Schopenhauer: consigli sulla felicità 3

Schopenhauer: consigli sulla felicità 3

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Ed eccoci arrivati alla terza e ultima parte della rassegna di scritti del filosofo Schopenhauer sulla felicità, tratti dal suo libro: Consigli sulla felicità. Schopenhauer, ricordiamolo, è un pessimista, e considera la vita un fardello abbastanza pesante da sopportare. Ciò nonostante, se si va al di là di questo pessimismo cronico, molte sue osservazioni sono illuminanti e, come tali, le offriamo alla vostra lettura e alla vostra riflessione.  Leggi la parte prima e la parte seconda, in questo sito.

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I veri amici

*) Come la carta moneta circola al posto dell’argento, così nel mondo, invece della vera stima e della vera amicizia, circolano gli attestati esterni e i gesti che mimano con la maggior naturalezza possibile questi sentimenti. Del resto ci si può anche chiedere se ci sia gente che meriti davvero amicizia e stima. Per me vale di più lo scodinzolare di un cane sincero che centinaia di attestati e gesti del genere. La vera, autentica amicizia presuppone una partecipazione intensa, puramente obbiettiva e del tutto disinteressata al bene e al male dell’altro, una partecipazione derivata da un vero e proprio atto di identificazione con l’amico.

L’amicizia

*) La vera amicizia rientra nell’ordine di quelle cose che – come i colossali mostri marini – non si sa se siano leggendarie o se esistano da qualche parte. Ci sono però tra gli uomini dei legami che, pur basati essenzialmente su occulti motivi egoistici, di varia natura, possiedono un grano di quella vera e autentica amicizia e ne vengono così nobilitati da acquisire il diritto, in questo mondo di cose imperfette, di fregiarsi del nome di amicizia. Sono legami che trascendono le relazioni ordinarie, le quali invece sono tali che noi non scambieremmo più una parola con la maggior parte dei nostri apprezzati conoscenti se sentissimo come parlano di noi quando siamo assenti.

L’autenticità di un amico

*) L’occasione migliore per verificare l’autenticità di un amico si ha (oltre ai casi in cui si ha la necessità di un consistente aiuto e di un grosso sacrificio) nel momento in cui gli comunichiamo che poco prima abbiamo subito una disgrazia: allora o gli si dipinge sul volto un dispiacere vero, sentito, schietto, oppure i suoi lineamenti confermano, con la loro composta calma o con un rapido guizzo involontario, la nota massima di La Rocchefoucauld: “Nelle avversità dei nostri migliori amici troviamo sempre qualcosa che non ci dispiace affatto”.  In simili casi i così detti amici spesso non riescono ad reprimere l’accenno a un lieve sorriso di compiacimento. Ci sono poche cose che infallibilmente mettono così di buonumore la gente come il racconto di una grave disgrazia che ci ha appena colpiti o la confessione di una qualche debolezza personale che chi ci ascolta ignorava. Ciò è davvero sintomatico!

La lontananza

*) La lontananza e l’assenza prolungata compromettono ogni amicizia, per quanto si sia riluttanti ad ammetterlo. Infatti le persone che non vediamo più, anche se si tratta dei nostri migliori amici, col passare del tempo si atrofizzano in concetti astratti, per cui il nostro attaccamento nei loro confronti diventa sempre più un fatto puramente mentale, un’abitudine: mentre l’attaccamento vivo, profondamente sentito, resta riservato a chi abbiamo sotto gli occhi, si tratti anche degli animali che ci sono cari. Tanto dipendente dai sensi è la natura umana! Anche qui cade a proposito l’affermazione di Goethe: “La presenza è una dea possente” (Torquato Tasso, atto IV, scena 4).

