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LA RICERCA DELLA FELICITA’ Convegno

La ricerca della felicità

LA RICERCA DELLA FELICITA’ Convegno Ancona 20 Ottobre 2012

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Dr. Giuliana Proietti
Psicoterapeuta Sessuologa Tel. 347 0375949
Dr. Walter La Gatta
Psicoterapeuta Sessuologo  Tel. 348 3314908

Ancona, Civitanova Marche, Fabriano,  Terni, 
ONLINE su tutte le piattaforme 

La ricerca della Felicità – Ringraziamento

Il nostro VI Convegno (La ricerca della felicità) si è appena concluso e vorremmo ringraziare le tante persone che, con grande generosità, hanno contribuito al buon esito di questo evento.

A cominciare dall’Amministrazione Comunale di Ancona, che ci ha concesso la sala, ed il Sindaco Fiorello Gramillano, che ha salutato il pubblico e dato ufficialmente inizio ai lavori, con un bel discorso sulla felicità, perfettamente in tema con le relazioni che sono state poi presentate.

Nell’ordine hanno parlato la sociologa e poetessa Patrizia Trimboli, che ci ha condotto per mano nel magico mondo della poesia, mostrando come le anime sensibili possano trovare la felicità nelle cose del quotidiano, alla cui relazione è seguita quella dei filosofi Andrea Ferroni e Sergio Labate, i quali in una breve ma intensa sintesi del pensiero filosofico, hanno ricordato come il concetto di felicità sia cambiato nel tempo, dalla Grecia classica ai giorni nostri. Lo psicologo e sessuologo Walter La Gatta ha poi illustrato i migliori atteggiamenti che i due partner dovrebbero assumere e dedicarsi, per rendere il loro rapporto di coppia durevole e soddisfacente (felice, per entrambi!)

Il vescovo di Ancona, Monsignor Edoardo Menichelli, ha come sempre ammaliato la platea con le sue riflessioni sul tema della felicità e dell’amore (piccoli “flash”, li ha definiti),  mostrandosi poi molto disponibile a rispondere alle domande del pubblico.

Subito dopo il Vescovo abbiamo sentito le parole, non meno ricche di significato e di approfondite riflessioni, da parte del Professor Giancarlo Galeazzi, filosofo, il quale ha parlato dell’importanza della autenticità, nei suoi tre Volti.

A seguire, abbiamo intervistato la giocatrice di Beach Volley Viktoria Orsi (che sostituiva Daniela Gioria, impegnata in una tournée in Thailandia). Viktoria ci ha parlato del valore dello sport nella formazione della personalità e nella ricerca del benessere, incantando la platea con la sua semplicità e motivazione al raggiungimento degli obiettivi.

Vi è stata poi la relazione della psicoterapeuta Giuliana Proietti, che ha presentato una relazione sulla psicologia positiva, illustrando questo relativamente nuovo orientamento psicologico, con i suoi punti di forza e di debolezza e fornendo suggerimenti per migliorare il benessere personale.

L’intervento dello psicologo cognitivista e psicosomatologo Vincenzo del Piano, per la UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti) ci ha dato una visione della felicità per il laico, che in fondo non è poi così diversa da quella del cattolico, se non fosse per il fatto che il laico non prevede “il secondo tempo” e colloca la felicità su questa terra.

Infine, il ricercatore Francesco Balducci, economista, ci ha presentato una sintesi delle ricerche in materia di felicità e benessere percepito, illustrando i vantaggi dell’utilizzo di nuovi sistemi di misurazione, che possano superare i limiti del PIL (prodotto interno lordo), come ad esempio l’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW). Queste ricerche saranno importanti per indirizzare le politiche economiche del futuro.

A questo punto il Convegno si è concluso, con il ringraziamento, da parte del Dr. Walter La Gatta, per la AIRT, Associazione Italiana per la Ricerca sulla Timidezza e le Fobie Sociali, organizzatrice del Convegno.

Una particolare menzione merita senz’altro la moderatrice, Sara Sacchi, psicoterapeuta di Macerata, la quale ha condotto il Convegno con un rimarchevole stile, presentando puntualmente tutti i vari relatori, ponendo interessanti domande e tenendo desto l’interesse della platea, a cui spesso ha potuto dare la parola.

Molti ringraziamenti anche al personale di Segreteria, in particolare alla quasi-collega Janet Ricci, che hanno accolto le persone con grande cordialità.

Ringraziamo inoltre la signora Carla che gentilmente ci ha assistito per il Comune, con grande solerzia e disponibilità (non ultimo l’imprevisto sforamento nell’orario di fine dei lavori).

Grazie anche alle persone che sono state presenti al nostro Convegno e che ci seguono da anni: speriamo che abbiano trovato il Convegno stimolante e che sia stato utile, a loro come a noi, per capire meglio come si può essere felici, pur vivendo in un’epoca tanto incerta e tanto travagliata. Alla prossima e, naturalmente, Felicità!

