Disturbo di personalità evitante

Disturbo di personalità evitante

Saluto del Centro Italiano di Sessuologia

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Il disturbo evitante di personalità (o disturbo di personalità evitante o anche, in inglese, Avoidant personality disorder – APD) interessa quei soggetti che hanno sviluppato una vera e propria paura nei confronti delle relazioni sociali, anche quando si tratta di persone perfettamente conosciute.

Nel DSM-5 il disturbo evitante di personalità è considerato nel Cluster C (questo cluster è caratterizzato dalla frequente comorbilità con i disturbi d’ansia e dell’umore), insieme ai disturbi di personalità ‘dipendente’ e ‘ossessivo-compulsiva’.

Sono soggetti spesso isolati, che temono i contesti sociali, non per scarso interesse (come per i disturbi indicati, ad esempio, nel Cluster A, e cioè il disturbo paranoide di personalità, il disturbo schizoide di personalità o il disturbo schizotipico di personalità), ma per la presenza di vissuti di inadeguatezza, timore del giudizio e del rifiuto.

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Chi ne soffre prova:

  • inibizione sociale,
  • sentimenti di inadeguatezza,
  • sentimenti di distanza interpersonale,
  • senso cronico di non appartenenza,
  • estrema sensibilità alle valutazioni negative.

Tali componenti sono collegati tra di loro attraverso particolari circoli viziosi,  con pensieri come: “quando si accorgerà che non valgo nulla mi rifiuterà”; oppure “mi hanno invitato, ma presto si accorgeranno che io non c’entro niente con loro”.

Il disturbo comincia nella prima adolescenza ed è presente in molti contesti.

I soggetti che soffrono di questo disturbo hanno una grande paura di essere rifiutati e umiliati: per questo preferiscono evitare di coinvolgersi nelle situazioni sociali. Questo interferisce, ovviamente, con la loro vita di relazione e lavorativa, toccando anche molti altri aspetti dell’esistenza. Non a caso questi soggetti scelgono lavori che non prevedono l’interazione con gli altri.

Non si tratta di un disturbo insolito: si stima che ne soffrano il 5% delle persone ed interessa in ugual misura uomini e donne.

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La sensazione di non condividere valori, conoscenze, atteggiamenti, esperienze, ecc. che definiscono l’appartenenza al gruppo con cui si entra in relazione spesso si traduce in uno di questi atteggiamenti:

  • senso di inadeguatezza personale relativa a quel determinato contesto,
  • convinzione di essere diversi perché ci si sente migliori (soluzione di tipo narcisistico)

Questa sindrome si sviluppa a partire dall’adolescenza, ma la si può riconoscere già nella scuola elementare e perfino nella scuola materna: i bambini non giocano con i compagni, non svolgono attività extrascolastiche, non praticano sport, non risultano eccessivamente simpatici agli altri. Questa inibizione precoce del comportamento, insieme al senso di non-appartenenza sono potenziali precursori di una successiva ansia sociale nell’età adulta.

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Le persone che soffrono di questo disturbo non sono introverse, anzi, desiderano molto il contatto sociale, ma ne hanno timore e soffrono per il loro isolamento, al contrario delle personalità schizoidi o autistiche, che non desiderano rapporti sociali.

Questo disturbo, che può essere associato alla diagnosi di fobia sociale, è la punta estrema di un tratto del carattere normalmente distribuito nella popolazione, come la timidezza.

La sindrome si cura attraverso psicoterapia e/o approccio farmacologico. Il trattamento migliore tuttavia consiste nell’esposizione del soggetto e nel confronto con le situazioni temute, attraverso il supporto dato dal terapeuta nelle terapie cognitivo-comportamentali. I farmaci spesso non sono necessari, anche se in alcune situazioni può essere d’aiuto prendere qualche ansiolitico.

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Criteri diagnostici

Per poter fare una diagnosi di disturbo evitante di personalità, occorre la presenza di almeno quattro dei seguenti sintomi.

Il soggetto:

1) Evita attività lavorative che implicano un significativo contatto interpersonale
2) E’ riluttante ad entrare in contatto con persone, a meno che non sia certo di piacere
3) E’ inibito nelle relazioni intime per il timore di essere umiliato o ridicolizzato
4) Si preoccupa di essere criticato o rifiutato nelle situazioni sociali
5) E’ inibito in situazioni interpersonali nuove per sentimenti di non adeguatezza
6) Si vede come socialmente inetto, personalmente non attraente, o inferiore agli altri
7) E’ insolitamente riluttante ad assumere rischi personali, o ad ingaggiarsi in qualsiasi nuova attività, poiché questo può rivelarsi imbarazzante.

Dr. Walter La Gatta


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