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Gli amici di casa

*) Gli amici di casa si chiamano così il più delle volte perchè sono più amici della casa che del padrone, sono cioè più simili ai gatti che ai cani. Gli amici si proclamano sinceri, i nemici lo sono; si dovrebbe quindi fare tesoro del biasimo di questi ultimi come di un’amara medicina, per conoscersi meglio. Nel bisogno gli amici sono rari? Al contrario. Non appena si è fatta amicizia con qualcuno, quello si trova in difficoltà e chiede denaro in prestito.

Superiorità  intellettuale

*) Chi si illude che spirito e intelligenza siano un mezzo per rendersi bene accetti in società, dimostra di avere molta strada da percorrere. Quelle qualità al contrario suscitano nella stragrande maggioranza un astio e un risentimento che riusciranno tanto più aspri in quanto più chi li prova non è tenuto a dichiararne i motivi, anzi li nasconde a sé stesso. Le cose vanno precisamente così: se uno nota o sente una soverchiante superiorità intellettuale nella persona con cui parla, conclude dentro di sé, senza esserne chiaramente conscio, che l’interlocutore abbia notato e sentito in pari misura la sua inferiorità e limitatezza. Tale sensazione suscita in lui astio, risentimento e rabbia a un grado parossistico. (cfr. Il mondo come volontà e rappresentazione, le citazioni delle parole del Dottor Johnson e di Merck, l’amico di gioventù di Goethe). Con ragione Gracián dice: “L’unico modo per essere benvoluti è rivestire la pelle dell’animale più ottuso” (cfr Baltasar Graciàn, 1601-1658, Oràculo manual y arte de prudencia). Infatti esibire spirito e intelligenza è solo un modo indiretto di rinfacciare a tutti gli altri la loro sprovvedutezza e ottusità. Inoltre la natura volgare si ribella quando si trova di fronte il suo contrario, e la segreta istigatrice alla ribellione è l’invidia.

La vanità

*) Come si può osservare quotidianamente, il piacere che la gente antepone a tutti gli altri è la soddisfazione della vanità, che tuttavia si ottiene solo confrontando sé stessi con gli altri. Le qualità di cui l’uomo va tanto orgoglioso sono quelle intellettuali; solo su di loro infatti si basa la sua supremazia rispetto agli animali. Quindi spiattellargli in faccia la propria decisa superiorità a questo riguardo, per di più davanti a testimoni, è un gesto oltremodo temerario. Egli si sente spinto alla vendetta, e nella maggioranza dei casi cercherà l’occasione di realizzarla mediante le  offese, passando così dall’ambito dell’intelligenza a quello della volontà nel quale ― quanto a gerarchie di valore ― tutti sono uguali.

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Ceto e censo

*) In conclusione, mentre in società ceto e censo possono sempre contare sul rispetto, i pregi intellettuali in nessun caso possono aspettarsi altrettanto: nel migliore dei casi sono ignorati, altrimenti vengono considerati una sorta di impertinenza, o qualcosa di cui il detentore è venuto in possesso con mezzi illeciti, e di cui ora non ha ritegno a vantarsi; quindi ognuno in segreto si propone di fargli subire qualche umiliazione, aspettando solo l’occasione propizia. Saadi nel Gulistan dice: “Si deve sapere che nell’individuo non intelligente si trova un’avversione per quello intelligente cento volte maggiore dell’antipatia dell’ intelligente per il non intelligente”.

Inferiorità intellettuale

*) Per contro l’inferiorità intellettuale equivale a una vera e propria raccomandazione. Infatti quello che per il corpo per lo spirito è il benefico senso di superiorità; ognuno si avvicina istintivamente all’oggetto che glielo promette, come ci si accosta alla stufa o al calore del sole. Ora, sarà inferiore solo chi, tra gli uomini,  sta decisamente più in basso nella scala dei valori intellettuali e, tra le donne, in quella della bellezza. Certo, per dimostrare un’inferiorità non simulata rispetto a tanta gente, non ci vogliono molti sforzi! D’altra parte, si osservi con quale affabilità una ragazza appena piacente accoglie un’altra decisamente brutta.

