Nelson Mandela e il perdono
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Uno degli esempi più eclatanti in epoca moderna del potere di perdonare è stato Nelson Mandela il quale, nel 1963, fu condannato all’ergastolo con l’accusa di tradimento verso lo stato del Sud Africa. Fu scarcerato 27 anni dopo: Mandela non cercò la vendetta, ma concesse il perdono. Con questo perdono, Mandela incoraggiò chi era stato vittima di ingiustizia a fare la stessa cosa: questo coraggiosissimo atto è stato molto importante per ricomporre una nazione che era stata lacerata a causa delle politiche di apartheid.
Il gesto di Nelson Mandela mostra quanto possa essere importante il perdono per promuovere il cambiamento sociale e la riconciliazione sociale, ma il perdono è altrettanto importante anche nei rapporti privati. Eppure, nonostante ciò, in psicologia si studia il perdono solamente da una decina di anni (Exline & Baumeister, 2000; Fincham, 2000; McCullough, Fincham & Tsang, 2003). Molti studi lo hanno legato al benessere psicologico (Karremans, Van Lange, Ouwerkerk & Kluwer, 2003; Orcutt, 2006; Toussaint & Webb, 2005) alla salute fisiologica (Harris & Thoresen, 2005; Witvliet, Ludwig & Vander Laan, 2001)e al benessere psicologico ((Strelan, Acton, & Patrick, 2009).
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L’atto del perdono consiste nel superare le forti emozioni negative nutrite nei confronti di un trasgressore e sostituire queste con sentimenti più positivi (Enright, Gassin & Wu, 1992; Yovetich & Rusbult, 1994). In alcune occasioni, il perdono può richiedere anche di dover accantonare degli impulsi vendicativi (DeWall, Pond & Bushman, 2010: Finkel & Campbell, 2001). Dal punto di vista cognitivo, questo atto richiede di saper gestire o inibire dei pensieri e degli impulsi inappropriati, in modo da raggiungere un obiettivo (Denckla, 1996; Payne, 2005; Borkowski & Burke, 1996; Chan, Shum, Toulopoulou & Chen, 2008; Pronk, Karremans, Overbeek, Vermulst & Wigboldus, 2010), anche se non si conoscono ancora i meccanismi che aiutano a realizzare tutto ciò.
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Oltre alla capacità di perdonare, occorre prendere in considerazione l’abilità di dimenticare, almeno a livello intenzionale (vedi Anderson & Green, 2001; Anderson & Huddleston, 2011; R. A. Bjork, 1972). La dimenticanza intenzionale sembra essere una funzione diretta di un meccanismo di controllo inibitorio che può prevenire che i ricordi sgraditi entrino nella coscienza (vedi Anderson, 2003; Anderson, Green & McCulloch, 2000; Anderson & Spellman, 1995; Levy & Anderson, 2002; Storm and Levy, 2102; ma anche Bulevitch, Roediger, Balota & Butler, 2006; MacLeod, 2007; MacLeod, Dodd, Sheard, Wilson & Bibi, 2003).
Recentemente, l’effetto della dimenticanza volontaria è stato dimostrato in alcune memorie autobiografiche (Noreen & MacLeod, 2013; Stephens, Braid & Hertel, 2013). In particolare, Noreen e MacLeod hanno scoperto che alcuni ricordi venivano deliberatamente cancellati dalla memoria a seguito di alcune istruzioni.
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C’è una relazione fra dimenticare e perdonare?
Saima Noreen, Raynett Bierman e Malcolm David MacLeod (2014) hanno mostrato una correlazione fra capacità di perdonare e dimenticanza intenzionale. Infatti, si è visto che quando i soggetti dello studio avevano perdonato il trasgressore, i ricordi relativi all’episodio dell’offesa venivano più facilmente dimenticati e questo era indipendente dalla capacità delle persone di trattenere i ricordi: l’aver concesso il perdono portava più facilmente verso la dimenticanza dei ricordi.
Esiste tuttavia una notevole varianza individuale nella capacità di inibire le memorie non desiderate (Levy & Anderson, 2008). Chi non perdona e nutre desideri di vendetta, ad esempio, tenderà a conservare una memoria vivida dei torti subiti, proprio per non inibire il desiderio di rivalsa.
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Fonte:
Saima Noreen ; Raynett Bierman ; Malcolm David MacLeod, Forgiving you is hard, but forgetting seems easy : can forgiveness facilitate forgetting? 2014
Immagine:
Flickr
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