La speranza: cosa è e come utilizzarla
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Studi e riflessioni sulla speranza
Cohen, nel 1958 osservava che:
“anche se una vita senza speranza appare impensabile, la psicologia sembra poter vivere senza la speranza, a giudicare dalla notevole assenza di qualsiasi studio sull’argomento in letteratura“. La considerazione è stata formulata anche da Lazarus, nel 1999: “Con un modesto numero di eccezioni … c’è stata una grande riluttanza da parte degli psicologi ad affrontare il concetto di speranza“.
Insomma, strano a dirsi, sebbene la speranza sia considerata di enorme importanza per la vita umana, in quanto è ciò che determina la capacità di guardare al futuro, per poter raggiungere ciò che si desidera, questo argomento ha sempre ricevuto poca importanza fra gli studiosi di psicologia ed i pochi studi condotti sulla speranza riguardano i comportamenti dei consumatori e le strategie di marketing.
Eppure la speranza è un’aspirazione condivisa: le persone sperano non solo per per sé stesse, per le loro famiglie, per le persone care, per il gruppo sociale cui appartengono, per la società in generale (pace, benessere e giustizia sociale)…
In campo psicologico ci si è chiesti anzitutto se la speranza possa essere considerata un’emozione.
Alcuni (ad esempio, Averill, 1991, Rycroft, 1979, Lazarus, 1999) suggeriscono che la speranza potrebbe non essere considerata un’emozione, in quanto ha scarsi legami con gli aspetti biologici e fisiologici, come possono averli altre emozioni, quali la paura, la rabbia e l’amore. Spinoza (1960) disse:
“La paura non può esistere senza speranza, né la speranza senza paura.“
Mowrer (1960) ritiene invece che la speranza sia in grado di diminuire la paura: darsi speranza è in sé un atto di autoguarigione.
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La speranza tuttavia ha obiettivamente pochi legami con gli aspetti organici e, se vogliamo considerarla un’emozione, la dobbiamo annoverare fra le più “intelligenti”, in quanto grazie a lei si possono pensare e valutare delle possibilità, che non sono presenti nel momento in cui vengono pensate.
Fra i grandi pensatori, Tommaso d’Aquino vedeva la speranza come una virtù e dunque qualcosa di molto simile alla ragione e diversa da un’emozione; nel Medioevo invece fu considerata un’emozione fondamentale (Averill et al., 1990).
Il filosofo Ernst Bloch (1986) suggerisce che la speranza sia “un’emozione che si può imparare”, mentre Bruininks e Malle (2006) osservano che la speranza viene descritta nella letteratura scientifica perlopiù come un’emozione. Bagozzi (2000) propone di inserire la speranza nel gruppo delle emozioni legate all’attesa di un risultato, come nel caso della paura e dell’ansia.
Altri autori hanno fatto notare che la speranza somiglia moltissimo all’amore e alla rabbia: è infatti difficile da controllare, può influenzare lo stile del pensiero, può portare un individuo ad agire in modo insolito e non razionale, può motivare un comportamento (Averill et al., 1990). Nunn (1996) considera la speranza come “una tendenza generale, percepita in modo positivo, a costruire e rispondere al futuro”, mentre per Pieper (1994) la speranza è un’emozione che si verifica quando ciò che ci si aspetta ha valenza positiva e risponde a ciò che si desidera.
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Secondo Shimanoff (1984) la speranza è una delle emozioni più frequentemente menzionate nelle conversazioni di tutti i giorni: le persone infatti sperano tutte nel raggiungimento di un bene o nell’evitamento di un male: si può sperare tanto di vincere la lotteria, quanto di non aver contratto una malattia incurabile.
Belk et al. (1997) studiando i desideri dei consumatori definiscono la speranza “un’esperienza emotiva intensamente positiva, ricca di fantasie e sogni, piuttosto che un’esperienza capace di coinvolgere un giudizio motivato”: qualcosa, insomma, che ha più a che fare con l’irrazionale che con il razionale..
Del resto, condizione tipica della speranza è la percezione di una mancanza, così come un senso di perdita di qualcosa. Perché si partecipa ad una lotteria o si gioca al lotto? Chiaramente perché si ha la speranza di vincere, per essere più ricchi e soprattutto meno poveri.Le ricerche confermano questo dato: giocano alle lotterie le persone con i mezzi finanziari più limitati (Clotfelter e Cook, 1989) e dunque sono loro che “sperano” di più.
Walter La Gatta
psicologo psicoterapeuta sessuologo
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La speranza permette di guardare al futuro in quanto si concentra su azioni e risultati che devono ancora essere realizzati (Lazarus, 1991, Smith et al., 1993). Quando diciamo che speriamo di riuscire a smettere di fumare, ciò significa che il risultato non si è ancora realizzato nel presente. In questo senso la speranza fa riferimento contemporaneamente al passato, al presente e al futuro.
