tra queste citiamo la respirazione profonda diaframmatica, il rilassamento muscolare progressivo, il Training Autogeno, la Mindufulness, ecc.

Esempio di respirazione profonda:

  • Sedere comodamente sulla sedia. Mettere una mano sullo stomaco in modo da poter sentire il diaframma muoversi mentre si respira.
  • Fare un respiro profondo attraverso il naso. Inspirare lentamente per 5 secondi
  • Trattenere il respiro per 5 secondi.
  • Rilasciare l’aria lentamente (di nuovo, tempo 5 secondi). Farlo fingendo di soffiare in una cannuccia.
  • Ripetere questo processo per circa 5 minuti, preferibilmente 3 volte al giorno. Più si fa pratica, più efficace sarà la respirazione profonda al momento del bisogno.

La respirazione profonda può essere preziosa nel momento in cui ci si confronta con qualcosa che produce ansia, o in generale come un modo per ridurre lo stress generale.

Ovviamente tutto quanto sopra è solo a titolo di esempio:  ogni paziente è una persona “speciale”, con sue caratteristiche, sue vulnerabilità e suoi punti di forza. Il lavoro terapeutico consiste proprio nell’adattare le teorie e i modelli di cura ad ogni singolo paziente.

La cura dell’ansia può essere svolta anche online?

Certamente: oggi, la psicoterapia online offre un accesso conveniente e flessibile ai servizi di salute mentale, consentendo alle persone di ricevere supporto da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. I benefici includono la riduzione delle barriere geografiche, la privacy nell’ambiente domestico, una maggiore accessibilità economica e la possibilità di scegliere tra una varietà di modalità di comunicazione, come videochiamate, chat testuali e messaggi vocali, adattabili alle preferenze individuali.

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Adolescenti LGBTQ+ e sessualità

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La nostra epoca ha visto un cambiamento significativo nella comprensione del genere e della sessualità, e la comunità LGBTQ+ ha sicuramente ottenuto maggiore riconoscimento e accettazione. Tuttavia, i giovani che si identificano come LGBTQ+ continuano ad affrontare difficoltà notevoli, in particolare nella sfera scolastica.
Cerchiamo allora di esplorare meglio questa realtà.

Cosa è l’adolescenza e quali sfide comporta sul piano della sessualità?

L’adolescenza è considerata il periodo finale dello sviluppo dell’individuo da bambino ad adulto. Questo periodo  si estende dall’inizio della pubertà alla fine della crescita sul piano fisico. L’età compresa tra 11 e 13 anni può essere dunque definita come “preadolescenza” e tra i 14 e 19 anni come “adolescenza”, sebbene i 19 anni non rappresentino sempre la fine dell’adolescenza ( Best & Fortenberry, 2013 ).

Si tratta di un periodo in cui a volte i ragazzi  faticano a stabilire la loro identità, inclusa la loro identità sessuale e di genere ( Erikson & Erikson, 1998 ). Per molti giovani LGBTQ+ infatti, l’esplorazione della propria sessualità può essere un viaggio intricato e pieno di incertezze: mentre alcuni individui possono avere una chiara comprensione delle proprie inclinazioni sessuali fin da giovanissimi, altri potrebbero sperimentare confusione, dubbi e conflitti interni.

Questo periodo, dunque, può anche essere visto come un periodo di accettazione o rifiuto della propria identità infantile e come un modo della società adulta per identificare i giovani, accettando le persone che stanno diventando  ( Erikson & Erikson, 1998).

Perché la scuola è centrale nella vita di un adolescente?

Perché non solo è obbligatoria e occupa gran parte delle ore di veglia dei ragazzi, ma è anche considerata l’arena in cui i giovani possono confrontarsi con gli altri, stringere amicizie e  trovare modelli di ruolo.

Le persone LGBTQ+ possono avere difficoltà nell’ambiente scolastico?