A21
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 Abstracts

***Andrea Ferroni
Consulente Filosofico
***Sergio Labate
Docente di Filosofia Teoretica Università di MC
Definire la felicità. Un volo sopra la storia della filosofia.
1. Epoca antica
Nella Grecia antica, all’interno di una imprescindibile relazione con la propria città, la felicità è la virtù del fiorire, dell’espandersi senza sconfinare i limiti imposti dalla natura.
2. Epoca medievale
La questione della felicità diventa una questione di strategia di vita buona. Si tratta di riconoscere che uno solo è il bene cui tendere. Se dunque sono tante le vie della felicità, uno solo è il bene. Non si tratta allora di sbagliare la via della felicità, quanto di sbagliare il bene verso cui tendere.
3. Epoca moderna
La progressiva secolarizzazione della società e del pensiero consegna la terra nelle mani dell’uomo perché egli stesso ne sia il liberatore. La liberazione avviene con il sapere, in particolare con la conoscenza scientifica. Il Settecento è il punto di arrivo delle aspettative terrene di felicità. L’Ottocento vede la simultaneità della disillusione, che comincia già con il Romanticismo, e del permanere dell’ottimismo con l’Utilitarismo.
4. Epoca ipermoderna      
Non c’è né alcuna misura né alcun criterio per giustificare la felicità. Il desiderio non interdetto diventa la misura di se stesso. Essere felice vuol dire essere in relazione con ogni cosa riteniamo bene, o anche con nessuna cosa che definiamo bene (che è lo stesso). Lo stato di felicità è indifferente in relazione al proprio contenuto. Così ogni possibilità è quella giusta per essere felici. La felicità diventa un dovere prestazionale.

***Patrizia Trimboli
Sociologa, Counselor ad orientamento clinico, Poetessa

Il compito della felicità
Forse un elisir di lunga vita, come un vino forte, potrebbe regalarmi pochi attimi di felicità. Felicità? Come posso credere d’imbottigliare un vino etichettandolo Felicità? Come posso trattare con disinvoltura il male, il dolore, legittimando una sola bontà? Un umile pescatore ha posto il suo cuore nella mia mano. Allora ho sentito dentro crescere una cosa vera, che non mente e mi sente, e fa grandi gli occhi, e supera la morte del singolo. Una cosa sola, semplice, in cui trovi tutto. Quella che fa sentire la vita nel cuore, luccicare la lacrima, il pane sulla tavola.

***Walter La Gatta (AN)
Psicoterapeuta Sessuologo

Felicità di coppia e intimità

Perché le persone decidono di dare vita ad un rapporto di coppia stabile? Che benefici ne traggono? Quali sono le coppie che riescono a dare al loro rapporto una certa stabilità nel tempo? Stabilità di coppia equivale sempre a benessere? Cosa aiuta la coppia a restare unita?
Nella relazione si tenterà di dare risposte a queste ed altre domande, attraverso la citazione di diversi studi che riguardano la coppia, ma anche attraverso le considerazioni che vengono dall’esperienza clinica. La terapia di coppia è infatti un osservatorio privilegiato per comprendere i problemi di relazione fra partners nei nostri tempi, dove ci si sposa sempre meno, si divorzia sempre più spesso, attribuendo evidentemente al divorzio un valore più alto del matrimonio. E allora: quale è il segreto di una unione stabile, ma anche felice?

*** Giuliana Proietti (AN)
Psicoterapeuta, Autrice di libri di Self-help

Psicologia positiva e Scienza della Felicità

La “psicologia positiva” è un settore della psicologia relativamente nuovo, essendo nato negli ultimi anni del secolo scorso. Questa particolare area della psicologia si concentra sul benessere umano, a differenza di altri orientamenti teorici, che hanno come oggetto di studio le disfunzioni e le psicopatologie.Fondatore di questa nuova branca della psicologia è stato Martin Seligman (L’ottimismo appreso).  La psicologia positiva ha avuto un grande successo in tutto il mondo e oggi può contare, per la sua diffusione, su molte riviste scientifiche dedicate, che pubblicano ricerche esclusivamente sui temi della felicità e del benessere. Nella relazione verranno ripercorse le tappe storiche di questo nuovo orientamento, illustrate le sue teorie ed applicazioni principali, ma anche evidenziati gli aspetti critici, che destano tuttora qualche perplessità.

