Il problema dell’abbandono scolastico

Il problema dell’abbandono scolastico (e un possibile rimedio)

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Il livello di scolarizzazione del nostro Paese si è alzato moltissimo negli ultimi anni: quasi il 35% degli italiani ha oggi una licenza di scuola media superiore e il 12% una laurea (Fonte: Annuario statistico italiano 2013), ma l’Italia si classifica comunque tra le peggiori nazioni europee per quanto riguarda il fenomeno dell’abbandono scolastico: lasciano infatti prematuramente i banchi di scuola il 17,6% di alunni (contro la media Ue del 12,7%).

L’abbandono scolastico è in genere considerato un dato molto preoccupante, perché riguarda i giovani, cioè il futuro: se i giovani lasciano prematuramente la scuola essi corrono maggiori rischi di disoccupazione, povertà ed esclusione sociale. Una persona che non ha istruzione infatti è in genere destinata per tutta la vita ad un lavoro poco qualificato, spesso precario e scarsamente remunerativo, rispetto a quello cui potrebbe aspirare, almeno potenzialmente, chi possiede un buon livello di istruzione. Peraltro, un Paese che aspira ad essere moderno e tecnologico deve poter contare sull’utilizzo di manodopera qualificata.

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Le cause che determinano l’abbandono scolastico sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con uno scarso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi. C’è anche un fattore di genere: ad abbandonare precocemente la scuola sono più i maschi che le ragazze.

Vi sono inoltre motivazioni individuali che possono spingere verso l’abbandono precoce degli studi e, fra queste, un peso notevole lo hanno i disturbi d’ansia. Il problema è abbastanza diffuso nella fascia di età compresa fra i 15 ed i 18 anni, in particolare fra coloro che hanno problemi nel socializzare, nel parlare in pubblico, in chi soffre di fobia scolastica, attacchi di panico ecc. Questi ragazzi non sono disinteressati alla cultura e all’istruzione, che anzi cercano di completare poi come autodidatti, ma semplicemente non ce la fanno a sostenere gli altissimi livelli di stress che l’ambiente scolastico procura loro. (Recentemente, per fare prevenzione in questo campo, si è mossa la Regione Lazio in collaborazione con l’Azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma).

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Oltre che il giovane però, va sostenuta anche la famiglia, perché in una casa dove non ci sono libri e i genitori ricordano con angoscia i pochi ed ormai lontani loro giorni di scuola, è davvero poco probabile che i figli possano avere un buon rendimento scolastico o un qualche minimo interesse per la cultura. La crisi degli ultimi anni, la mancanza di risorse economiche in famiglia a causa della perdita del lavoro di uno o di entrambi i genitori, contribuisce ulteriormente al fallimento scolastico di questo tipo di studenti.

Dunque, quando l’ambiente familiare non svolge, o non riesce a svolgere, il suo ruolo educativo, occorre che qualcuno se ne prenda carico. Gli esempi ci sono: come quello della Cooperativa Sociale Onlus dei Santi Pietro e Paolo, che aiuta i ragazzi delle periferie romane nei compiti del pomeriggio o quello della Comunità di sant’Egidio, che mette a disposizione delle borse di studio a sostegno delle famiglie che si impegnano per far andare i ragazzi a scuola.

 

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Ma come si può fare per motivare una famiglia, che non dà alcun credito all’istruzione, a sostenere i propri figli durante il loro percorso scolastico? Un nuovo studio, appena pubblicato, suggerisce una modalità interessante, che sembra funzionare. Lo studio è stato condotto nello Stato americano dell’Oklahoma nel 2008, su un campione di bambini nati dal 1 aprile al 30 giugno e dal 1 agosto al 31 ottobre 2007. Dopo aver accettato di partecipare all’esperimento, i genitori di 2704 neonati hanno completato un questionario e poi sono stati assegnati in modo casuale al gruppo nel quale si svolgeva il test (n = 1358) o nel gruppo di controllo (n = 1346). Circa l’84% dei partecipanti ha poi completato un’indagine di follow-up nella primavera del 2011.

L’esperimento consisteva in questo: per i 1358 neonati che partecipavano allo studio è stato creato, con fondi governativi, un deposito individuale di 1000 dollari. Questo denaro potrà essere utilizzato dal beneficiario solo dopo aver ottenuto il diploma di scuola media superiore.Quando i bambini avevano 4 anni, si è proceduto a misurare il loro sviluppo psico-affettivo attraverso un questionario compilato dai genitori, Ages and Stages Questionnaire: Social-Emotional, dove i punteggi più bassi, in un range da 0 a 170, indicano la migliore prestazione.

Risultato: Già all’età di 4 anni i bambini che avevano ricevuto la donazione di 1000 dollari mostravano un comportamento più evoluto sul piano sociale ed affettivo, rispetto ai coetanei che non avevano ricevuto tale donazione (nella scala di sviluppo socio affettivo i bambini con il libretto di risparmio con 1000 dollari hanno totalizzato un punteggio di 29 punti, contro i 31 degli altri).

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Questo effetto è stato particolarmente visibile nelle classi sociali più svantaggiate, quelle cioè che vivono di pensione sociale, che hanno un basso livello di istruzione e uno scarso status socio-economico. Come osservano i ricercatori, per fare questo tipo di intervento la somma spesa è stata davvero contenuta, rispetto ad altri interventi statali che hanno lo stesso obiettivo, ma sono molto più costosi. La strategia, precisano inoltre i ricercatori, funziona perché ha effetto in particolare sui genitori.

Lo studio ha appurato infatti che essi modificano i loro atteggiamenti, i loro comportamenti, le loro aspettative sui figli e li incoraggiano maggiormente nel percorso scolastico (che non si farebbe, pur di non mandare dispersi mille dollari…). Queste maggiori attenzioni e incoraggiamenti ricevuti da parte dei genitori hanno a loro volta un effetto positivo sui figli e sul loro livello di sviluppo psico-affettivo.

Probabilmente un progetto ispirato a questo esperimento americano potrebbe essere efficace anche in Italia, anche se andrebbe forse alzato un po’ il valore dell’accantonamento… Altrimenti sembra più la spesa che l’impresa. In Italia infatti per far frequentare ad un figlio tutto il percorso di studi che porta al diploma, ci vogliono ben più dell’equivalente di 1000 dollari!

Dr. Giuliana Proietti

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Pubblicato anche su Huffington Post

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