Bellezza fisica

*) Tra gli uomini, i pregi fisici non vengono tenuti in grande considerazione, per quanto uno si senta più a proprio agio se si sta accanto a uno più basso che non a uno più alto. Quindi, in generale, tra gli uomini i più ricercati e bene accetti sono gli stupidi e gli ignoranti, e tra le donne le brutte: aqueste persone sarà facilmente attribuito un gran cuore, perché ognuno, per giustificare ai propri occhi e a quelli altrui la sua propensione, ha bisogno di un pretesto. Proprio per questa ragione la superiorità intellettuale, in qualsiasi forma, è una qualità che porta al totale isolamento: una qualità che si odia, e da cui si rifugge, imputando come pretesto a chi la possiede ogni sorta di vizi. Altrettanto accade con la bellezza per le donne: le ragazze molto belle non solo non trovano amiche, ma neppure la compagnia di altre. Ed è meglio che non tentino neppure di presentarsi per un posto di dama di compagnia; perché già al loro primo apparire, la faccia della possibile padrona si oscura, dando a vedere di non aver alcun bisogno, per sé o per la propria figlia, di un simile termine di paragone. Ci si comporta invece in modo opposto con i privilegi del rango, perché questi non emergono ― come avviene per i pregi personali ― per effetto di contrasto e di distanza, bensì per riflesso, come i colori dell’ambiente si riverberano su un volto.

Farsi strada nel mondo

Leggi anche:  Omofobia, paure e pregiudizi

*) Il modo di gran lunga più efficace per farsi strada nel mondo sono le amicizie e le consorterie. Peraltro, le grandi capacità rendono orgogliosi e dunque poco adatti ad adulare coloro che hanno capacità mediocri, nei confronti dei quali queste grandi capacità si dovrebbero dissimulare o rinnegare. Effetto contrario esercita la consapevolezza di qualità mediocri: essa si accorda perfettamente con l’umiltà, la socievolezza, la compiacenza e il rispetto per ciò che è scadente, e quindi crea amici e protettori. (…) Sicché ad esempio, nelle accademie, la mediocrità è sempre ai primi posti, mentre la gente di merito vi arriva tardi o non vi arriva affatto; e così è per tutte le cose.

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La cortesia

*) La cortesia è il tacito accordo di ignorare reciprocamente la miserabile qualità morale e intellettuale e di non rinfacciarsela a vicenda; con il risultato di metterla meno facilmente in evidenza, con reciproco vantaggio. Se cortesia è saggezza, scortesia è stupidità: fare un gesto scortese creandosi senza necessità,per capriccio, dei nemici,è una stoltezza come appiccare il fuoco alla propria casa. Poiché la cortesia è, come i gettoni, una moneta evidentemente falsa, farne economia è una prova di scarsa intelligenza; invece spenderla con generosità è da persone assennate. (…) Come la cera, dura e rigida per natura, con un po’ di calore diventa così malleabile che può assumere qualsiasi forma, così anche gli uomini più scontrosi e ostili, con un po’ di cortesia e di affabilità, possono diventare arrendevoli e compiacenti.

L’emotività

*) Chi vuole che si presti fede al suo giudizio, parli freddamente, senza passionalità.

Mentire

*) Quando si ha il sospetto che uno menta, si faccia finta di credergli: allora quello diverrà sfacciato, mentirà con più sfrontatezza e verrà scoperto. Se invece si nota che uno sta per lasciarsi sfuggire una parte della verità che vorrebbe tenere nascosta, si simuli incredulità, di modo che lui, provocato dalla opposizione, faccia avanzare la retroguardia della verità intera.

Riservatezza

*) Dobbiamo considerare tutte le nostre faccende personali come dei segreti e restare dei perfetti estranei per i nostri conoscenti, al di la di quello che costoro possono vedere con  i loro occhi. Poiché tutto ciò che essi sanno sulle cose più innocue, a lungo andare e in date circostanze, può esserci dannoso. In generale è consigliabile palesare la propria intelligenza con quello che si tace, anziché con quello che si dice: nel primo caso saremo ispirati alla saggezza, nel secondo alla vanità. (…) Voglio solo aggiungere una massima araba particolarmente incisiva e poco nota: “Ciò che il tuo nemico non deve sapere, non dirlo al tuo amico”.