Si, e uno dei motivi è che la scuola è tipicamente gestita dalla generazione adulta, che spesso è influenzata dalle norme e dalle credenze di una generazione passata ( Magnus & Lundin, 2016 ; Stargell et al., 2020 ). Uno dei principali ostacoli che i giovani LGBTQ+ affrontano è rappresentato dalla discriminazione e dal pregiudizio. La società, pur progredendo in termini di accettazione e inclusione, in particolare con l’adozione di leggi che consentono i matrimoni tra persone dello stesso sesso ( Hamilton & La Diega, 2020 ),continua ad essere permeata da atteggiamenti omofobi, bifobici e transfobici ed i ragazzi LGBTQ+ possono ancora trovare, nel loro cammino, credenze passate sull’omosessualità, vista come una malattia ( Colvin et al., 2019 ; Katz, 2007 ; Roberts, 2019 ; Stargell et al., 2020 ).

Essendo l’identità sessuale  una parte essenziale dell’identità complessiva di un individuo, quando questa identità è in conflitto con le norme sociali dominanti, può scatenare un senso di alienazione e isolamento.

Quali sono i pregiudizi più comuni?

I pregiudizi più comuni sono i seguenti:

  • L’eteronormatività, che tende a emarginare o sanzionare coloro che si sentono al di fuori della sfera normativa eterosessuale all’interno di un’istituzione, attraverso il presupposto che privilegi e potere siano detenuti dagli eterosessuali e che questa debba essere la norma e l’ideale della società ( Jackson, 2006 ; Magnus & Lundin, 2016).
  • La cisnormatività (imposizione di una identità cisgender) dove le scuole fanno in modo che gli studenti appartenenti alle minoranze sessuali si sentano meno accettati dalla scuola (Gannon-Rittenhouse, 2015 ).

La percezione della società degli individui LGBTQ+ può portare questi ragazzi a rifiutare la propria identità a causa dell’omofobia interiorizzata ( Yolaç & Meriç, 2020 ).

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Cosa è l’omofobia interiorizzata?

L’omofobia interiorizzata è la percezione negativa di se stessi a causa dell’orientamento sessuale: è un fenomeno diffuso tra i giovani LGBTQ+, che può avere gravi conseguenze sulla salute mentale e sul benessere emotivo.

Cosa dicono gli studi sugli adolescenti LGBTQ+?

Gli studi hanno dimostrato che questi individui sono più inclini a sperimentare depressione, ansia, e pensieri suicidi rispetto ai loro coetanei eterosessuali. La mancanza di sostegno e comprensione da parte della famiglia, degli amici e della comunità scolastica può amplificare questi problemi e mettere a rischio il benessere complessivo dei giovani LGBTQ+.

I soggetti LGBTQ+ sono vittime di bullismo?

Si, molto spesso gli adolescenti LGBTQ+ sono vittime di bullismo a scuola e sperimentano strategie di esclusione che rendono difficile a questi adolescenti accettarsi per quello che sono; alcuni di loro reagiscono con tristezza, senso di alienazione e rassegnazione, oltre che sintomi fisici e/o mentali. Queste esperienze possono portare all’assenteismo, a un rendimento scolastico inferiore e a una diminuzione della salute mentale.

Si è scoperto, infatti, che gli adolescenti LGBTQ+ hanno una salute mentale peggiore rispetto ai loro coetanei ( Eisenberg et al., 2019 ; Kosciw et al., 2018 ; Williams, 2017 ) e per questo in genere apprezzano il contatto con personale scolastico di supporto poiché questo sembra aiutarli a far fronte alle situazioni ( Day et al., 2019 ; Gower et al., 2018 ; Marshall et al., 2015 ).

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Cosa pensano i giovani LGBTQ+ dell’educazione sessuale ricevuta a scuola?

Hobaica e colleghi (2019) hanno scoperto che i giovani transgender ritengono l’educazione sessuale fornita nelle scuole come  insufficiente e non inclusiva di tutte le identità LGBTQ+, con il risultato di una comprensione ritardata della propria identità e della necessità di cercare maggiori informazioni al di fuori del contesto scolastico.

E’ possibile che i giovani LGBTQ+ scelgano di allontanarsi dalla scuola?

Si. A volte, gli adolescenti scelgono volontariamente di allontanarsi da un ambiente scolastico vissuto come dannoso, specialmente se hanno avuto a che fare con figure adulte che non hanno offerto loro esperienze di vicinanza tali da poterli far sentire rispettati, riconosciuti e inclusi nella più ampia comunità della scuola.

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Cosa si potrebbe fare per migliorare la condizione degli studenti LGBTQ+?