Gli esiti di una speranza sono assolutamente incerti (Lazarus, 1991, Smith et al., 1993, Roseman 1991, Frijda et al., 1989), per cui si può dire che l’incertezza, nella speranza, è un elemento assolutamente centrale. Anche di fronte ad un livello massimo di incertezza tuttavia la speranza può rimanere comunque elevata.
Se la speranza è stata poco trattata a livello scientifico è il contrario in ambito religioso, abbinata al concetto di fede. In realtà la fede e la speranza non hanno significato simile, in quanto chi ha fede mostra di avere delle aspettative esclusivamente in delle forze superiori (ad esempio una divinità benigna), al di fuori del proprio controllo, mentre la speranza può prevedere anche l’azione umana (esempio: sperare di riuscire con le proprie forze).
Anche desiderio e speranza sono concetti che si somigliano, in quanto stati emotivi positivi, collegati ad una motivazione (Belk et al., 2003), tuttavia il desiderio può essere solo una parte della speranza.
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Lazarus scrive (1999):
“Anche se il desiderio è una caratteristica essenziale, la speranza è molto più di questo perché richiede la credenza nella possibilità di un esito favorevole”
La speranza si distingue dal desiderio anche in altri aspetti. Nel desiderio c’è una potenziale perdita di controllo (Belk et al., 2003), che la speranza non fa mai presagire. I desideri inoltre tendono ad essere tangibili, concreti, oltre che coinvolgenti ed ossessivi (Belk et al., 2003), mentre la speranza non è mai così coinvolgente ed oppressiva.
Infine, il desiderio può implicare anche delle componenti spiacevoli, come il cedere ad un desiderio proibito (ad esempio, mangiare, fare sesso extraconiugale) che può portare ad esiti avversi (es. aumento di peso, divorzio, perdita del lavoro) (Belk et al., 2003), mentre la speranza è in genere più in linea con i valori sociali e morali (ad esempio, la speranza che i rifugiati ricevano aiuti umanitari) ed ha meno probabilità di avere una componente avversiva (Averill et al., 1990), anche se all’invidioso può capitare di sperare la cattiva sorte della persona invidiata e dunque non sempre questa osservazione si rivela giusta.
Come la nostalgia e la gioia, la speranza è una emozione positiva, connessa al raggiungimento di un risultato, ma si differenzia da queste emozioni per un aspetto temporale: se l’oggetto della speranza viene raggiunto, la speranza muore e si comincia a provare un’emozione del tutto nuova, che è la gioia. Quando la gioia passa e ci rimangono solo i ricordi di un tempo gioioso, sentiamo la nostalgia. Ecco allora che speranza, gioia e nostalgia possono essere tra loro fortemente collegate.
Il filosofo Borgna fa osservare che, paradossalmente, anche nel suicida la speranza non è mai del tutto estinta, perché non si potrebbe compiere quel gesto se la morte non fosse vista come la sola ragione di vita, dopo che le altre speranze sono state disilluse.
In ambito psicologico la speranza rappresenta uno straordinario strumento per arginare le psicosi nelle sue declinazioni peggiori (cronicizzazione, rottura dei rapporti sociali, perdita del controllo dell’aggressività): se cade la speranza, qualsiasi progetto di vita rischia il fallimento.
La speranza è inoltre fondamentale durante una psicoterapia, perché permette al paziente di avere un atteggiamento ottimista e pieno di speranza e di fiducia nel futuro, anche se nel presente questo può apparire incerto.
La psicoterapia darà dei risultati solo nella misura in cui riuscirà a convincere il paziente-cliente che il cambiamento è possibile, cosa che di per sé genera speranza.
Ciò che motiva il paziente a rivolgersi ad un terapeuta è ancora la speranza: la speranza di poter risolvere la propria sofferenza.
Se lasciamo cadere la speranza di poter trovare ciò che desideriamo o ciò di cui abbiamo bisogno, perdiamo la forza di reagire alle situazioni avverse e alla realizzazione dei propri bisogni fondamentali. Ecco perché non dobbiamo mai rinunciare alla speranza, ma senza cullarci troppo nelle sue consolazioni: dobbiamo fare il possibile perché ciò che speriamo diventi realtà.
Dr. Walter La Gatta
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Immagine:
Evelyn De Morgan, via Wikimedia Commons
Dr. Giuliana Proietti Psicoterapeuta Sessuologa Tel. 347 0375949
Dr. Walter La Gatta Psicoterapeuta Sessuologo Tel. 348 3314908
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Dr. Walter La Gatta, psicoterapeuta sessuologo.
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