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Come si cura la timidezza

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La timidezza è una caratteristica comportamentale che può variare da un lieve imbarazzo in situazioni sociali a una forte ansia sociale. Comprendere come affrontare e curare la timidezza può essere utile per migliorare la qualità della vita di chi ne soffre. Diversi approcci terapeutici sono stati studiati per aiutare le persone a superare la timidezza. Di seguito vengono esposti i principali approcci per la cura della timidezza.

  1. Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) La TCC è uno degli approcci più studiati e utilizzati per trattare la timidezza e l’ansia sociale. Essa si concentra sul modificare i pensieri negativi e irrazionali che alimentano la timidezza. Attraverso tecniche come la ristrutturazione cognitiva, l’esposizione graduale e l’addestramento delle abilità sociali, le persone possono imparare a gestire meglio le loro reazioni emotive nelle situazioni sociali.
  2. Training sulle Abilità Sociali Questo approccio aiuta a migliorare le competenze interpersonali attraverso esercizi pratici. Le persone timide possono beneficiare di role-playing, esercizi di comunicazione e tecniche di risoluzione dei problemi per diventare più sicure di sé nelle interazioni sociali. In questi contesti si apprendono delle semplici abilità sociali, che in genere si tende a dare per scontate: ad esempio come iniziare una conversazione con uno sconosciuto. Il confronto con altre persone o attraverso dei video permette di avere degli utili “feedback”, allo scopo di migliorarsi.
  3. Mindfulness e Terapie Basate sulla Consapevolezza La mindfulness, che consiste nel focalizzarsi sul momento presente astenendosi dal giudicare, può aiutare a ridurre l’ansia sociale e la timidezza. Le terapie basate sulla consapevolezza ed altre tecniche di rilassamento, come il Training Autogeno, insegnano ai pazienti a riconoscere e accettare i loro pensieri e sentimenti, senza lasciarsi sopraffare dagli eventi avversi della vita.
  4. Farmacoterapia In alcuni casi si possono prescrivere farmaci per aiutare a gestire i sintomi dell’ansia sociale. Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono i farmaci più utilizzati per trattare l’ansia sociale severa.
  5. Interventi di Gruppo Le terapie di gruppo possono offrire un ambiente di supporto dove i partecipanti possono condividere le loro esperienze e praticare le abilità sociali in un contesto sicuro. I gruppi di sostegno e le terapie di gruppo possono essere particolarmente utili per coloro che si sentono isolati a causa della loro timidezza.
  6. Approfondire Se si è timidi e ci si vuole aiutare da soli, potrebbe essere utile leggere dei libri di auto-aiuto (se ne trovano molti in libreria) e mettere in pratica i suggerimenti.
  7. Auto-esposizione graduale Fare un elenco di tutte le situazioni difficili che si potrebbero affrontare e poi metterle in ordine crescente. Cominciare a risolvere i problemi che causano meno ansia e non passare a problemi più difficili fino a che non ci si sente sicuri di aver raggiunto la giusta competenza. Non scoraggiarsi: questo percorso è fatto di alti e bassi!

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Quale è il trattamento più efficace, fra quelli descritti?

  • Il puro autoaiuto, senza un terapeuta, può aiutare alcune persone, ma non riduce l’impatto della fobia sociale sulla propria vita. Può essere una buona scelta se la timidezza è solo una compagna fastidiosa della vita, ma non impedisce l’interazione sociale e il raggiungimento dei propri obiettivi.
  • L’auto-esposizione graduale funziona molto, ma purtroppo spesso viene abbandonata perché ci si scoraggia facilmente, e dunque se non si pratica questo metodo con costanza, perde efficacia.
  • L’uso dei farmaci è efficace sul momento, ma non risolve le situazioni a monte e dunque va considerato solo in casi estremi, in cui la sola psicoterapia non basterebbe a riportare un po’ di serenità.
  • La psicoterapia va sempre provata, perché insegna a gestire meglio le proprie emozioni.

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La musicoterapia

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La musicoterapia è una disciplina che utilizza la musica e gli elementi musicali (suono, ritmo, melodia, armonia) per promuovere il benessere fisico, emotivo, mentale e sociale delle persone. Questo approccio terapeutico è utilizzato in diversi contesti, per trattare molte patologie e migliorare la qualità della vita dei pazienti: la troviamo attualmente in ospedali, scuole, centri di riabilitazione, case di cura. Cerchiamo allora di saperne di più.