Le famiglie, le scuole, le istituzioni religiose e la società nel suo complesso dovrebbero lavorare insieme per creare un ambiente che sia sicuro, accogliente e rispettoso delle diverse identità sessuali e di genere. Questo può avvenire attraverso l’istituzione di politiche anti-discriminatorie, la promozione dell’educazione sulla diversità sessuale e di genere, e la creazione di spazi sicuri e inclusivi per i giovani LGBTQ+. Per affrontare queste sfide, le scuole possono implementare diverse strategie, in modo da creare un ambiente di apprendimento più inclusivo e solidale. Ad esempio:

  1. Curriculum inclusivo : incorporare la storia, le figure e i temi LGBTQ+ nel curriculum può aiutare a promuovere la comprensione e l’accettazione. Questo approccio può anche fornire agli studenti LGBTQ+ modelli positivi e un senso di appartenenza.
  2. Spazi sicuri : la creazione di spazi sicuri, come club LGBTQ+ o gruppi di supporto, può offrire agli studenti un luogo in cui connettersi con coetanei che condividono le loro esperienze. Questi spazi possono anche fornire risorse e guida agli studenti che esplorano la propria identità.
  3. Sviluppo professionale : fornire formazione agli insegnanti sulle questioni LGBTQ+ può aiutarli a comprendere meglio le difficoltà che i loro studenti devono affrontare e fornire loro gli strumenti per creare un ambiente scolastico più inclusivo.
  4. Politiche antibullismo : l’implementazione di forti politiche antibullismo che affrontino specificamente le molestie basate sulla comunità LGBTQ+ può contribuire a creare un ambiente scolastico più sicuro per tutti gli studenti.
  5. Servizi di supporto agli studenti : offrire consulenza e servizi psicologici su misura per le esigenze degli studenti LGBTQ+ può aiutare ad affrontare le esperienze avverse che devono affrontare e fornire loro il supporto di cui hanno bisogno per avere successo a livello scolastico.

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Fonte principale:
A Clash of Sexual Gender Norms and Understandings: A Qualitative Study of Homosexual, Bisexual, Transgender, and Queer Adolescents’ Experiences in Junior High Schools, di  pubblicata 11-09-2021, https://doi.org/10.1177/07435584211043290

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Adolescenza

Editore: Xenia, 
 
Collana: I tascabili
 
Anno edizione: 2004 
 
Pagine: 128 p., Brossura

Autori: Giuliana Proietti - Walter La Gatta

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Consapevolezza della malattia: perché è importante

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Nel panorama della sanità odierna, il coinvolgimento del paziente (Patient Engagement in inglese) e la consapevolezza della malattia rappresentano elementi cruciali per il successo delle cure e per il raggiungimento di risultati ottimali in termini di salute.

Cosa è la consapevolezza di malattia?

La consapevolezza della malattia riguarda la comprensione profonda della propria condizione medica, comprese le cause sottostanti, i fattori di rischio, le opzioni di trattamento e le implicazioni sul lungo termine della malattia.

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Perché i pazienti dovrebbero essere consapevoli della loro malattia?

Perché questo permette loro di:

  • partecipare attivamente alle decisioni riguardanti il proprio trattamento, medico o psicologico. Quando i pazienti comprendono appieno le opzioni e i potenziali rischi e benefici a loro associati, possono fare scelte più informate, che rispecchiano i propri valori e le proprie preferenze.
  • essere più motivati ​​a seguire il piano di trattamento prescritto, perché comprendono l’importanza di seguire le indicazioni del medico o del terapeuta in modo corretto, riducendo così il rischio di complicazioni e migliorando i risultati nel lungo termine.
  • comunicare più efficacemente con il medico/terapeuta. I pazienti informati e coinvolti possono porre domande pertinenti, esprimere preoccupazioni e collaborare allo sviluppo di un piano terapeutico personalizzato, che risponda alle loro esigenze specifiche.

Cosa si intende per “Patient Engagement” e perché è considerato importante?

Per Patient engagement (PE, o “coinvolgimento del paziente”, in italiano) si intende la consapevolezza della malattia da parte del paziente, che comprendere appieno la propria condizione medica e psichica ed è maggiormente proattivo nel proprio percorso di guarigione. Il PE è oggi considerato una priorità a livello mondiale, perché l’evidenza scientifica dimostra che esso migliora l’aderenza alle cure e il rispetto dei protocolli clinici da parte dei pazienti. Inoltre, la centralità, l’educazione e l’empowerment del paziente sono oggi riconosciuti come componenti chiave per migliorare la qualità e l’erogazione dei servizi sanitari.