*** Giancarlo Galeazzi (AN)

I volti della Felicità

Dopo aver ricordato che “felicità” è di quelle parole che hanno un significato tutt’altro che univoco, in quanto non solo è esperienza personalissima, ma anche a livello teorico è intesa in modi molto diversi, quando non addirittura contraddittori, il relatore sostiene che, per evitare una reductio ad unum o una “babele semantica”, sia necessario connotare l’idea di felicità non in termini “univoci” né “equivoci”,  bensì “multivoci”, mostrando come sia lecito affermare che della felicità si può parlare in più modi e legittimamente.
Pertanto il relatore individua (ecco la struttura della relazione) anzi tutto le principali accezioni di felicità, per passare a illustrare due paradigmi della felicità: terrena e ultraterrena;  richiama poi le più significative concezioni etiche della felicità, e quindi illustra la felicità in relazione ad alcuni ambiti: dalla politica alla economia alla ecologia, e secondo alcuni approcci, affrontando alcune questioni oggi dibattute relative al diritto alla felicità, e al rapporto della felicità con la religione, la scienza e l’insegnamento; infine accenna ai fattori (favorenti e sfavorenti) della felicità, e ad alcuni suoi momenti ed elementi,  fornendo infine alcune indicazioni per distinguere la felicità autentica da quella inautentica.
Alla base della relazione c’è la convinzione (e su questa è da richiamare l’attenzione) che occorra distinguere i “volti” della felicità, ma anche le “caricature” che se ne fanno o le “maschere” che le si mettono. Così viene suggerito di individuare i volti della felicità nella  fortuna, nella fioritura e nella fiducia in riferimento a tre connotazioni, che  identificano rispettivamente la felicità-sentimento, la felicità-comportamento e la felicità-atteggiamento.
Si può anzitutto parlare della felicità in senso stretto, ossia in termini di situazione emozionale, per segnalare che la felicità può presentarsi come fortuna o grazia, cioè come momenti fortunati o momenti di grazia, per dire momenti che s’iscrivono nel kairos non semplicemente nel cronos. L’espressione momenti di fortuna o di grazia risulta efficace, perché fa comprendere che la felicità in questo caso non è qualcosa di programmabile, è piuttosto un dono, qualcosa di casuale o gratuito, che non dipende direttamente da noi e che non riusciamo a spiegare causalmente: viviamo questo tipo felicità senza riuscire a motivarla, e le motivazioni che dovessimo individuare a posteriori non servirebbero a stabilire a priori le condizioni per ripeterne l’esperienza. Questa concezione “casuale” della felicità è quella che è sottesa alla stessa etimologia delle parole eudaimonia (in greco: eu daimonia) e bonheure (in francese: bonne heure), è l’idea della felicità come “fortuna” o “buona sorte” e non necessariamente si tratta di una fortuna conseguente a concreti risultati ottenuti: può trattarsi di momenti in cui ci sentiamo fortunati senza che ci siano motivi appariscenti o segni esteriori per esserlo. La felicità, intesa come sentimento situazionale, legato o meno al  soddisfacimento di desideri, dà in ogni caso il senso della pienezza, per quanto temporanea e fugace: prima o poi capita forse a tutti, a pochi però è riservata in termini eclatanti, in ogni caso dura poco: si tratta pur sempre di momenti: momenti di fortuna o di grazia, appunto.
Oltre a questa accezione della felicità, c’è un altro significato più ampio di felicità, secondo cui la felicità va intesa come stile di vita, che consiste nel condurre un tipo di vita che predispone, seppure in modo non necessario, alla felicità come fioritura di sé: significato, questo, che si collega etimologicamente alla nozione di felicitas come prosperità, come possesso di beni: materiali ma anche spirituali, e che si può considerare come vocazione dell’uomo alla piena attuazione di sé, che peraltro non si realizza mai completamente. Siamo in presenza, allora, di una vita come ricerca, anche se la ricerca è diversamente indirizzata: al  piacere o all’utile o al bene o alla giustizia o alla contemplazione o al dovere o all’altruismo o alla compassione, ecc. e la felicità si fa consistere nel cercare e nel raggiungere queste diverse finalità, cui si perviene esercitando la ragione o il sentimento, e quindi comportano un impegno personale; la felicità allora è un compito, cui dedicarsi seriamente e serenamente; è frutto di virtù o virtù essa stessa; in ogni caso, si conquista a caro prezzo; ecco perché bisogna diffidare della felicità a buon mercato. La soddisfazione che si accompagna a questo tipo di felicità è soddisfazione per i valori messi in campo, e vissuti in modo abituale, come comportamento identitario di ciascuno, che opera all’insegna della ragionevolezza.
A questi due significati di felicità c’è però da aggiungerne un terzo che dilata ulteriormente l’idea di felicità, e che di solito viene trascurato, mentre andrebbe ben tenuto presente, ossia la convinzione che identifica la  felicità con il nostro stato esistenziale, cioè di esseri generati e grati di vivere. Ebbene, accettare o apprezzare di vivere è già un collocarsi nell’orizzonte della felicità: la felicità di essere. Che poi si ricerchino  ulteriori motivi di felicità, non deve far dimenticare questa precondizione, tant’è che la ricerca di questi motivi non avrebbe più senso se fosse in pericolo la nostra vita, se fosse a rischio la nostra esistenza, Potremmo pertanto dire che la felicità in questo terzo significato è un atteggiamento complessivo nei confronti della vita, un atteggiamento di essenziale positività, che si traduce in un senso di contentezza diffuso, di fiducia più o meno consapevole; essa caratterizza chi vive e ha il senso della vita, così come invece l’infelicità consiste nel perdere il senso della vita, nel non avvertire il bisogno di futuro che alimenta la vita in quanto vita: sta, dunque, nell’apertura al futuro il senso di una felicità come gioia di vivere: tanto a livello di vitalità quanto a livello di vitalismo.
Questi i tre “volti” della felicità, che possono essere deformati da quelle che sono definite “caricature” e “maschere” della felicità. Si hanno caricature della felicità, quando si opera una qualche forma di “riduzionismo” nel senso che si concepisce la felicità secondo un esclusivo significato, per cui (con riferimento alle tre accezioni indicate) si fa consistere la felicità solo nell’essere fortunati ovvero solo nell’essere ricchi ovvero solo nell’essere al mondo. In questa maniera si perde la complessità della felicità e se ne misura il possesso in termini parziali. Qualcosa di analogo accade anche con le maschere della felicità, che si hanno quando si enfatizzano i tre significati della felicità, identificandoli con il successo, come brama di gratificazione, con i soldi, come accumulo di ricchezza, e con il sesso, come uso del corpo: accade così che quelli che possono essere fattori di felicità finiscano per tradirla, misconoscendo il primato della persona per cui successo, soldi e sesso invece di essere commisurati alla persona, ne diventano la misura, e quindi a causa di questo processo di radicalizzazione avviene un occultamento del senso complesso e complessivo della felicità; ecco perché bisogna smascherare queste facili quanto indebite identificazioni, e rispettare la felicità nella sua dimensione che, per quanto la si voglia articolare e specificare, rimane pur sempre elusiva.
Leggi la relazione completa qui.

