Timidezza e Ansia sociale in Nuova Zelanda

L’ansia sociale è un disturbo che affligge uno su venti neo-zelandesi. Chi ne soffre, non mangia di fronte ad altre persone perché teme di sporcarsi col cibo, non usa il computer davanti agli altri perché pensa di essere criticato, considera il parlare in pubblico come un incubo.

I ricercatori della Christchurch School of Medicine descrivono questa sintomatologia come la paura di essere giudicati, con l’aspettativa di ricevere un giudizio negativo ed umiliante. Il mese scorso è partito uno studio da 100.000 $ che spera di dare validità ad un programma computerizzato di auto-aiuto. Un progetto separato, di 75.000 $ sta cercando di capire come una persona che soffre di ansia sociale percepisce le persone intorno a sé, in modo da utilizzare queste informazioni per creare un programma di trattamento.

I risultati si aspettano per la fine dell’anno.

Il novantacinque per cento dei casi di ansia sociale iniziano prima dei venti anni. Normalmente ci vogliono 15 anni prima che una persona decida di farsi curare. Del resto i timidi non stanno sulle prime pagine dei giornali, non sono pericolosi per la comunità e dunque la società si occupa molto di loro.

Le sofferenze ed i disagi devono dunque essere opportunamente nascosti dagli interessati, evitando le situazioni in cui il disturbo si manifesta nella sua forma più evidente e dolorosa. Ma perché soffrire se il rimedio c’è? Il miglior trattamento consiste nella terapia cognitivo-comportamentale, ma il problema è che non ci sono abbastanza psicologi in Nuova Zelanda.
Ad esempio nella unità sanitaria di Christchurch c’è una lista d’attesa di otto-nove mesi.

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Per chi vive fuori dai centri abitati non resta che spendere 120 $ per seduta oppure cercare un aiuto tramite internet.
Negli adolescenti il disagio si esprime nel non voler leggere ad alta voce in classe, nel non voler prendere parte ad una squadra sportiva o ad un assemblea, perché hanno paura di essere guardati e giudicati male. Alcuni esperimenti condotti sulla fobia sociale hanno riguardato il parlare in pubblico: le persone che hanno partecipato a questi studi hanno sovrastimato ogni piccolo passaggio negativo nella loro prestazione.

Un altro studio condotto dalla Christchurch School of Medicine, che ha riguardato 30 pazienti, ha invitato questi ultimi a classificare le espressioni di 264 facce che apparivano su uno schermo per un secondo. Dovevano dire se erano felici, tristi, arrabbiati, disgustati ecc. Le immagini erano state ritoccate per rendere quasi neutrale qualsiasi espressione. Ci si attendeva che le persone con fobia sociale tendessero a vedere più delle altre delle facce ‘arrabbiate’ I risultati saranno pronti fra qualche settimana.

Fonte: Stuff

Dr. Giuliana Proietti
Clinica della Timidezza

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