Origini e Sviluppo della Musicoterapia

L’influenza della musica sulla natura umana è riconosciuta da tempi antichissimi: in quanto linguaggio non verbale, la musica è un mezzo di comunicazione universale, riesce ad arrivare a qualsiasi persona, appartenente a qualsiasi cultura, di qualsiasi livello intellettivo ed infine consente, attraverso le emozioni che produce, di mettersi in contatto con la parte più significativa di se stessi, modificando gli stati della propria coscienza ed il tono dell’umore.

Le radici della musicoterapia risalgono, non a caso, alle antiche civiltà, quando la musica era considerata un mezzo potente per la guarigione. Tuttavia, come disciplina scientifica e clinica, la musicoterapia si è sviluppata principalmente nel XX secolo.

Durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, musicisti volontari suonavano per i veterani feriti negli ospedali, notando effetti positivi sulla loro guarigione fisica ed emotiva. Questo ha portato alla formalizzazione della musicoterapia come professione, con la nascita di programmi di formazione e associazioni professionali.

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Definizione

La World Federation of Music Therapy (Federazione Mondiale di Musicoterapia) ha dato nel 1996 la seguente definizione: “La musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo in modo tale che questi possa meglio realizzare l’integrazione intra e interpersonale e consequenzialmente possa migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico.”

In realtà esistono molte musicoterapie, ispirate a diverse correnti, soprattutto per quanto riguarda la formazione dell’operatore e le metodologie di intervento.

Principi e Tecniche della Musicoterapia

La musicoterapia si basa su vari principi psicologici, neurologici e sociali. Alcuni dei principi fondamentali che la riguardano sono:

  • Risonanza: La musica può risuonare con le emozioni e le esperienze personali di un individuo, facilitando l’espressione e l’elaborazione di sentimenti difficili da verbalizzare.
  • Sincronizzazione: Il ritmo musicale può aiutare a sincronizzare i movimenti fisici, utile in contesti di riabilitazione motoria e coordinazione.
  • Attivazione Neurologica: La musica attiva diverse aree del cervello simultaneamente, supportando funzioni cognitive, emotive e motorie.

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Le Tecniche

Tutte le tecniche di musicoterapia hanno l’obiettivo della riabilitazione del paziente/utente; gli aspetti principali che le differenziano riguardano invece la maggiore importanza che viene data:

  • alla musica nei confronti della terapia o viceversa
  • alle tecniche RECETTIVE (ascolto) su quelle ATTIVE o viceversa.

Le tecniche di musicoterapia possono variare ampiamente a seconda degli obiettivi terapeutici e delle esigenze del paziente. Alcune delle tecniche più comuni includono:

Ascolto Guidato: Utilizzo di brani musicali selezionati per evocare risposte emotive specifiche e facilitare la riflessione e la discussione.
Improvvisazione: Creazione spontanea di musica per esprimere sentimenti e pensieri in modo non verbale.
Composizione: Scrittura di canzoni o pezzi musicali per esplorare esperienze personali e costruire nuove narrazioni.
Movimento a Tempo di Musica: Utilizzo del movimento e della danza per migliorare la coordinazione motoria e l’espressione corporea.

Dopo aver valutato le esigenze di ciascun paziente, il musicoterapeuta fornisce il trattamento più indicato, che può riguardare la creazione di brani musicali, il canto, l’ascolto della musica, la danza, il movimento, la libera improvvisazione. Attraverso il coinvolgimento musicale del paziente/cliente si cerca di rafforzare determinate sue abilità, in modo da trasferirle poi ad altre aree della sua vita. La musicoterapia offre anche vie di comunicazione che possono essere utili a coloro che trovano difficile esprimersi con le parole.

Walter La Gatta
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Tecniche di Rilassamento e Ipnosi


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Applicazioni della Musicoterapia

La ricerca  ha mostrato l’efficacia della musicoterapia in molti ambiti, come quello educativo, preventivo o riabilitativo, terapeutico e formativo. In genere la musica aumenta la motivazione dei pazienti / clienti e li rende più partecipi al trattamento, fornendo una via privilegiata per l’espressione dei loro sentimenti.

