LA RABBIA: UN’EMOZIONE NEGATIVA
Definizione di “rabbia”
La rabbia (sinonimi: collera, furia, ira) è una violenta irritazione, spesso accompagnata da parole o da azioni incontrollate. Nasce da una tendenza innata a difendersi quando si è attaccati, o a proteggersi dall’intrusione altrui nel proprio territorio, nelle proprie cose, nella propria vita. La rabbia è una delle 16 emozioni avvertite più frequentemente, anche se viene raramente espressa (Matsumoto. D. et al., 1994).
La rabbia come fonte di spavento: sue funzioni adattive
Le finalità della rabbia sono quelle di intimorire la persona che ci sta minacciando, così come avviene anche in campo etologico, dove la rabbia dell’animale ha lo scopo di spaventare il nemico e farlo fuggire, oppure serve per prepararsi al combattimento (D’Urso, 2001).
Chi si arrabbia, e manifesta la sua collera, può riuscire infatti ad ottenere i cambiamenti che desidera, riguardo alle azioni e ai comportamenti di un’altra persona che si è comportata in modo inappropriato (Van Kleef et al. 2004; Ekman, 2004).
Si pensi alla mamma che si arrabbia, perché il figlio mangia senza essersi lavato le mani: questo tipo di rabbia, detta “rabbia primaria”, diventa però disadattiva quando non svolge più le funzioni finalizzate a proteggere la persona dal danno e dall’intrusione.
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La paura della rabbia
Sicuramente la rabbia è un’emozione molto intensa, tanto che può essere perfino fonte di spavento non solo quando viene provata da altri, ma anche quando viene provata in prima persona (esiste anche una fobia collegata a questa emozione: la paura della rabbia si definisce lissofobia, dal greco lyssa, rabbia).
La rabbia nei rapporti sociali
Nelle relazioni sociali in genere si tende a reprimere la franca espressione di questa emozione, considerata in genere come negativa, anche se questo può generare forti sensi di frustrazione.
Ipercontrollo della rabbia
La rabbia incontrollata può diventare un disturbo psicologico, un grave sintomo di uno stato di malessere o di una patologia.
L’ipercontrollo cronico della rabbia può portare la persona ad “esplodere”, in un dato momento, con una rabbia inappropriata al contesto, alle persone, alle situazioni.
Del resto, sopprimere costantemente il sentimento della rabbia in situazioni percepite come attacchi personali da parte di altre persone può esasperare la persona, la quale prova, a causa dello stress provocato, un senso di debolezza e di perdita di potere, che le causa ulteriore rabbia.
Lo stress fisiologico dovuto alla rabbia si manifesta visibilmente nell’espressione corporea attraverso la contrazione della mascella e della muscolatura, l’aumento del battito cardiaco, la necessità di trattenere il respiro e soffocare il grido.
Molte ricerche mostrano che l’inibizione dei sentimenti di rabbia è associata ad una molteplicità di problemi di salute, quali l’ulcera gastrica, l’ipertensione arteriosa, la cefalea da tensione o l’emicrania e altre reazioni psicosomatiche più gravi, come ad esempio i disturbi cardiaci
(Ci sono infatti chiare evidenze che i fattori psicologici abbiano un ruolo-chiave nello sviluppo e nella progressione delle malattie cardiache, sia in persone predisposte, sia in soggetti sani – Vedi: Yoichi Chida e Andrew Steptoe, 2009, Johan Denollet e Susanne S. Pedersen, 2009).
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L’espressione della rabbia
A livello corporeo, la rabbia altera gli equilibri fondamentali dell’organismo, che si possono notare anche attraverso il linguaggio del corpo. Come rilevano Matsumoto et al. (1994) per l’espressione non verbale della rabbia si usa l’intero corpo: cambia la mimica facciale (occhi molto aperti e sopracciglia aggrottate), si innalza il tono della voce, cambiano i gesti e la postura (molto rigida).