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Perché oggi i pazienti sono maggiormente consapevoli, rispetto al passato?

Perché l’accesso alle informazioni è aumentato con il progresso della tecnologia: oggi i pazienti sono più informati, sia delle loro malattie, sia delle opzioni di cura.

Perché è importante l’aderenza del paziente al processo di trattamento?

Perché fraintendere, dimenticare o ignorare le raccomandazioni terapeutiche può esporre il paziente a rischi significativi. L’interazione con il medico/terapeuta riduce invece i rischi di non conformità, aumentando la soddisfazione del paziente e migliorando i risultati dal punto di vista sanitario.

Se si vive in coppia è utile anche il coinvolgimento del/della partner?

In genere si: i partner dei pazienti vanno incoraggiati a partecipare attivamente alle discussioni riguardanti il ​​protocollo e coinvolgendoli nelle decisioni prese.

Il discorso della consapevolezza vale anche per la malattia psichiatrica?

Si. Anche in campo psichiatrico, la conoscenza, l’aderenza alla cura, il controllo medico, permettono la ripresa di una vita normale. Una persona con problemi psichici che conosce la propria fragilità è più consapevole di dover seguire una cura per avere una buona qualità della vita, come accade per ogni tipo di malattia.

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Cosa significa il concetto di “insight” ?

Il termine “insight” è entrato nel linguaggio psichiatrico per definire il grado di consapevolezza della malattia. La consapevolezza della malattia è importante per un migliore inserimento nel mondo del lavoro, per creare relazioni e acquisire maggior stima di se stessi.

Cosa dovrebbero fare i sanitari per favorire questo percorso di consapevolezza?

  • adottare un approccio proattivo nell’istruire i pazienti sulla loro malattia. Questo può includere la fornitura di materiale informativo scritto, sessioni di consulenza individuali e risorse online affidabili che spieghino la condizione medica in modo chiaro e comprensibile.
  • incoraggiare i pazienti a essere attivamente coinvolti nel proprio processo di cura. Questo può essere fatto incoraggiandoli a porre domande, partecipare a gruppi di supporto o tenere un diario della propria salute per monitorare i sintomi e i progressi nel tempo.

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Fonte principale

Marzban S, Najafi M, Agolli A, Ashrafi E. Impact of Patient Engagement on Healthcare Quality: A Scoping Review. J Patient Exp. 2022 Sep 16;9:23743735221125439. doi: 10.1177/23743735221125439. PMID: 36134145; PMCID: PMC9483965.

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Ci occupiamo di timidezza da 20+anni

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Le esperienze infantili avverse (ACE)

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Le Esperienze Avverse Infantili, conosciute comunemente come ACE (dall’inglese Adverse Childhood Experiences), rappresentano una realtà dolorosa e spesso sottovalutata che può avere conseguenze profonde sulla salute fisica e mentale dei bambini, influenzando il loro sviluppo e il loro benessere anche in età adulta.

Cosa Sono le Esperienze Avverse Infantili (ACE)?

Le ACE sono eventi stressanti o traumatici che si verificano durante l’infanzia e l’adolescenza. Esse possono riguardare:

  • abuso fisico, emotivo o sessuale,
  • trascuratezza,
  • esposizione a violenza domestica,
  • dipendenza da sostanze stupefacenti o alcol,
  • divario socio-economico,
  • separazione dai genitori
  • avere un membro della famiglia che ha tentato il suicidio o è morto per suicidio
  • malattie gravi in famiglia, anche di tipo psichiatrico.

Intervista sull'ipnosi

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Dr. Walter La Gatta

Cosa comportano le ACE?

Queste esperienze lasciano un’impronta profonda nel cervello e nel sistema nervoso dei bambini, influenzando il modo in cui percepiranno se stessi, gli altri e il mondo circostante. Le ACE sono collegate a problemi di salute cronici, malattie mentali e problemi di uso di sostanze nell’adolescenza e nell’età adulta. Le ACE possono anche avere un impatto negativo sull’istruzione, sulle opportunità di lavoro e sul potenziale di guadagno.