La musicoterapia in ambito clinico viene in particolare applicata in queste aree:

  • Salute Mentale: È utilizzata per trattare depressione, ansia, PTSD (disturbo da stress post-traumatico) e altre condizioni psicologiche. La musica può facilitare l’espressione emotiva, ridurre lo stress e migliorare l’umore.
  • Riabilitazione Fisica: In contesti di riabilitazione, la musicoterapia aiuta a migliorare la coordinazione motoria, la forza e la resistenza attraverso esercizi ritmici.
  • Educazione Speciale: È efficace per i bambini con bisogni speciali, inclusi autismo e disturbi dell’apprendimento, migliorando le abilità comunicative e sociali.
  • Cure Palliative: Nei contesti di fine vita, la musicoterapia offre comfort, allevia il dolore e supporta l’elaborazione del lutto per i pazienti e le loro famiglie.
  • Neuroscienze: La ricerca ha dimostrato che la musicoterapia può avere effetti benefici sulle funzioni cognitive nei pazienti con demenza, Alzheimer e altre condizioni neurologiche.

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Caratteristiche del musicoterapeuta

Il musicoterapeuta deve possedere doti di comunicazione, sensibilità, creatività, capacità di rapportarsi con gli altri. Il suo lavoro principale consiste nello stabilire, attraverso la musica, un’interazione terapeutica con il paziente, in modo da realizzare i cambiamenti desiderati nel suo comportamento, nel suo equilibrio psicofisico e nel suo migliore inserimento sociale.

Efficacia e Ricerca

Numerosi studi hanno documentato l’efficacia della musicoterapia. Ad esempio, la ricerca ha mostrato che può ridurre l’ansia preoperatoria, migliorare la qualità del sonno nei pazienti ospedalizzati e diminuire i livelli di dolore percepito. Studi neuroscientifici hanno evidenziato come la musica possa stimolare la neuroplasticità, facilitando la riabilitazione dopo lesioni cerebrali.

Musica e Psicoterapia

In ambito psicoterapeutico si usa la musica per favorire la comunicazione fra paziente e terapeuta, potenziare l’immaginazione o l’attività emotiva del paziente e quindi la verbalizzazione dei suoi vissuti; nel lavoro di gruppo si utilizza per attivare laboratori espressivi volti al recupero delle competenze sociali di pazienti psichiatrici e ad integrazione di altri progetti terapeutici.

Gli strumenti musicali

Gli strumenti più adatti ad essere usati in musicoterapia sono gli strumenti a percussione, perché consentono un contatto più incisivo con il corpo, in quanto coinvolgono il corpo di chi suona o di chi ascolta, hanno una struttura semplice e quindi sono facili da suonare, sono relativamente facili da costruire o da trovare nell’ambiente, hanno notevoli proprietà timbriche, da poter comporre anche delle melodie.

Musicoterapia in Italia

In quasi tutto il mondo la musicoterapia è riconosciuta dalle strutture governative sia come disciplina di insegnamento universitario che come professione; in Italia la musicoterapia è regolata in base alla legge 4/ 2013, è regolamentata secondo la norma UNI 11592 sulle Artiterapie.

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Il perdono come terapia

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“L’uomo che sceglie la vendetta scavi due tombe”.

(Proverbio cinese)

Il perdono, spesso considerato un atto di magnanimità e compassione, ha dimostrato di avere potenti effetti terapeutici. Negli ultimi anni, sempre più studi hanno evidenziato come il perdono possa fungere da strumento terapeutico per migliorare il benessere psicologico delle persone. Cerchiamo di saperne di più.

Subire un torto

Quando si subisce un torto si provano emozioni (ansia, dolore, tristezza, ostilità e rabbia), si coltivano pensieri (desiderio di vendetta, rancore, ecc.) e si mettono in atto dei comportamenti (evitamento del colpevole, richieste di riparazione del danno, ecc.).

A seconda del contesto e dei fattori di personalità, ci può essere aperta espressione dei sentimenti provati, oppure la rabbia può essere silenziosa e trasformarsi in risentimento.

Il risentimento produce sintomi psicopatologici?

Si. Il risentimento è spesso collegato alla psicopatologia e può essere alla base di varie patologie psichiatriche, anche se al momento non esiste una categoria diagnostica che lo preveda.  Linden [2003] ha proposto di chiamare il dolore da risentimento come “Disturbo post-traumatico da amarezza” (Post traumatic embitterment disorder) e lo ha messo a confronto con altri disturbi mentali.