Lezioni di vita

*) Non c’è denaro impiegato più vantaggiosamente di quello che ci hanno tolto imbrogliandoci; perché in cambio abbiamo ricevuto una lezione immediata di saggezza.

Dimenticare

*) Dimenticare un aspetto negativo dell’indole di una persona è come buttare via del denaro guadagnato con fatica.

La saggezza

*) “Non amare e non odiare” è una massima che contiene la metà di tutta la saggezza; “Non dire nulla e non credere nulla” contiene l’altra metà.

Collera e odio

*) Lasciar trapelare collera oppure odio da parole o da espressioni del viso è inutile, pericoloso, sciocco, ridicolo e volgare. Quindi non si deve mai manifestare collera, né odio, se non con i fatti. Questa seconda cosa riuscirà tanto meglio quanto più accuratamente si sarà evitata la prima. Solo gli animali a sangue freddo sono velenosi.

Il caso

*) Il caso è una potenza malvagia alla quale bisogna affidarsi il meno possibile. Eppure chi è fra tutti i donatori l’unico che, mentre dà, ci dimostra anche chiaramente che non abbiamo alcun diritto ai suoi doni, e che per essi dobbiamo ringraziare non i nostri meriti, ma unicamente la sua bontà e la sua grazia, e che proprio da queste possiamo attingere la lieta speranza di poter ricevere anche in futuro, con umiltà, qualche altro immeritato dono?

 

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Età della vita

*) Si è soliti definire la giovinezza l’epoca felice della vita e la vecchiaia l’epoca triste. Sarebbe vero, se fossero le passioni a dare la felicità. Invece, le passioni sballottano la gioventù di qua e di là, con poca gioia e molte sofferenze e lasciano nella quiete la fredda vecchiaia, la quale assume ben presto un atteggiamento contemplativo; infatti, allora, la coscienza si libera e prende il sopravvento. (…) E’ tipica della gioventù una certa malinconia, una certa tristezza, mentre è tipica della vecchiaia una certa serenità: la causa sta nel fatto che è ancora sotto il dominio, anzi sotto la schiavitù di quel demone che non le concede facilmente un’ora di libertà e che al tempo stesso è l’artefice diretto o indiretto di quasi tutte le sventure che colpiscono o minacciano l’uomo; invece la vecchiaia ha la serenità di chi si è affrancato da una catena portata a lungo e ora si muove liberamente.

La vecchiaia

*) La povertà da vecchi è una grande sventura. Ma se questa è scongiurata e ci si è conservati in salute, allora la vecchiaia può essere un’epoca della vita del tutto sopportabile. (…) Il progressivo spegnersi di tutte le forze nella tarda età, il loro declino sempre più rapido, è certo un fatto molto triste; ma è necessario, anzi, benefico, perché prepara alla morte, che altrimenti diventerebbe troppo difficile. Perciò il più grande beneficio del raggiungere un’età oltre modo avanzata è l’eutanasia, ossia una morte estremamente facile, non preceduta da alcuna malattia, e del tutto inavvertita.

La vita alle spalle

*) La differenza fondamentale tra la giovinezza e la vecchiaia sta sempre nel fatto che la prima ha di fronte a sè la vita e la seconda la morte; che la prima possiede un passato breve e un lungo futuro, e la seconda l’opposto. Certo, quando si è vecchi si ha davanti solo la morte; ma quando si è giovani si ha la vita, e c’è da chiedersi quale delle due prospettive sia più preoccupante e se – tutto sommato – la vita non sia un qualcosa che è meglio avere alle spalle anziché davanti.

A cura di Giuliana Proietti

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Schopenhauer, Consigli sulla felicità, Parte prima, Parte seconda.

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