Quanto è rilevante il fenomeno ACE?

Le ACE sono comuni. Circa il 64% degli adulti statunitensi, ad esempio, ha riferito di aver sperimentato almeno un tipo di ACE prima dei 18 anni e quasi 1 su 6 (17,3%) ha riferito di aver sperimentato quattro o più tipi di ACE.

Come si Affrontano le Esperienze Avverse Infantili?

Affrontare le ACE richiede un approccio olistico che coinvolga sia il bambino sia l’ambiente che lo circonda. Ecco alcuni suggerimenti su come affrontare le ACE in modo efficace:

  • Riconoscere e Validare le Emozioni: è fondamentale che i bambini siano in grado di esprimere le proprie emozioni e che queste vengano validate. Ascoltarli attentamente e fornire un ambiente sicuro in cui possano esprimere le loro preoccupazioni è il primo passo verso la guarigione.
  • Accesso a Supporto Professionale: consultare un terapeuta specializzato per infanzia e adolescenza può essere estremamente utile. Questi professionisti possono fornire supporto psicologico, insegnare strategie di coping e aiutare i bambini a elaborare le loro esperienze in modo sano.
  • Creare una Rete di Supporto Sociale: una rete di supporto solida, composta da familiari, amici, insegnanti e altri adulti di fiducia, può svolgere un ruolo cruciale nel fornire sostegno psicologico e pratico ai bambini che affrontano le ACE.
  • Promuovere una Cultura di Rispetto e Consapevolezza: educare la comunità su come riconoscere e affrontare le ACE può contribuire a ridurre lo stigma associato a queste esperienze e a promuovere una cultura di rispetto e sostegno verso i bambini che le vivono.
  • Investire nella Prevenzione: prevenire le ACE è fondamentale per interrompere il ciclo della trasmissione intergenerazionale di traumi. Investire risorse nelle politiche sociali che riducono il rischio di esposizione alle ACE, come l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia di qualità e programmi di sostegno familiare, è cruciale per garantire un futuro più sano per le generazioni future.

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Come si possono prevenire le esperienze infantili avverse a livello sociale?

Per prevenire le ACE, è necessario comprendere e affrontare i fattori che mettono le persone a rischio o le proteggono dalla violenza, quindi creare e sostenere relazioni e ambienti sicuri, stabili e stimolanti per tutti i bambini e le famiglie. Qualche esempio:

  • Rafforzare i sostegni economici alle famiglie
  • Politiche del lavoro a favore della famiglia
  • Promuovere norme sociali che proteggano dalla violenza e dalle avversità
  • Campagne di educazione pubblica
  • Approcci legislativi per ridurre le punizioni corporali
  • Visite domiciliari per la prima infanzia
  • Assistenza all’infanzia di alta qualità
  • Migliorare le competenze genitoriali e approcci relazionali familiari
  • Programmi di doposcuola
  • Aumentare la consapevolezza sulle ACE
  • Cambiare il modo in cui le persone pensano alle cause degli ACE e a chi potrebbe aiutare a prevenirle
  • Spostare l’attenzione dalla responsabilità individuale alle soluzioni comunitarie
  • Ridurre lo stigma relativo alla ricerca di aiuto per problemi genitoriali o abuso di sostanze, depressione o pensieri suicidi.
  • Promuovere relazioni e ambienti sicuri, stabili e stimolanti in cui i bambini vivono, imparano e giocano.

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Adolescenza

Editore: Xenia, 
 
Collana: I tascabili
 
Anno edizione: 2004 
 
Pagine: 128 p., Brossura

Autori: Giuliana Proietti - Walter La Gatta

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Timidezza e uso problematico di Internet

Timidezza e uso problematico di Internet

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Con il rapido progresso della tecnologia, Internet è diventata una parte essenziale della vita quotidiana dei nostri tempi (Gibson & Trnka, 2020). In questo articolo verranno descritti tutti i benefici e i miglioramenti nello stile di vita, ottenuti grazie alle nuove tecnologie, ma anche l’uso problematico di Internet, soprattutto fra le persone timide.

In che cosa è stato utile Internet?