***Vincenzo Del Piano (AN)
Psicologo Cognitivista; Psicosomatologo; UAAR – Unione Atei Agnostici Razionalisti

La felicità senza Dei
Il concetto di divinità è estraneo al pensiero ateo; l’ateo ritiene che se si può essere felici, lo si sia necessariamente senza dèi.
D’altra parte, l’ateo non nega che l’idea di una divinità benevola aiuti a superare ansie esistenziali; tuttavia, l’ateo sperimenta che stati d’animo altrettanto positivi si producono in lui basandosi su dati razionali, applicando il metodo scientifico guidato da prudente auto-verifica.
Sul piano individuale l’ateo pratica l’Etica Laica che afferma il diritto di tutti gli uomini alla realizzazione di sè, nel rispetto reciproco. L’ateo ha fiducia che la Scienza possa eliminare progressivamente gli ostacoli allo sviluppo armonioso della soggettività di ciascuno e individua in questo miglioramento la felicità possibile all’Uomo.

***Francesco Balducci
Università Politecnica delle Marche (Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali)

La misurazione del benessere oltre il Prodotto Interno Lordo
Definire il concetto di benessere non è semplice; il problema coinvolge vari ambiti e può essere affrontato da numerosi punti di vista, aprendo questioni di carattere etico o spirituale, filosofico, psicologico o economico.  Se è molto complesso offrire una definizione di benessere che sia oggettiva e univoca, realizzare delle misurazioni statistiche con le stesse caratteristiche rappresenta un obiettivo ancor più arduo.  Nonostante ciò, dal momento che ogni scelta politica o sociale dovrebbe mirare proprio al miglioramento del benessere degli individui e della collettività, è necessario dotarsi di strumenti adeguati.
Recentemente, i temi della misurazione del benessere e della sostenibilità hanno trovato nuovi e importanti sviluppi, sia nell’attenzione dell’opinione pubblica che all’interno del dibattito scientifico. Alla ormai celebre Commission on the Measurement of Economic Performance and social Progress (Stigliz, Sen, Fitoussi, 2009) hanno fatto seguito numerose iniziative proposte dalle principali istituzioni internazionali (Nazioni Unite, Unione Europea, OECD, Eurostat ecc.), con l’intento di rivedere i tradizionali sistemi di misurazione, muovendo l’attenzione dal valore della produzione economica a quello dell’effettivo benessere degli individui.
In questo contesto è emerso un rinnovato consenso sui limiti del Prodotto Interno Lordo (PIL) come misura del benessere, e numerose raccomandazioni invitano ad estendere le misurazioni ad altre dimensioni, in particolare quelle ambientali e sociali.
Fra i numerosi indicatori di benessere alternativi presenti nella letteratura scientifica, l’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW), proposto da Cobb e Daly (1989), coniuga egregiamente le dimensioni economica, ambientale e sociale in un singolo indicatore correttivo ed estensivo del PIL, che riesce a cogliere in maniera più adeguata la complessità del concetto di benessere.
Leggi la relazione completa qui.

RELAZIONI PRESENTATE

Dr. Giuliana Proietti (psicoterapeuta)
La psicologia positiva e la scienza della felicità
Ancona 20 ottobre 2012

Secondo gli psicologi umanisti (Maslow, Rogers, ecc.), l’essere umano tende a un fine e si evolve tramite l’esperienza. Gli psicologi «umanisti» ritenevano che la principale spinta presente nell’essere umano fosse il bisogno di crescita personale, di auto-affermazione, di auto-stima. Detto nelle parole di Maslow: “Un musicista deve fare musica, un artista deve dipingere, un poeta deve scrivere, se vuole essere in pace con sé stesso. Ciò che un uomo può essere, deve essere. Deve essere fedele alla propria natura. Questa necessità si può chiamare l’auto-realizzazione”.

