Il figlio di 6 anni è timido – Consulenza online

Il figlio di 6 anni è timido – Consulenza online


Consulenza online Walter La Gatta

TERAPIE ONLINE

Buongiorno,

Sono la mamma di un bambino di sei anni e sono molto preoccupata per il suo comportamento.E’ sempre stato un bambino timido, ma ultimamente sembra peggiorato. Nell’inserimento alla scuola dell’infanzia non ci sono stati grossi problemi anche se ha avuto bisogno di tempo per ambientarsi, e’ un bambino molto orgoglioso pertanto non si e’ mai fatto vedere dagli altri a piangere anche se ne avrebbe avuto voglia.

Non voglio dilungarmi troppo, cerchero’ di spiegarle il suo comportamento nelle occasioni di incontri con gli altri.
Quando andiamo a casa di amici che hanno figli della sua eta’ ha difficolta’ ad andare a giocare con loro, devo sempre insistere molto altrimenti lui starebbe sempre incollato a me, dopo inizia a giocare e non vorrebbe piu’ andare a casa. Ma quando torniamo la volta successiva e’ sempre lo stesso il comportamento che tiene.

Se invitato a compleanni vuole andare solo accompagnato e non si stacca da me o da mio marito se non dopo tanto tempo di convincimento e solo se uno dei due (generalmente mio marito perche’ io dopo un po’ mi irrito e divento nervosa perche’ non riesco a capire un comportamento simile) inizia un gioco insieme agli altri. Invita gli amici a casa sua a giocare ma lui da loro non va anche se gli ho spiegato piu’ volte e con pazienza che come e’ contento lui quando gli altri vengono a trovarlo cosi’ sarebbero anche loro se lui andasse alla loro casa.

Non parliamo poi dello sport. Niente di niente. Ha provato karate e nuoto, e’ andato la prima lezione e poi basta pianti strazianti per convincermi a non portarlo piu’. L’ultimo avvenimento che mi ha sconcertata e’ stata la festa di carnevale che si e’ svolta all’oratorio del paese. Quindi con bambini che vede tutti i giorni all’asilo. E’ rimasto gran arte del tempo vicino a me indifferente a tutto e agli inviti dei suoi amici ad andare a giocare. Ma la cosa che mi lascia senza parole e’ che non ho deciso io di portarlo alla festa ha insistito lui e quando eravamo a casa mi ha piu’ volte chiesto di poter restare fino alla fine della festa.

Dopo inutili tentativi di farlo giocare ha deciso di tornare a casa senza tirare coriandoli, stelle filanti e via dicendo. Io mi sono arrabbiata non so se ho fatto bene pero’ gli ho detto che ero triste perche’ non capivo il suo atteggiamento e lui mi ha risposto che aveva vergogna. Di chi e di che cosa visto che come ripeto sono bambini con i quali gioca tutti i giorni all’asilo.

Le chiedo la cortesia di consigliarmi quale atteggiamento devo tenere, se e’ il caso di farlo seguire da qualcuno. Tengo a precisare che e’ figlio unico e che vive in un clima famigliare sereno. E’ molto attaccato a me ma anche a suo padre. Grazie mille.

A2

Gentilissima,

Come mai la difficoltà sociale di suo figlio, invece di farle provare l’emozione della compassione, o il bisogno di comprensione empatica dei suoi problemi, le produce invece l’emozione della rabbia?

Leggi anche:  Clinica della Timidezza su Repubblica.it

La spiegazione psicologica più ragionevole, senza conoscere né lei, né il bambino, è quella che probabilmente questi vissuti di isolamento ed inibizione di suo figlio rievochino in lei alcuni momenti della sua infanzia, il cui solo ricordo le produce ancora dolore, ansia e rabbia.

La timidezza del resto è genetica almeno per il 50%, e dunque non c’è nulla di strano se suo figlio ha ereditato una normale propensione alla timidezza, che non è, di per sé, una malattia e che, se trattata nel giusto modo, nel tempo può essere molto attenuata.

Semmai, in questa storia, appare evidente che il bambino non è sereno, nel senso che vorrebbe essere diverso, vorrebbe partecipare ai giochi di gruppo, vorrebbe godersi le feste, come gli altri, ma evidentemente non ci riesce, perché non ha ancora sviluppato gli strumenti necessari per farlo, ovvero quelle competenze sociali che si apprendono con lo stare insieme (e non con lezioni teoriche sul “bello dello stare insieme”).

Quello che a mio parere voi genitori dovreste fare è divenire parte attiva nella vita di vostro figlio, svolgendo per lui il ruolo di “facilitatori”, che consiste nell’organizzare eventi sociali confezionati su misura per lui, che non si limitino all’organizzazione del gioco o dell’evento, ma continuino poi nel supporto, nella facilitazione ed anche nella partecipazione attiva.

Piuttosto che dirgli: “vai a giocare”, meglio coinvolgersi in prima persona in qualche gioco in cui possa partecipare anche vostro figlio, per poi sfilarsi al momento opportuno, per lasciare il bambino giocare da solo con i coetanei.

Quanto alla attività sportiva, si potrebbe organizzare un piccolo gruppo di compagni di scuola, ne bastano tre o quattro, che vogliano provare un nuovo sport. Si potrebbe chiedere all’allenatore di organizzare per loro una lezione privata, di “facilitazione ed incoraggiamento allo sport”, visto che appaiono poco interessati o svogliati (meglio evitare di parlare di timidezza).

La conoscenza dei luoghi della palestra, il rapporto diretto con l’allenatore, l’aver condiviso la prima esperienza con amici che si conoscono bene, potrebbe essere di aiuto per facilitare l’inserimento successivo dei bambini nel gruppo allargato.

Le sconsiglio inoltre qualsiasi intervento psicologico sul bambino che, oltre che inutile, potrebbe essere traumatico: semmai prenderei in considerazione l’ipotesi di andare voi genitori da uno psicologo, per essere consigliati, di volta in volta, su cosa è possibile fare per aiutare vostro figlio e cosa invece evitare di fare.

Una cosa è certa: più suo figlio vivrà serenamente la sua infanzia, più forte e sicuro di sé diventerà da adulto. Questo è tutto quello che serve.
Cordiali saluti.

Dr. Walter La Gatta

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