Una ricerca, condotta presso l’Università di Cambridge (Biological Psychiatry, sett. 2011) ha scoperto che le fluttuazioni dei livelli di serotonina nel cervello, che spesso si verificano quando non si è mangiato o si è sotto stress, possono influire sulle regioni cerebrali che consentono alle persone di regolare l’emozione della rabbia.
La ricerca ha rivelato che un livello basso di serotonina cerebrale rende più deboli le comunicazioni tra l’amigdala e i lobi frontali e questo può rendere più difficile alla corteccia prefrontale controllare le risposte emotive della rabbia, che si generano all’interno dell’amigdala. Questo potrebbe spiegare la tendenza a sfoghi d’ira in chi è sotto stress o non si sente sazio.
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La rabbia come sintomo
In genere la diagnosi psichiatrica viene fatta una volta che si siano potuti escludere i sintomi di alterazione dell’umore e la persona sia stata osservata nei suoi comportamenti attraverso un’indagine longitudinale (prolungata nel tempo). Nel DSMIV la rabbia viene indicata come sintomo nella depressione, nel disturbo distimico, nel disturbo bipolare, nel disturbo ossessivo compulsivo e nei disturbi della condotta alimentare, come pure in alcuni disturbi di personalità.
La rabbia infantile
Ci si comincia ad arrabbiare sin da piccolissimi: anche i bambini piccoli provano stati di violenta agitazione, che esprimo battendo i piedi e gridando, quando non ottengono ciò che desiderano.
Verso i 2-3 anni il bambino adotta spesso un comportamento collerico e oppositivo: in questo caso attacca, graffia, tira i capelli, morde gli altri bambini. Verso i 4 anni tuttavia, la maggior parte dei bambini comincia ad esprimere la propria aggressività verbalmente, non più con i gesti.
Il bambino che persiste nella facile arrabbiatura viene spesso chiamato, in termini psicologici, “l’aguzzino familiare”: si tratta di un bambino impulsivo, che ad ogni minima contrarietà produce reazioni di rabbia violenta e, per questo, comanda tutta la famiglia con il suo comportamento, opportunista e manipolatorio.
Le situazioni in cui si prova rabbia
Averill nel 1982 ha individuato le tre situazioni in cui generalmente si scatenano più facilmente le reazioni di aggressività, che a suo avviso sono:
1) quando la responsabilità di un evento negativo appartiene ad un individuo cosciente e responsabile;
2) quando l’evento negativo è considerato evitabile e pertanto non necessario;
3) quando non c’è una giustificazione e l’evento negativo si verifica gratuitamente arrecando solo danni.
In genere la persona che subisce la rabbia dell’altro si oppone a questa emozione, soprattutto se si trova in pubblico, dove in genere si evitano le risposte violente e si preferisce adottare comportamenti di dissenso, quali il broncio o l’evitamento. Del resto, è molto più comune che la rabbia venga espressa in un contesto privato, perché le scenate in pubblico mettono in gioco lo status sociale e la reputazione delle persone.
Influenze culturali nella manifestazione della rabbia
Vi sono notevoli influenze culturali nelle manifestazioni di rabbia: molte ricerche hanno dimostrato che i popoli latini sono più espressivi nell’espressione verbale della rabbia.
Ad esempio, grazie al ritegno che le culture nord-europee in generale mostrano nelle loro relazioni interpersonali, probabilmente gli Olandesi vengono percepiti dagli Italiani come freddi, senza passione e poco persuasivi. La rabbia espressa dagli Olandesi nel modo sobrio loro caratteristico, potrebbe essere interpretata da parte degli Italiani come atteggiamento freddo e distaccato, oppure come un segno di arroganza o mancanza di partecipazione alla conversazione.
E se, nella cultura italiana, l’espressione della rabbia può essere vista come un processo naturale, divertente e perfino creativo, che alla fine produce perfino consenso sociale, è possibile che una popolazione nord europea possa vivere la stessa scena come una disputa violenta, dal momento che tutto ciò che è “emotivo” viene istintivamente considerato in modo negativo Wierzbicka (1999).
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