La psicologia positiva, ispirata alla psicologia umanistica, si propone di studiare ciò che rende felici le persone, le caratteristiche di una personalità positiva, ciò che rende la vita degna di essere vissuta. (Seligman & Csikszentmihalyi, 2000).

Leggi anche:  Attacchi di panico: quale terapia?

La psicologia positiva si propone di elaborare una visione della «buona vita» basata su evidenze empiriche, ma capace di essere compresa anche fuori dell’ambito accademico (dalla così detta “psicologia popolare”, cioè articoli sui giornali, libri di auto-aiuto, ecc.)
Secondo questa corrente psicologica, tutti possiedono capacità di decisione, sono in grado di assumersi rischi e responsabilità e possono diventare promotori della propria (Seligman, 1992)

Uno degli aspetti centrali della psicologia positiva è lo studio delle emozioni positive, in quanto aiutano la mente ad ampliare le risorse intellettuali, fisiche e sociali, per farci  divenire più tolleranti e creativi.

Rassegna di studi di psicologia positiva
– Erik Giltay (2004) in Olanda ha seguito 999 donne e uomini anziani per 10 anni, scoprendo che le persone più ottimiste soffrivano di infarto molto meno dei pessimisti.
– L’ottimismo nelle donne riduce il rischio di cancro al seno del 25%. Studio condotto su 622 donne, di età compresa fra 25 e 45 anni. Le ottimiste hanno avuto il 25% di probabilità in meno di ammalarsi di cancro al seno. 2 o più eventi traumatici hanno aumentato il rischio di contrarre il cancro al seno del 62%.
– Le persone più ottimiste hanno rapporti di coppia più felici (hanno più amici, si impegnano di più nel matrimonio, sono più attraenti ecc.)

Indicazioni della psicologia positiva, in base agli studi compiuti: La felicità autentica deve essere cercata, secondo Seligman, nel:
-Piacere: Fare una vita piacevole.
-Significato: Cercare i significati della propria vita
-Impegno: mantenersi impegnati. (es. Migliorando le proprie abilità, fare un lavoro interessante, aiutare gli altri)

E’ importante sviluppare il godimento per le cose comuni della vita, come la prima colazione o guardare un tramonto.
– Il potere delle tre P: Photos, Plants, Pets. Per trovare la serenità occuparsi di foto, piante e animali domestici.

Riflessioni critiche sulla psicologia positiva

Le qualità positive studiate dalla psicologia positiva, ovvero: capacità di amare gli altri, coraggio, abilità interpersonali, sensibilità estetica, perseveranza, perdono, originalità, apertura mentale, spiritualità, talento saggezza, ecc. Sono sempre positive? O dipende dal contesto? L’ottimismo, ad esempio, è sempre positivo?

L’ottimismo e le aspettative per i risultati desiderabili sono stati associati positivamente con il benessere individuale in numerosi studi, ma vi sono studi che indicano il contrario.
Gibson e Sanbonmatsu (2004), per esempio, in tre studi hanno dimostrato che gli ottimisti , anche dopo hanno minori probabilità di liberarsi dalla dipendenza del gioco d’azzardo aver subito delle perdite.
Nel rapporto di coppia i suggerimenti dati da numerose ricerche di psicologia positiva, come:
– attribuire i comportamenti negativi del partner a cause esterne piuttosto che a cause interne; (Bradbury & Fincham, 1990),
-essere ottimisti circa le future interazioni con il proprio partner; (McNulty e Karney, 2002),
– perdonare il partner (Fincham, Hall, & Beach, 2006),
– ricordare le esperienze positive vissute nella relazione e dimenticare quelle più negative (Karney & Coombs, 2000
– rimanere fedeli al partner (Rusbult, 1980).
possono aiutare la coppia in una condizione di normalità, ma possono essere disastrose in altri casi, come nella violenza domestica.
Inoltre, le interpretazioni ottimistiche circa il proprio comportamento negativo possono compromettere la spinta ad auto-migliorarsi.

Concludendo:
– La psicologia positiva ha aperto la strada a nuovi studi su argomenti mai trattati in precedenza (gratitudine, perdono, speranza, curiosità, riso, ecc.)
– Ha avuto il coraggio di affermare che nel mondo non c’è solo infelicità: in genere si sopravvaluta la frequenza degli eventi negativi perché il fatto negativo si ricorda meglio, in quanto viola le attese;
– Ciò che ci ha fatto capire soprattutto è che la felicità dipende in gran parte da noi e che si basa sul godimento di ciò che si ha, piuttosto che sul desiderio di ciò che non si ha.

Atti del Convegno LA RICERCA DELLA FELICITA’
Dr. Giuliana Proietti (psicoterapeuta)
La psicologia positiva e la scienza della felicità
Ancona 20 ottobre 2012

Atti del Convegno
La ricerca della Felicità
Ancona, 20 Ottobre 2012

FELICITA’ SENZA DEI
Dr. Vincenzo del Piano

All’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR) è stato chiesto di esporre come si possa essere “felici senza dèi”; in realtà, poiché il concetto di divinità è estraneo al pensiero ateo, l’Ateo ritiene che se si può essere felici, lo si sia necessariamente senza dèi. La verifica dell’esistenza di questa “incomprensione” ha proposto all’UAAR una esigenza di chiarimento proprio in relazione a una presunta “carenza” dalla quale si ritiene che egli Ateo potrebbe essere afflitto.

