Inibizione sociale nei bambini in età prescolare: una ricerca
Il comportamento di inibizione sociale inizia in genere durante il secondo anno di vita. Il 15 per cento dei bambini reagisce infatti alle situazioni sociali con un timore superiore al normale.
Questa particolare reazione si chiama “inibizione caratteriale” ed è una tendenza innata a sperimentare un maggior livello di paura rispetto alla media delle altre persone.
In termini più semplici, l’inibizione caratteriale potrebbe essere definita semplicemente “timidezza“. Anche se molti bambini possono sperimentare una qualche forma di timidezza, in alcuni soggetti questa condizione si verifica a livelli nettamente superiori alla media.
Bambini timidi e timorosi sono stati descritti come soggetti “lenti a scaldarsi”. Tendono infatti ad essere cauti, e preferiscono aspettare e guardare cosa accade intorno a loro. Si adattano più lentamente alle situazioni nuove rispetto ai bambini normali, ma una volta che si sentono tranquilli possono diventare anche socievoli, sicuri di sé ed anche più coraggiosi (Thomas e Scacchi 1977).
E’ stato osservato che i bambini timidi hanno meno possibilità di sviluppare le abilità sociali e per questo hanno in genere meno amici. Essi tendono ad evitare attività come lo sport, la recitazione, o il parlare in pubblico. In ogni caso non amano stare sotto i riflettori.
I bambini timidi tendono ad essere percepiti come scostanti, introversi e con scarso talento. In genere i bambini timidi tendono a diventare degli adolescenti ansiosi (Priore et al. 2000). Coplan et al. (2009) hanno scoperto che i bambini inibiti si mostrano più reticenti e ansiosi durante il gioco libero in età prescolare e partecipano meno alle attività sociali strutturate.
Sebbene non vi sia nulla di sbagliato nella timidezza in se stessa, in quanto è un aspetto della personalità, resta il fatto che la scuola, come le altre situazioni sociali, possono diventare una tortura per i bambini più inibiti e timidi. Inoltre, poiché parlare è fondamentale per l’apprendimento in aula, i bambini timidi possono essere svantaggiati dal punto di vista del rendimento scolastico (Oakley 2007).
Per tutto questo, l’inibizione sociale o la timidezza possono essere dolorose non solo per i figli, ma anche per i genitori. E’ importante però che i genitori cerchino di comprendere che l’inibizione sociale di un bambino non è detto che sia un problema, se ad esempio non influisce sul rendimento scolastico o nelle interazioni sociali.
Findlay et al. (2009) hanno scoperto che pur sapendo che la timidezza è un fattore di rischio di disagio psicosociale in età pediatrica e che la timidezza è associata con una maggiore interiorizzazione delle difficoltà e con un minore benessere, si sa ancora poco circa i meccanismi concettuali che possono essere alla base di queste associazioni.
Riportiamo qui di seguito una recente ricerca, che ha studiato la timidezza in un gruppo di bambini in età pre-scolare.
A3
Clinica della Timidezza
si occupa del benessere delle persone timide e ansiose
ANCONA FABRIANO TERNI CIVITANOVA MARCHE E ONLINE
Servizio TG5 dedicato a Clinica della Timidezza
METODOLOGIA
Campione
I partecipanti a questo studio sono stati 45 bambini (26 maschi e 19 femmine) iscritti ad un
laboratorio in età prescolare, Department of Human Development and Family Studies, College of
Home Science, CCS HAU, Hisar. A questo studio hanno partecipato anche le madri e le insegnanti dei bambini.
Strumenti
E’ stato preparato un test con 15 domande per la valutazione dell’inibizione sociale nei bambini.
Alle madri e alle insegnanti della classe è stato chiesto di riferire il tasso di frequenza dei comportamenti socialmente inibiti dei bambini, su una scala di 5 punti che va da 1 (mai) a 5 (sempre). La gamma di punteggio per l’inibizione sociale è stata considerata fra 15 a 75 punti, ovvero i punteggi minimi e massimi raggiunti. Un questionario è stato compilato anche per capire le cause dell’inibizione sociale e le strategie usate dalle madri per far fronte a questo problema.
