Cosa vogliono le donne?
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Nel 2014, mentre gli esperti valutavano le implicazioni morali e mediche del primo farmaco per la libido femminile, la scrittrice e giornalista americana Katherine Rowland, autrice del libro The Pleasure Gap: American Women and the Unfinished Sexual Revolution racconta in un articolo pubblicato su The Guardian di aver deciso di saperne di più su come le donne percepiscono e sperimentano le loro passioni.
Nel corso di cinque anni Katherine ha parlato con 120 donne e decine di professionisti della salute sessuale. Ha incontrato vedove, sposi novelli, coppie monogame, cercatori di legami segreti, sottomessi e orgogliosi poliamoristi.
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Katherine ha partecipato anche a sessioni di psicoterapia, consultato sessuologi, sex coach, guru di vario genere. In cinque anni di conversazioni, l’autrice racconta di aver ascoltato frequenti variazioni su una storia che è, invece, piuttosto comune: le donne si colpevolizzavano per il loro scarso desiderio sessuale, continuando a chiedersi: “Cosa c’è di sbagliato in me?”
In effetti, le donne raccontate nel libro della Rowland si rivolgevano ai sessuologi e provavano tutti i tipi di interventi chimici, dagli antidepressivi agli integratori di testosterone alle pillole apparentemente stimolanti della libido. Le donne si colpevolizzavano ma, sottolinea l’autrice del libro, non si chiedevano se la loro mancanza di desiderio non dipendesse invece da partner goffi, superficiali, egoisti, poco istruiti, noiosi o che si mostravano con eccessiva familiarità, togliendo alla donna ogni barlume di erotismo.
In breve, la Rowland afferma che era la qualità del sesso che lasciava deluse le donne da lei intervistate e questo spiegava le loro “disfunzioni”: del resto, se una cosa non piace, o piace poco, perché desiderarla? Le esperienze femminili raccontate alla Rowland rispecchiavano ciò che i ricercatori avevano già scoperto sul cosiddetto divario dell’orgasmo, secondo il quale gli uomini sono sproporzionatamente più gratificati dal sesso rispetto alle donne. Perché? Da cosa dipende?
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Un studio del 2017 su oltre 50.000 americani ha rilevato che le lesbiche provavano l’orgasmo l’86% delle volte durante il sesso, contro il 65% delle donne eterosessuali (e il 95% degli uomini eterosessuali).I ricercatori hanno ipotizzato che le lesbiche avessero una maggiore soddisfazione sessuale a causa della familiarità anatomica con le loro partner, oppure per la durata più lunga del rapporto sessuale, il quale non necessariamente finiva con una penetrazione, da considerare l’apice delle esperienze sessuali.
Secondo un rapporto del 2010, l’80% delle donne eterosessuali finge l’orgasmo durante il rapporto vaginale, circa la metà delle volte e un altro 25% finge l’orgasmo quasi tutte le volte. La spiegazione è che le donne fingono per rispettare le aspettative, maschili e femminili, su come dovrebbe essere un rapporto sessuale, ma questa finzione le priva poi dell’esperienza fisica e psicologica del piacere.
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Quanto alla pillola del piacere femminile, nell’indagine della Rowland, se alcune donne si entusiasmavano all’idea di poter accendere il desiderio con una pillola, poche vedevano davvero il vantaggio di aumentare l’appetito sessuale, dato che le circostanze che riguardavano il sesso sarebbero rimaste invariate…
Nel 2018 un articolo negli Archives of Sexual Behavior sosteneva che “la ricerca non ha dimostrato in modo definitivo che la biologia sia tra i meccanismi principali coinvolti nell’inibizione del desiderio sessuale nelle donne”. Piuttosto che la biologia, dicevano gli autori, c’erano da indagare altri fattori, come l’immagine corporea, la soddisfazione nella vita di coppia e i valori appresi, che plasmavano le esperienze del piacere sessuale provato dalle donne.
Nel caso del Viagra e simili, si presume che gli uomini vogliano fare sesso, ma fisicamente non possono, e quindi questo supporto idraulico rappresentato dai farmaci consente loro di consumare l’atto. Ma per le donne, il problema è diverso: potrebbero essere fisicamente capaci, ma emotivamente sono poco inclini. Quali sono le ragioni della loro riluttanza?
Secondo la Rowland il tema dello scarso desiderio non deve essere visto come una questione di disinteresse sessuale, ma piuttosto il risultato di come, a causa dei condizionamenti sociali, le donne si trattengono, condannano le loro fantasie, si precludono ciò che vogliono veramente e si adattano all’idea che il sesso e l’amore debbano rispettare determinati stereotipi e aspettative, soprattutto maschili.
E’ illuminante, a questo proposito, un sondaggio americano di qualche anno fa, il quale chiedeva ad un campione di donne cosa avrebbero fatto se ogni giorno avessero avuto un’ora in più… Come l’avrebbero utilizzata?
Il risultato del sondaggio condotto dalla Ginger Consulting fu il seguente: il 14 per cento delle donne avrebbe fatto esercizio fisico, il 6 per cento avrebbe trascorso questo tempo con i propri figli, il 2 per cento lo avrebbe trascorso con i propri amici, il 12% lo avrebbe trascorso con il proprio partner, il 6% avrebbe avuto rapporti sessuali, ma il gruppo più consistente (24%) lo avrebbe trascorso semplicemente dormendo.
Il sondaggio chiedeva, inoltre, quale fosse il maggiore desiderio delle donne intervistate: anche qui, niente sesso. Il 48 per cento rispose di desiderare una bella casa, il 46 per cento di desiderare vacanze frequenti e il 28 per cento di desiderare il supporto di un nutrizionista, o di un personal chef.
La conclusione potrebbe essere che l’offerta sessuale di cui le donne dispongono è per loro davvero poco interessante per cui, anche avendo il tempo e il modo, preferiscono passare per “disfunzionali” piuttosto che dedicarsi a rapporti sessuali che spesso non danno loro alcun piacere, se non quello che spesso si trovano a fingere.
STUDIO DI PSICOLOGIA - PSICOTERAPIA - SESSUOLOGIA
Credo che gli uomini, o almeno certi uomini, leggendo questi argomenti, dovrebbero riflettere più attentamente su che cosa vogliono davvero le donne, ma soprattutto su che cosa non vogliono.
Dr. Giuliana Proietti
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