L’UAAR ritiene che sia buona cosa operare per l’eliminazione di quel tipo di “incomprensione” che –pur prodottasi in reciproca buona fede con i Credenti- impedisce un sereno confronto, e si augura il superamento di diffidenze basate solo su scarsa conoscenza relativamente al CHI SIA un Ateo. O relativamente a ciò che un Ateo NON E’, nonostante una sedimentazione storica che non ha alcun fondamento:

-l’Ateo NON E’ una persona che è angustiata dalla mancanza di qualcosa che -se volesse! ma non vuole!- è sempre lì a sua portata; al contrario, l’Ateo è una persona che è uscita da una condizione psicologica dolorosa di soggezione a voleri e diritti di divinità delle quali non vede traccia. Essere saputo uscirne ed esserne fuori lo rende “felice”;

– l’Ateo NON E’ una persona che “rifiuta” gli dèi, o “si batte contro” di loro: Ulisse che sfidava Poseidone alle Colonne d’Ercole, oppure Prometeo che rubava il fuoco agli dèi … erano credenti. L’Ateo sa di dover sfidare solo le eventuali correnti oceaniche contrarie e -nel caso del fuoco- di dover stare attento alle scottature. Ciò lo rende “felice”;

– l’Ateo NON E’ una persona incollerita con gli dèi per la presenza del Male nel Mondo, che “rifiuta il Padre” come ogni bimbo “rifiuta il padre” eventualmente violento o ubriacone. Né l’Ateo è persona esposta alla contraddizione tra la benevolenza di una divinità e le catastrofi naturali da Lei ipoteticamente determinate o consentite; l’Ateo sa che terremoti ed altre sciagure sono effetti di cause conosciute e (relativamente) antagonizzabili.

Sapere di non essere esposto a “la vicenda di Giobbe” (al quale la divinità rispose che Essa poteva colpirlo anche arbitrariamente) … rende l’Ateo “felice”;

– l’Ateo, d’altro canto, sa che il pensiero dell’esistenza di un ente onnipotente, bendisposto e in contatto telepatico permanente con ciascuno (e che vanifichi anche l’effetto della Morte!) è potentemente consolatoria; ma -in maniera dirimente!- non gli appare verosimile. L’Ateo è “felice” di aver saputo rinunciare a quella consolazione che gli appare illusoria, ed è “felice” di saper accogliere l’idea di essere ciò che la Scienza dice che egli è: una specie tra le tante altre che popolano questo pianeta; una specie che -a confronto con le altre, e come sostengono le Neuroscienze- si avvantaggia soprattutto di un Sistema Nervoso bio-meccanicamente più efficace; che consente persino che l’Uomo prenda coscienza di sè;

– l’Ateo NON E’ “presuntuoso” e non pratica deliri di onnipotenza; non vuole porsi al posto di una divinità: ne è prova proprio il fatto che egli accoglie serenamente la consapevolezza di finitezza e caducità dell’Uomo.

Tuttavia, l’Ateo è “felice” di saper guardare ben oltre la portata dei suoi occhi e di constatare la propria capacità di concepire l’Immenso e l’Eterno, nonostante quella sua condizione realisticamente minimale;

– l’Ateo NON E’ una persona che privilegia il suo individualismo su tutto e tutti: NON E’ una specie di “gozzovigliatore esistenziale” senza né regole, né limiti. Al contario, l’Ateo aderisce all’Etica Laica che afferma il diritto alla piena realizzazione di ciascun uomo nel rispetto reciproco, concorrendo così al miglioramento progressivo delle condizioni della Umanità intera, anziché preoccuparsi solo del proprio destino individuale: la funzione soggettiva dell’Ateo non è angustiata dentro quella della sua individualità singolare; l’Ateo sa che egli sparirà individualmente, ma che non sparirà l’Umanità; darsi da fare per quella lo rende “felice”;

– l’Ateo NON E’ avverso alle Religioni; tutte quante esse gli sono indifferenti. Quello che viene chiamato “anticlericalismo” non viene mai esercitato nei confronti del pellegrinaggio a La Mecca, o della festa del Khippur, o delle celebrazioni mariane, o delle processioni buddhiste: l’Ateo esprime perplessità se una qualunque Chiesa pretende di non pagare le Imposte sulle sue attività economiche, o se destina danaro (ricevuto dallo Stato sovrano per garantirle l’esercizio del Diritto di Culto riconosciutole) per imbastire campagne illiberali nelle quali -a difesa di presunti “diritti divini”- si oppone a cessazione degli effetti civili del matrimonio, contraccezione, interruzione della gravidanza motivata da gravi ragioni, fecondazione assistita, fine-vita, unioni omosessuali, eccetera.