Il Concetto di Perdono

Il perdono è un processo che implica l’abbandono di sentimenti negativi come la rabbia, il risentimento e il desiderio di vendetta nei confronti di chi ci ha ferito. Non si tratta di giustificare o dimenticare il torto subito, ma di liberarsi dal peso emotivo che esso comporta. Attraverso il perdono, si può trovare una pace interiore che contribuisce alla guarigione personale.

Benefici del Perdono

Numerose ricerche hanno dimostrato che il perdono ha effetti positivi su vari aspetti della salute mentale e fisica. Tra i principali benefici si possono annoverare:

  • Riduzione dello Stress. Il perdono può ridurre i livelli di stress, diminuendo la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, nel corpo.
  • Miglioramento della salute cardiaca. Studi hanno evidenziato che le persone che praticano il perdono presentano una pressione sanguigna più bassa e una salute cardiaca migliore.
  • Aumento del benessere psicologico. Il perdono è associato a livelli più bassi di depressione, ansia e sintomi di PTSD (disturbo da stress post-traumatico).
  • Miglioramento delle relazioni. Perdonare può migliorare le relazioni interpersonali, aumentando l’empatia e la comprensione reciproca.

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Quanto si usa il perdono nella pratica clinica?

Non molto. Ci sono inoltre altre barriere che limitano l’implementazione del perdono nella pratica clinica. Il perdono infatti può essere considerato anche come una debolezza del carattere e potrebbe condurre all’idea che ciò che si sta chiedendo al paziente è rinunciare al proprio diritto di chiedere giustizia. Il perdono ricevuto, d’altra parte, potrebbe incoraggiare l’autore del reato ad offendere nuovamente e a questo proposito molti ritengono che una vendetta misurata possa essere considerata il miglior modo per riprendere i rapporti.

Tecniche di Perdono Terapeutico

Per molte persone, perdonare può essere un processo difficile. Tuttavia, esistono diverse tecniche terapeutiche che possono facilitare questo percorso: come la pratica della mindfulness e della meditazione, che può aiutare a sviluppare la consapevolezza e l’accettazione, elementi cruciali per il perdono.

Anche scrivere delle lettere, che è sempre consigliabile non inviare, può essere un modo efficace per esprimere e liberare emozioni negative.

Esempio di Applicazione del Perdono Terapeutico

Un esempio notevole dell’applicazione del perdono come terapia si trova nel lavoro di Everett Worthington, psicologo e autore di numerosi studi sul perdono. Worthington ha sviluppato un modello chiamato REACH: (1) Recall the hurt, (2) Empathize with the offender, (3) give the Altruistic gift of forgiveness, (4) Commit to forgive, and (5) Hold on to the commitment to forgive even when in times of doubt.

In Italiano:(1) Ricorda il dolore, (2) Prova empatia per chi ti ha offeso, (3) Dona altruisticamente il perdono, (4) Impegnati a perdonare, e (5) Mantieni l’impegno a perdonare anche nei momenti di dubbio.

Il perdono e le scienze sociali

Le scienze sociali hanno cominciato ad interessarsi del perdono con un libro di Lewis Smede (Forgive and Forget: Healing the Hurts We Don’t Deserve), un teologo, che ha stimolato un nuovo interesse su questo argomento, citando studi empirici. Da allora, molti studi si sono interessati del perdono e sono state messe a punto delle applicazioni cliniche. Gli ultimi decenni di ricerca sul perdono hanno sicuramente contribuito a creare una maggiore consapevolezza su questo argomento.

Anche molti politici hanno parlato del perdono, come Gandhi, Martin Luther King, Jr. e Nelson Mandela. E tutti lo hanno praticato!

La Psicologia Positiva

Un ulteriore impulso è stato dato al perdono dai recenti sviluppi del movimento della psicologia positiva, dove il perdono viene riconosciuto come fattore psicologico positivo. E’ inoltre cresciuto l’interesse per la spiritualità, che tratta anch’essa molto spesso del perdono e inoltre c’è qualche riconoscimento sul fatto che il perdono possa essere una componente importante della psicoterapia. E’ stato anche studiato il ruolo della personalità  sul funzionamento del perdono, che non va inteso come una virtù o un atto morale, ma come potenziale terapeutico.

Scetticismo

L’applicazione del perdono in psicoterapia deve superare una naturale avversione degli psicologi e degli psichiatri verso ciò che appare un elemento più vicino alla spiritualità e alla fede che non alla psicologia.