Valutazione dell’inibizione sociale
I bambini sono stati valutati in base alla loro inibizione sociale dalle madri e dalle insegnanti. Sono state osservate correlazioni significative tra le due valutazioni (r = .56, p < .05).
Nel presente studio, la valutazione materna è stata utilizzata per classificare i bambini in diverse categorie di inibizione sociale. I bambini sono stati infatti divisi in tre categorie: sotto la media, in media e superiore alla media, sulla base dei punteggi medi e delle deviazioni standard misurati.
La maggioranza dei bambini si è collocata in una categoria media di comportamento (73,3%). Solo sei bambini (13,3%) sono stati identificati come estremamente timidi.
Differenze di genere nella inibizione sociale
Le bambine sono risultate più socialmente inibite dei maschi (21,1%). La maggioranza delle madri
(88,9%) ha affermato di ritenere che l’inibizione sociale o la timidezza siano naturali negli esseri umani. Un piccolo numero di madri (11,1%) non conosceva le cause dell’inibizione sociale.
Le madri hanno detto di utilizzare diverse strategie per far fronte all’inibizione sociale dei loro figli. L’88,9 per cento di esse incoraggia i figli a fare amicizia; l’80 per cento incoraggia i figli a parlare con gli altri; il 51,1 per cento crea situazioni sociali ed incoraggia i figli a fare nuove esperienze. Circa la metà delle madri (49,9%) ha dichiarato di utilizzare il rimprovero verbale per far fronte alla situazione, in modo che il comportamento dei figli possa divenire più appropriato. Poche madri (8,9%) hanno riferito di essere convinte che con l’età inibizione sociale svanisce da sola.
I risultati di questo studio mostrano chiaramente che la maggior parte dei bambini ha un comportamento mediamente timido.
Il 15 per cento dei soggetti (13,3% nel presente studio) potrebbero essere identificati come estremamente timidi o socialmente inibiti. Questi risultati confermano il risultato di una precedente ricerca condotta da Rubin (1993), che ha indicato un 14,4 per cento dei bambini come socialmente inibiti nella scuola materna, a 5 anni di età.
Henderson e Zimbardo hanno rilevato una prevalenza di fobia sociale nel 13,3 per cento della popolazione (che sarebbe dunque il terzo maggior disturbo psichiatrico). Le valutazioni delle madri e delle insegnanti si sono mostrare significativamente correlate, il che dimostra che la loro osservazione del comportamento socialmente inibito o timido dei bambini era simile.
Questi risultati suggeriscono dunque che la timidezza può essere facilmente osservata in casa e nei contesti educativi e per questo sia i genitori che gli insegnanti dovrebbero osservare i comportamenti di timidezza estrema o di inibizione sociale nei bambini, in modo da aiutare i bambini, sin dai primi anni. Simili risultati sono stati riportati da Arbelle et al. (2003).
I risultati del presente studio hanno inoltre dimostrato che le bambine sono più socialmente inibite e timide rispetto ai maschi. Uno dei motivi di ciò potrebbe essere, come riportato da Engfer (1993) e Stevenson-Hinde (1989), che la timidezza nelle bambine abbia maggiore probabilità di essere accettata e premiata, mentre la timidezza nei maschi abbia maggiori probabilità di essere scoraggiata.
Questa ricerca ha anche cercato di esplorare le cause sociali dell’inibizione. La maggior parte delle madri ritiene che la timidezza sia un fattore naturale, cioè biologico o legato al carattere. Infatti sappiamo che l’ereditarietà gioca un ruolo importante nella timidezza, più che in ogni altro aspetto della personalità (Daniels e Plomin 1985).
Asendorpf (1993) e Sanson et al. (1996) hanno riferito che le possibili cause della timidezza potrebbero essere genetiche, oppure dovute ad un inadeguato legame di attaccamento tra genitori e bambino, scarse abilità sociali, o ad un trattamento troppo duro, subito da genitori, fratelli, o altri. Spesso essere presi in giro o criticati può portare alla timidezza.