L’Ateo NON E’ anti-religioso: è SI’ a favore del diritto dell’Uomo, e si batte a sua difesa quando quel diritto è minacciato da insussistenti “diritti divini”;

– infine … l’Ateo NON E’ una minaccia del diritto dei Credenti a credere; è evidente che -se un Dio ci fosse- non sarebbe certo la negazione da parte degli

Atei a farLo sparire; nè -d’altro canto, e se Dio non ci fosse- Lo renderebbe sussistente il fatto che i Credenti pensino che ci sia. Ciò non toglie che l’Ateo sappia di essere nominalmente egli, “senza dèi”, ma che ritenga che “senza dèi” lo siano tutti.

Dr. Vincenzo Del Piano (AN)
Psicologo Cognitivista; Psicosomatologo; UAAR – Unione Atei Agnostici Razionalisti

Atti del Convegno
LA RICERCA DELLA FELICITA’
Ancona 20 Ottobre 2012
Dr. Walter La Gatta (psicoterapeuta/sessuologo)
Felicità di coppia e intimità

Le persone decidono di mettersi in coppia per soddisfare importanti bisogni: psicologici, sociali, sessuali, materiali.
La ricerca ha dimostrato che le persone sposate risultano più felici e soddisfatte della loro vita. Gli sposati infatti:
– hanno migliore salute,
– corrono meno rischi,
– hanno maggiore sicurezza economica

Cosa rende “soddisfacente” un rapporto di coppia?
*Capacità di risolvere i conflitti
*Supporto emotivo fra i partners
*Reti sociali di supporto

Malgrado l’insoddisfazione, molte coppie decidono di restare insieme perché:
– ritengono di non avere alternative,
– pensano che la separazione porti più danni che benefici.

I conflitti in una coppia sono inevitabili: è il modo di affrontarli che fa la differenza. Se i conflitti non vengono affrontati, si può arrivare alla rottura.

Modi sbagliati di litigare:

  • Attaccare la persona nei suoi aspetti caratteriali e non nei comportamenti.
  • Mostrare disprezzo:insultare, prendere in giro, offendere.
  • Stare sulla difensiva: negare le proprie responsabilità, inventare scuse.
  • Rifiutare la discussione: non rispondere, mostrarsi dinteressati.
  • Modo di spendere i  soldi
  • Questioni relative alle famiglie di origine
  • Figli
  • Fedeltà
  • Lavoro domestico
  • Rapporti sessuali

Le coppie hanno maggiori possibilità di restare unite per i primi sette anni se hanno figli. Negli anni successivi c’è poca differenza.Il 40%-70% delle coppie hanno difficoltà durante il primo anno di vita del bambino (mancanza di riposo, marito ignorato). Le coppie con figli hanno minori momenti di intimità. Le madri tendono a svolgere maggiore lavoro domestico, anche quando lavorano full time. I figli amplificano sia i punti di forza che le debolezze della coppia.

L’incapacità di comunicare dei due partners è legata ad una minore soddisfazione nella relazione e può determinare la separazione dei partners. *Stanley and Markman (2002)

In campo sessuale i due partners possono avere esigenze diverse: bisogni relativi a frequenza, abitudini, aspettative. La soddisfazione di coppia aumenta se entrambi i partner pensano di avere una vita sessuale soddisfacente.

Differenti aspetti della sessualità*Gli uomini e le donne si focalizzano su differenti aspetti della sessualità:
*Donne: intimità sessuale;
*Uomini: soddisfazione sessuale,

In ogni caso sia gli uomini che le donne vedono nella sessualità una sorta di barometro della coppia.

La frequenza dei rapporti diminuisce con gli anni. Cosa sostituisce il sesso:
*Affetto
*Tenerezza
*Compagnia
*Vicinanza fisica

Perché le coppie si lasciano:

*Non conoscevano veramente la persona;
*Avevano aspettative irrealistiche;
*Cercavano qualità sbagliate nel partner;
*Avevano confuso il sesso con l’amore;
*Gravidanza inattesa che ha precipitato gli eventi*
Ecc.

Modi sbagliati di mettersi in relazione:

– Essere eccessivamente critici nei confronti dell’altro

– Stare sempre sulla difensiva

– Mostrare disprezzo

– Mostrare dei comportamenti di ritiro psicologico o ostruzionistici

Punti di forza di una coppia felice:

*Capacità di comunicazione
*Vicinanza affettiva
*Flessibilità
*Influenze positive delle famiglie e degli amici
*Capacità di gestire il denaro comune
*Accordo sui temi relativi alla morale e alla religione
*Scelta delle attività piacevoli
*Qualità della relazione sessuale*Punti di forza delle coppie felici
*Capacità di affrontare e risolvere i problemi
*Attenzione verso l’altro
*Continuare a ridere insieme

Atti del Convegno
LA RICERCA DELLA FELICITA’
Ancona 20 Ottobre 2012
Dr. Walter La Gatta (psicoterapeuta/sessuologo)
Felicità di coppia e intimità