L’utilità di Internet per la società la si riscontra in vari campi: nell’istruzione, nel tempo libero e nella trasmissione delle informazioni. Ad esempio, ha rivoluzionato il modo in cui apprendiamo e ha reso l’istruzione più accessibile. Ha inoltre favorito connessioni a livello mondiale attraverso la comunicazione istantanea e ha democratizzato l’accesso alla conoscenza fornendo una grande quantità di informazioni a portata di mano degli utenti (Gibson & Trnka, 2020 ).

Che cosa si intende per “uso problematico di Internet”?

L’uso problematico di Internet, spesso definito “dipendenza da Internet”, è un comportamento compulsivo e dannoso che riguarda l’utilizzo di Internet, con conseguenze negative che possono sconvolgere la vita quotidiana (Musetti & Corsano, 2018 ).

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Come si manifesta?

Può manifestarsi in varie forme, compreso l’uso di smartphone, pc e altri dispositivi abilitati a Internet. I comportamenti online problematici, sono l’uso eccessivo dei social media, i giochi d’azzardo, il binge-watching televisivo e lo shopping online impulsivo, come identificato da alcune ricerche (Fineberg et al.,2018 ).

Si tratta di una nuova patologia psichiatrica?

Per il momento no, sebbene alcuni ricercatori sostengano che l’uso problematico di Internet meriti di essere classificato come un disturbo psichiatrico nuovo o emergente a sé stante (vale a dire, una vera e propria dipendenza comportamentale da Internet o da attività correlate a Internet).  Altri studiosi preferiscono parlare di uso problematico di Internet in relazione a specifiche attività online, come giochi d’azzardo, posta elettronica o pornografia (Yellowlees & Marks, 2007 ).

Quante persone riguarda l’uso problematico di Internet?

Con la crescente adozione della tecnologia, negli ultimi due decenni, l’uso problematico di Internet è aumentato in tutto il mondo (Tsitsika et al., 2014 ). La prevalenza dell’uso problematico di Internet a livello mondiale è compresa tra il 6% e il 9,7% (Burkauskas et al., 2022 ) e varia da zona a zona, con una prevalenza marcata nei paesi asiatici  (J Kuss et al., 2014 ).

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Cosa comporta l’uso problematico di Internet?

L’uso problematico di Internet è stato collegato a problemi di adattamento, come abbandoni scolastici, problemi fisici e problemi di interiorizzazione (Geng et al., 2018 ; Hughes e Burke, 2018 ). Ad esempio, Morita et al. (2022) hanno scoperto che l’uso problematico di Internet era associato a sintomi di depressione e iperattività tra gli adolescenti. Inoltre, una recente revisione (Gioia et al., 2021) ha scoperto che l’uso problematico di Internet aveva una forte associazione con la disregolazione emotiva.

La timidezza è considerata un fattore di rischio per l’uso problematico di Internet?

Si, la timidezza è stata identificata come un importante fattore di rischio per la dipendenza da Internet (Huan et al., 2014 ; Ozturk e Ozmen, 2011 ).

Cosa si intende per timidezza in questi studi?

La timidezza viene considerata un tratto della personalità che si riferisce all’ansia sociale e all’emotività, accompagnate da una maggiore sensibilità alla valutazione sociale (Coplan et al., 2004 ). A differenza degli introversi, le persone timide vogliono partecipare alle interazioni sociali e fare impressione sugli altri (cioè hanno una motivazione all’approccio sociale). Tuttavia, questo aspetto del carattere causa ansia e preoccupazione durante le interazioni personali, insieme a dubbi sulla gestione delle impressioni, che possono portare a una tendenza a evitare le situazioni sociali (cioè, motivazione all’evitamento sociale) (Asendorpf, 1990 ; Coplan et al., 2004 ).

Le persone timide hanno maggiori probabilità di sviluppare una dipendenza?

Si, gli individui con una maggiore timidezza hanno maggiori probabilità di affrontare difficoltà tra pari poiché spesso si sentono a disagio quando interagiscono con gli altri, e questo può portarli a evitare conversazioni difficili o imbarazzanti (Barry et al., 2013 ). Le persone timide possono inoltre correre un rischio maggiore di sviluppare una dipendenza, inclusa la dipendenza da Internet (Ang et al., 2018 ; Tian et al., 2017 ). Di conseguenza, forse non sorprende che molti interventi (ad esempio, formazione sulle abilità sociali, terapia cognitivo comportamentale, terapia della consapevolezza) siano progettati per assistere questi soggetti timidi (Schneider & Byrne, 1985 ; Tarkhan, 2016 ). Ad esempio, Coplan et al.Citazione (2010) hanno utilizzato la formazione sulle abilità sociali per aiutare i bambini estremamente timidi a ridurre i comportamenti socialmente diffidenti e ad aumentare i comportamenti sociali e socialmente competenti.