Va inoltre considerato anche lo scetticismo dei pazienti nell’uso terapeutico del perdono, poiché essi hanno probabilmente aspettative di cura che riguardano farmaci o psicoterapie, piuttosto che pratiche apparentemente religiose o spirituali.

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Ipnosi e disturbi psicosomatici

Ipnosi e Disturbi psicosomatici

IPNOSI E DISTURBI PSICOSOMATICI

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Dr. Walter La Gatta

I disturbi psicosomatici rappresentano un’interessante e complessa intersezione tra mente e corpo, dove lo stress emotivo può manifestarsi sotto forma di sintomi fisici. In questo contesto, l’ipnosi emerge come un potente strumento terapeutico per affrontare e alleviare i sintomi associati a queste condizioni. Quello che segue è un approfondimento di queste tematiche.

Cosa sono i disturbi psicosomatici?

I disturbi psicosomatici sono condizioni mediche in cui i sintomi fisici sono influenzati o causati da fattori psicologici, come lo stress, l’ansia o la depressione. Questi sintomi possono manifestarsi in diverse parti del corpo, inclusi mal di testa, dolori muscolari, problemi gastrointestinali e altri disturbi fisici. Spesso, nonostante le indagini mediche, non si trovano cause organiche evidenti per tali sintomi, il che suggerisce un’origine principalmente psicologica.

Su cosa si fonda la psicosomatica?

Il suo presupposto teorico è la considerazione secondo la quale l’essere umano è una inscindibile unità psicofisica; tale principio implica che in alcune forme morbose, accanto ai fattori somatici giochino un ruolo anche i fattori psicologici.

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Quali sono le malattie psicosomatiche?

Le malattie psicosomatiche possono riguardare dolori, nausea o altri sintomi fisici, senza che però vi sia una causa fisiologica che possa essere diagnosticata. La psicosomatica è spesso chiamata in causa per problemi di stress. (Ogni persona infatti sperimenta diverse malattie psicosomatiche dovute allo stress).

La psicosomatica è una scienza ancora attuale?

Sebbene alcuni concetti siano superati, la psicosomatica è ancora uno degli indirizzi più promettenti della ricerca, attraverso la nuova branca della psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), che ha l’obiettivo di chiarire le relazioni tra funzionamento psicologico, secrezione di neurotrasmettitori a livello cerebrale, ormoni da parte del sistema endocrino e funzionamento del sistema immunitario.

Quando si dovrebbe pensare a una probabile causa psicosomatica?

Quando la causa di una patologia appare dubbia, la possibilità che sia di origine psicosomatica deve essere presa in considerazione.

Cosa è l’ipnosi?

L’ipnosi è una tecnica terapeutica che coinvolge uno stato di coscienza alterato, in cui la persona è altamente concentrata, rilassata e aperta alla suggestione. In questo stato, l’individuo diventa più ricettivo ai cambiamenti cognitivi e comportamentali, consentendo al terapeuta di esplorare e modificare i processi mentali che possono contribuire ai sintomi psicosomatici.

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Come si usa l’ipnosi sui disturbi psicosomatici?

L’ipnosi può essere utilizzata per riconfigurare le associazioni mentali che collegano lo stress emotivo ai sintomi fisici. Attraverso l’uso di suggerimenti positivi e immagini mentali, il terapeuta può aiutare il paziente a riorientare le proprie percezioni e reazioni ai fattori stressanti, riducendo così l’incidenza e l’intensità dei sintomi psicosomatici. Durante una sessione di ipnosi, il terapeuta può guidare il paziente all’esplorazione delle cause sottostanti dei sintomi psicosomatici.

Perché funziona l’ipnosi con i disturbi psicosomatici?

Perché può ridurre lo stress e l’ansia. Attraverso tecniche di rilassamento profondo e visualizzazione guidata, l’ipnosi può aiutare l’individuo a raggiungere uno stato di calma mentale e fisica, riducendo così la tensione emotiva che può contribuire ai sintomi fisici.

Perché è consigliabile ricorrere all’ipnoterapia per trattare sintomi somatici?

Perché si ottiene una diminuzione del consumo di farmaci inutili; inoltre si impara a gestire meglio la loro sintomatologia, mantenendo nel tempo i benefici conseguiti con la terapia ipnotica.

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Consapevolezza della malattia: perché è importante

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Nel panorama della sanità odierna, il coinvolgimento del paziente (Patient Engagement in inglese) e la consapevolezza della malattia rappresentano elementi cruciali per il successo delle cure e per il raggiungimento di risultati ottimali in termini di salute.