***Andrea Ferroni
Consulente Filosofico
***Sergio Labate
Docente di Filosofia Teoretica Università di MC

Definire la felicità. Un volo sopra la storia della filosofia.
1. Epoca antica
Nella Grecia antica, all’interno di una imprescindibile relazione con la propria città, la felicità è la virtù del fiorire, dell’espandersi senza sconfinare i limiti imposti dalla natura.
2. Epoca medievale
La questione della felicità diventa una questione di strategia di vita buona. Si tratta di riconoscere che uno solo è il bene cui tendere. Se dunque sono tante le vie della felicità, uno solo è il bene. Non si tratta allora di sbagliare la via della felicità, quanto di sbagliare il bene verso cui tendere.
3. Epoca moderna
La progressiva secolarizzazione della società e del pensiero consegna la terra nelle mani dell’uomo perché egli stesso ne sia il liberatore. La liberazione avviene con il sapere, in particolare con la conoscenza scientifica. Il Settecento è il punto di arrivo delle aspettative terrene di felicità. L’Ottocento vede la simultaneità della disillusione, che comincia già con il Romanticismo, e del permanere dell’ottimismo con l’Utilitarismo.
4. Epoca ipermoderna      
Non c’è né alcuna misura né alcun criterio per giustificare la felicità. Il desiderio non interdetto diventa la misura di se stesso. Essere felice vuol dire essere in relazione con ogni cosa riteniamo bene, o anche con nessuna cosa che definiamo bene (che è lo stesso). Lo stato di felicità è indifferente in relazione al proprio contenuto. Così ogni possibilità è quella giusta per essere felici. La felicità diventa un dovere prestazionale.

Comunicato Stampa

COMUNICATO STAMPA

AD ANCONA SI PARLA DI FELICITA’

Ancona, 4 Ottobre 2012. L’associazione scientifica no profit AIRT (Associazione Italiana Ricerca sulla Timidezza e le Fobie Sociali, sito www.airt.eu), ha organizzato il suo sesto Convegno, dal titolo LA RICERCA DELLA FELICITA’, che si terrà sabato 20 Ottobre 2012, presso il Comune di Ancona, Sala Consiliare, dalle ore 13.30 alle ore 18.00, ingresso libero.

“La società Airt è collegata all’attività del sito www.clinicadellatimidezza.it, un portale dedicato allo studio e alla consulenza per problemi di timidezza, ansia e fobie sociali”, ha affermato il Dr. Walter La Gatta, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione, “Occupandoci di questi argomenti, non potevamo non pensare all’attualissimo tema della felicità. Le persone oggi sono particolarmente sensibili a questi argomenti, vista la crisi economica, politica e sociale in cui le nostre civiltà occidentali sono precipitate, mentre ci si sta sempre più rendendo conto che non possono essere il PIL e i mercati gli obiettivi ed i mezzi per raggiungere un migliore benessere”.

Fa pensare che, proprio in questi giorni, l’Happy Planet Index, redatto dalla londinese New Economics Foundation (NEF) che prende in considerazione tre fattori, per decidere della felicità di un Paese: felicità individuale, speranza di vita e sostenibilità ambientale, abbia definito Paese più felice del mondo niente meno che il Costa Rica, collocando gli Stati Uniti al 105° posto e la Danimarca al 110°).

Anche il mondo della psicologia è molto attivo in questo periodo ed in tutte le università del mondo si fanno ricerche empiriche sui modi di perseguire uno stile di vita sano e felice. Basti pensare che qualche anno fa il corso di psicologia positiva sui temi della felicità è risultato il più affollato, da parte di giovani, che cercano consigli e illuminazioni su come essere più felici, dando maggiore significato alla propria vita”, ha aggiunto la Dr.ssa Giuliana Proietti, psicoterapeuta e vice presidente della Associazione Airt.

Al Convegno sono stati invitati a partecipare il vescovo di Ancona, Edoardo Menichelli, che parlerà della “Felicità oltre la vita”, ma non sono stati trascurati altri importanti aspetti della felicità, come ad esempio quelli filosofici, con il Professor Giancarlo Galeazzi (“I volti della Felicità”) e dei filosofi A. Ferroni e S. Labate, che definiranno la Felicità in apertura di Convegno. La sociologa Patrizia Trimboli , che è anche poetessa, spiegherà quale è “il compito della felicità”, mentre l’economista F. Balducci spiegherà come si misura il benessere, al di là del PIL. A V. Del Piano , psicologo cognitivista e psicosomatologo, esponente dell’Associazione UAAR, unione atei agnostici razionalistici, è stato affidato il controverso, ma sicuramente interessante tema della “felicità senza Dei”.Al Convegno sarà presente anche Daniela Gioria, della squadra Nazionale Italiana di Beach Volley, che parlerà della felicità nello sport ad alto livello. Per la Airt parleranno la Dr.ssa Giuliana Proietti (La psicologia positiva e la scienza della Felicità) mentre al Dr. Walter La Gatta toccherà il tema della felicità nel rapporto di coppia (affettività e sessualità).

La prenotazione al Convegno non è obbligatoria, ma è gradita per motivi organizzativi (scrivere a redazione@clinicadellatimidezza.it per indicare il numero delle persone partecipanti ed i relativi nomi, nel caso si desiderasse ricevere l’attestato di partecipazione).

L’ingresso è libero.

Materiale del Convegno

Citazione nella trasmissione Radio Rai Benfatto

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