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Perché i timidi vengono attratti dalla tecnologia?

I ricercatori hanno proposto diverse ragioni per cui gli individui timidi potrebbero essere più inclini a un uso problematico di Internet. In primo luogo, dato che sentirsi nervosi e ansiosi durante le interazioni tra pari è una caratteristica chiave della timidezza – rendendo scomode le interazioni faccia a faccia – molti individui timidi potrebbero scegliere di evitare le interazioni sociali in presenza (McCabe, 2015 ). Tuttavia, anche gli individui timidi hanno bisogno di interazioni sociali per soddisfare il loro bisogno fondamentale di connessione sociale e ricerca di sostegno (Baumeister & Leary, 1995 ). Pertanto, molti individui timidi potrebbero cercare modi alternativi per interagire con gli altri (ad esempio, interagendo online; Porter & Chambless, 2017 ).

Ci sono due ulteriori fattori che possono portare gli individui timidi a preferire l’interazione online, e quindi ad aumentare il rischio di sviluppare un uso problematico di Internet (chimmenti & Caretti, 2010 ; Setanni et al., 2018 ). In primo luogo, gli individui timidi tendono ad essere preoccupati della valutazione sociale che ricevono nelle attività sociali della vita reale, e soprattutto temono la disapprovazione riguardo ai loro pensieri ed emozioni interiori (Katz et al., 2011 ).

Quanto conta l’anonimato?

L’uso di Internet sembra diminuire la possibilità di identificazione da parte degli altri e questo fa si che le persone timide si sentano più sicure nel condividere cose che non condividerebbero offline (Schimmenti &Caretti, 2010 ). Pertanto, il senso di anonimato sperimentato online può aumentare la possibilità di interazioni online per gli individui timidi (Jin et al., 2017 ), il che potrebbe a sua volta aumentare il rischio di un utilizzo problematico di Internet.

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Per quali altri motivi i timidi potrebbero preferire Internet all’incontro faccia a faccia?

Gli individui timidi potrebbero preferire interagire su Internet per ragioni fisiologiche. Più specificamente, la comunicazione online consente alle persone timide di connettersi con gli altri riducendo al contempo i segnali uditivi e visivi potenzialmente travolgenti provenienti dagli altri (Settanni et al.2018 ; Stritzke et al., 2004 ) e questo permette loro di evitare i tipici sintomi fisiologici (ad esempio sudorazione, rossore, battito cardiaco accelerato) che le persone timide tendono a sperimentare durante le interazioni faccia a faccia (Nikolić et al., 2016 ).

Cosa si sa dell’uso dei social media da parte delle persone timide?

Nel complesso, la maggior parte degli studi ha rilevato che le persone timide trascorrono più tempo utilizzando i social media, hanno un atteggiamento positivo nei loro confronti e sono attratte da essi quando si tratta di comunicare (Ahmad et al., 2020 ; Baker & Oswald, 2010 ; Hong et al., 2019 ). Ad esempio, Hong et al. (2019) hanno scoperto che la timidezza era fortemente associata all’uso problematico del telefono cellulare tra gli adolescenti cinesi. Tuttavia, alcuni studi non hanno trovato alcun legame significativo tra timidezza e uso problematico di Internet. Ad esempio, Spensieri et al. (2019) , hanno scoperto che la timidezza non è predittiva di un utilizzo problematico di Internet tra i bambini italiani.

Sono state condotte revisioni sistematiche e meta-analisi per fornire una comprensione completa della relazione tra timidezza e uso problematico di Internet?

Si, una recente revisione sistematica e meta-analisi ha esaminato la relazione tra timidezza e uso problematico di Internet. I risultati di questo ampio campione di studi condotti in diversi paesi hanno mostrato una significativa associazione positiva tra timidezza e uso problematico di Internet negli adolescenti e nei giovani adulti. Inoltre, i risultati hanno indicato che i giovani adulti timidi presentavano sintomi più gravi nell’utilizzo problematico di Internet rispetto agli adolescenti timidi.