Per far fronte al comportamento timido dei figli, la maggioranza delle madri ha incoraggiato i figli a fare amicizia e ad interagire con gli altri. Precedenti ricerche hanno indicato che i bambini socialmente inibiti possono diventare più sicuri grazie agli sforzi dei genitori (Reznik et al. 1986).
Kagan e i suoi colleghi hanno condotto una ricerca longitudinale sui neonati apparentemente timidi e riservati alla nascita e li hanno seguiti nel tempo. Sei mesi dopo, alcuni dei bambini sembravano già avere superato la loro timidezza.
Kagan e Snidman (1991) hanno scoperto che i genitori dei bambini che avevano superato la loro timidezza avevano aiutato i loro figli a far fronte ai loro piccoli turbamenti. I genitori dei bambini rimasti timidi li hanno semplicemente consolati, incoraggiando così ulteriormente la timidezza dei figli. Un’altra strategia utilizzata da circa la metà delle mamme per affrontare l’inibizione sociale dei figli è stato il rimprovero verbale.
In uno studio, Mills e Rubin (1993) hanno scoperto che le madri di bambini socialmente inibiti attribuiscono maggiore importanza all’insegnamento diretto delle abilità sociali e hanno maggiori probabilità di scegliere delle strategie di controllo per monitorare i comportamenti di timidezza dei figli. Le madri dei bambini timidi erano più arrabbiate e deluse rispetto alle madri dei bambini con timidezza media.
Balda e colleghi hanno condotto una precedente ricerca sul temperamento dei bambini in età prescolare in India e in Australia (Balda 2001; Balda e Irving 2000, 2002). Questi autori hanno suggerito che se il bambino ha un carattere difficile, il processo di socializzazione può essere stressante e turbolento.
I genitori di questi bambini diventano ostili ai figli ed hanno difficoltà a prendersi cura di loro. Come spiegato da Thomas e Chess (1989), l’ostilità dei genitori rende più difficile l’adattamento sociale dei figli, che si sentono stressati perché non rispondono alle aspettative dei propri genitori. È probabile che questo stress getti le basi per il successivo sviluppo di un disturbo di personalità.
McClowry (2003) ha suggerito che è importante capire il carattere del bambino, in modo che i genitori possano lavorare con lui e non contro di lui; occorre rispettare l’unicità del bambino, senza cercare di voler cambiare il suo carattere di base.
Alcune madri ritenevano che con l’età inibizione sociale sarebbe diminuita. In effetti questo può essere vero: una delle spiegazioni di questo fenomeno sta nel fatto che i bambini cresciuti sono in grado di comprendere le conseguenze negative dell’inibizione sociale.
Per sviluppare le relazioni sociali e diventare parte di un gruppo di coetanei, questi ragazzi si impegnano di più per superare la timidezza. In effetti, la ricerca dimostra che qualche cambiamento si verifica con l’età, grazie alle nuove competenze e capacità acquisite (Sanson et al. 2007).
I genitori, gli insegnanti e gli educatori dovrebbero essere dunque vigili nell’osservare attentamente il comportamento dei i bambini. Una volta identificato un comportamento eccessivamente timido, dovrebbero offrire al bambino l’opportunità di esplorare una vasta gamma di situazioni sociali, incoraggiandolo a tali attività. Senza supporto, le tendenze innate al ritiro del bambino timido potrebbero infatti precludergli di vivere importanti esperienze sociali e di imparare a gestirle.
I bambini timidi dovrebbero inoltre essere incoraggiati a parlare di quello che sentono durante queste attività. Motivare i bambini a parlare in situazioni protette, in cui si sentono al sicuro, li aiuterà ad aprirsi in altre situazioni, e a capire che non c’è nulla di cui aver paura.
Questa ricerca è stata finanziata dallo State Scheme, HDFS, CCS HAU, Hisar.
Fonte:
Social Inhibition in Preschool Children: Causes and Coping Strategies Shanti Balda and Krishna Duhan, Human Development and Family Studies, College of Home Science, CCSHAU, Hisar 125004, Haryana, India (pdf)
A cura Dr. Giuliana Proietti
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