Uso compulsivo dei social network: perché?
I social networking sites (SNSs) vengono usati sempre più spesso e ad oggi si contano circa 2 miliardi di persone che ne fanno uso nel mondo. Ai primi posti nella classifica degli utenti dei Social media ci sono America e Europa, rispettivamente 70% e 66% di tasso di penetrazione.
La ricerca ha mostrato che fra i teenagers americani, YouTube, Instagram, e Snapchat sono i social più frequentati, e il 45% dei ragazzi intervistati ha affermato di usarli quasi di continuo durante la giornata.
L’OMS (2014) si è occupata di questo uso massiccio dei social, soprattutto per cercare di capire se, per una minoranza di questi utilizzatori, potesse essere appropriato parlare di “dipendenza“.
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Le ricerche compiute mostrano che le persone più problematiche nella vita reale tendono a trascorrere maggiore tempo sui social, rispetto agli utenti meno problematici e che questa dedizione ai new media va a detrimento delle relazioni personali nella vita reale.
I social media sono strumenti che permettono di comunicare con persone che risiedono in qualsiasi parte del mondo: è un ottimo modo per restare in contatto con amici e conoscenti lontani e la sensazione di vicinanza che essi consentono migliora lo stato di benessere delle persone.
Quando però si trascorre il proprio tempo con gli occhi incollati sullo schermo, si va a cercare in modo compulsivo la presenza di notifiche o richieste di amicizia su questi siti, questo può comportare seri problemi per la salute psichica. Le persone che hanno queste abitudini, si è visto, sono scarsamente soddisfatte della propria vita ed hanno effettivamente una qualità della vita piuttosto bassa.
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Recenti ricerche hanno anche riscontrato che sono le personalità narcisite a passare molto tempo online, così come gli individui che hanno delle personalità antisociali e che mettono in atto delle “cheater strategies” per raggiungere i loro obiettivi, anche a danno degli altri.
Halpern et al. (2016) hanno scoperto che i narcisisti pubblicano in particolare i “selfies” e questo non fa che aumentare il loro livello di narcisismo. Questa passione per i selfie, come mostrano Jain and Mavani nella loro ricerca (2017) ha portato 75 individui, fra il 2014 e il 2016 a morire per potersi fotografare in situazioni particolari. L’età media di queste vittime del selfie è di 23,3 anni ; l’82% di loro era di sesso maschile.
La ricerca di Nesi e Prinstein (2018) è uno studio longitudinale sul comportamento compulsivo di alcuni adolescenti sui social. I risultati mostrano che i ragazzi molto “social” facevano anche uso di sostanze e si esponevano a comportamenti sessuali a rischio. Uno studio di Sarabia e Estévez (2016) si è concentrato invece sui comportamenti su Facebook di alcuni adolescenti spagnoli, scoprendo che le ragazze usavano con gli altri metodi prevalentemente seduttivi per ottenere approvazione sociale, mentre i ragazzi si proponevano come seduttori.
Anche in Italia, emerge dal rapporto Censis, l’utilizzo dei social sta crescendo in tutte le fasce d’età e anche da noi si comincia a parlare di abuso o di dipendenza. Tutti possiamo osservare come nei luoghi pubblici (treni, ristoranti, ecc.) le persone n0n parlano più, ma sono tutte concentrate sul proprio cellulare, muovendosi da un social all’altro.
Tutti dunque rischiano la dipendenza, ma le persone più a rischio sono soprattutto i più giovani e le persone che hanno già disturbi della personalità.
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I segnali di un uso eccessivo e compulsivo dei social possono essere i seguenti:
- essere costantemente collegati;
- pubblicare continuamente nuovi selfie;
- essere alla continua ricerca di nuovi amici;
- aprire sempre nuovi profili;
- restare collegati ai social nonostante si sia già letto tutto quello che c’era da leggere.
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