Si è scoperto in particolare che, quando le persone timide iniziano a soddisfare i loro bisogni sociali online, è possibile che questi comportamenti comunicativi si rafforzino attraverso un processo simile al condizionamento operante (ad esempio, è più probabile che comportamenti ricompensati si ripetano) (Sioni et al., 2017 ).

Allo stesso modo, andare online per evitare sentimenti negativi può fungere da diverso tipo di ricompensa e contribuire anche a un uso problematico di Internet. Diversi studi hanno dimostrato che i problemi di internalizzazione (ad esempio, solitudine, ansia sociale e depressione) hanno svolto un ruolo di mediazione nella relazione tra timidezza e uso problematico di Internet (Ang et al., 2018 , Huang et al., 2014 ; Tian et al., 2018 ).

Ciò suggerisce che le persone timide tendano ad essere più inclini a sentimenti di solitudine e depressione e utilizzino Internet per evitare questi sentimenti. In questo modo, l’uso di Internet, sia per acquisire interazioni sociali che per evitare sentimenti negativi, agisce come una ricompensa rafforzando modelli problematici di utilizzo. Inoltre, altri studi hanno dimostrato che le persone timide hanno bassi livelli di capacità di autocontrollo e autoregolamentazione, che sono fattori di rischio per l’uso problematico di Internet (ad esempio, Han et al., 2017 ; Yu et al.,Citazione2019 ). Pertanto, date le loro difficoltà con l’autocontrollo e l’autoregolamentazione, può essere particolarmente difficile, per le persone timide, resistere all’esperienza del rinforzo positivo quando si interagisce con Internet.

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Concludendo, c’è una relazione significativa fra timidezza e uso problematico di Internet?

No. Nello specifico, Spensieri et al. (2019) hanno scoperto che la timidezza da sola non può causare un uso problematico di Internet. Più precisamente, solo controllando i sintomi somatici, è stato riscontrato un legame significativo tra timidezza e uso problematico di Internet tra gli adolescenti italiani. I risultati hanno evidenziato l’importante ruolo dei sintomi somatici nella comprensione della relazione tra timidezza e uso problematico di Internet. Allo stesso modo Casale e Fioravanti (2011) hanno scoperto che, sebbene i giovani adulti timidi in Italia trovino le interazioni sociali online meno angoscianti, ciò non sembra contribuire allo sviluppo di un uso problematico di Internet. Gli autori hanno spiegato che ciò potrebbe essere dovuto al fatto che nella cultura italiana la timidezza potrebbe non indicare una mancanza di abilità sociali nella vita reale, ma piuttosto essere considerati  “riservati” o “sofisticati” –  connotazioni positive o non decisamente negative, che potrebbero non essere legate all’uso problematico di Internet. Tuttavia, gli studi futuri dovrebbero continuare a indagare la relazione tra timidezza e uso problematico di Internet.

Sono più preoccupanti i giovani adulti o gli adolescenti, rispetto all’uso problematico di Internet?

Rispetto agli adolescenti timidi, i giovani adulti timidi hanno maggiori probabilità di sviluppare un uso problematico di Internet. I giovani adulti possono essere più vulnerabili all’uso problematico di Internet rispetto agli adolescenti perché la supervisione dei genitori sull’uso di Internet si riduce man mano che essi crescono di età. Inoltre, man mano che i giovani, soprattutto quelli timidi, passano dall’adolescenza all’età adulta (ad esempio, entrando all’università), le loro interazioni faccia a faccia con i coetanei diminuiscono e il loro tempo da soli aumenta, il che può metterli a rischio di utilizzare Internet per compensare la mancanza di relazioni con i coetanei.

Pertanto, uno studente universitario timido che non è supervisionato dai genitori potrebbe impegnarsi eccessivamente in attività online (Douglas et al., 2008 ) esponendosi al rischio di sviluppare un uso problematico di Internet.

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Fonte principale

BowenXiaoNatashaParentClaireHein-Salvi & Jennifer D.Shapka (2023) Shyness and problematic internet use among adolescents and young adults: A systematic review and meta‐analysis, Cogent Mental Health, 2:1, DOI: 10.1080/28324765.2023.2278879
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