Cosa è la consapevolezza di malattia?

La consapevolezza della malattia riguarda la comprensione profonda della propria condizione medica, comprese le cause sottostanti, i fattori di rischio, le opzioni di trattamento e le implicazioni sul lungo termine della malattia.

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Perché i pazienti dovrebbero essere consapevoli della loro malattia?

Perché questo permette loro di:

  • partecipare attivamente alle decisioni riguardanti il proprio trattamento, medico o psicologico. Quando i pazienti comprendono appieno le opzioni e i potenziali rischi e benefici a loro associati, possono fare scelte più informate, che rispecchiano i propri valori e le proprie preferenze.
  • essere più motivati ​​a seguire il piano di trattamento prescritto, perché comprendono l’importanza di seguire le indicazioni del medico o del terapeuta in modo corretto, riducendo così il rischio di complicazioni e migliorando i risultati nel lungo termine.
  • comunicare più efficacemente con il medico/terapeuta. I pazienti informati e coinvolti possono porre domande pertinenti, esprimere preoccupazioni e collaborare allo sviluppo di un piano terapeutico personalizzato, che risponda alle loro esigenze specifiche.

Cosa si intende per “Patient Engagement” e perché è considerato importante?

Per Patient engagement (PE, o “coinvolgimento del paziente”, in italiano) si intende la consapevolezza della malattia da parte del paziente, che comprendere appieno la propria condizione medica e psichica ed è maggiormente proattivo nel proprio percorso di guarigione. Il PE è oggi considerato una priorità a livello mondiale, perché l’evidenza scientifica dimostra che esso migliora l’aderenza alle cure e il rispetto dei protocolli clinici da parte dei pazienti. Inoltre, la centralità, l’educazione e l’empowerment del paziente sono oggi riconosciuti come componenti chiave per migliorare la qualità e l’erogazione dei servizi sanitari.

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Perché oggi i pazienti sono maggiormente consapevoli, rispetto al passato?

Perché l’accesso alle informazioni è aumentato con il progresso della tecnologia: oggi i pazienti sono più informati, sia delle loro malattie, sia delle opzioni di cura.

Perché è importante l’aderenza del paziente al processo di trattamento?

Perché fraintendere, dimenticare o ignorare le raccomandazioni terapeutiche può esporre il paziente a rischi significativi. L’interazione con il medico/terapeuta riduce invece i rischi di non conformità, aumentando la soddisfazione del paziente e migliorando i risultati dal punto di vista sanitario.

Se si vive in coppia è utile anche il coinvolgimento del/della partner?

In genere si: i partner dei pazienti vanno incoraggiati a partecipare attivamente alle discussioni riguardanti il ​​protocollo e coinvolgendoli nelle decisioni prese.

Il discorso della consapevolezza vale anche per la malattia psichiatrica?

Si. Anche in campo psichiatrico, la conoscenza, l’aderenza alla cura, il controllo medico, permettono la ripresa di una vita normale. Una persona con problemi psichici che conosce la propria fragilità è più consapevole di dover seguire una cura per avere una buona qualità della vita, come accade per ogni tipo di malattia.

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Cosa significa il concetto di “insight” ?

Il termine “insight” è entrato nel linguaggio psichiatrico per definire il grado di consapevolezza della malattia. La consapevolezza della malattia è importante per un migliore inserimento nel mondo del lavoro, per creare relazioni e acquisire maggior stima di se stessi.

Cosa dovrebbero fare i sanitari per favorire questo percorso di consapevolezza?

  • adottare un approccio proattivo nell’istruire i pazienti sulla loro malattia. Questo può includere la fornitura di materiale informativo scritto, sessioni di consulenza individuali e risorse online affidabili che spieghino la condizione medica in modo chiaro e comprensibile.
  • incoraggiare i pazienti a essere attivamente coinvolti nel proprio processo di cura. Questo può essere fatto incoraggiandoli a porre domande, partecipare a gruppi di supporto o tenere un diario della propria salute per monitorare i sintomi e i progressi nel tempo.

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Fonte principale

Marzban S, Najafi M, Agolli A, Ashrafi E. Impact of Patient Engagement on Healthcare Quality: A Scoping Review. J Patient Exp. 2022 Sep 16;9:23743735221125439. doi: 10.1177/23743735221125439. PMID: 36134145; PMCID: PMC9483965.

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