La timidezza e il percorso di vita

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Cosa si intende per “percorso di vita”?

Si intende il fatto che la vita umana è caratterizzata da periodi caratteristici, che tutti attraversano. Questi periodi sono caratterizzati dai diversi compiti e dai diversi ruoli che si assumono, a seconda del livello di maturazione dell’organismo e dei riti di passaggio che scandiscono la fine di una fase della vita e l’entrata in un’altra, come ad esempio l’ingresso nel mondo del lavoro, il matrimonio, il pensionamento, ecc.

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La timidezza si manifesta in modi diversi nelle diverse fasi della vita?

Certamente si: cambiano le situazioni che devono essere affrontate, cambiano le competenze e il livello di maturazione raggiunto, sia a livello organico, sia a livello psicologico e cambiano anche le aspettative che hanno gli altri nei nostri confronti. Questo significa che i comportamenti tollerati o incoraggiati in una fascia d’età potrebbero non essere graditi in un’altra fascia d’età.

Essere timidi nell’infanzia: cosa significa?

Il bambino timido è quello che nelle situazioni sociali tende a stare sempre in disparte, in silenzio. I grandi possono avvicinarsi a lui per dirgli frasi tipiche, come: ‘ma non hai la lingua’?, oppure ‘Come dici? Parla più forte, non si sente nulla’! Infatti, il bambino timido tende ad evitare i contatti sociali, parla poco e a voce bassa, è molto sensibile al giudizio degli altri e teme di essere rifiutato.

Non si tratta di scarsa intelligenza: il bambino timido è spesso creativo, sensibile, intelligente, ma i suoi pensieri non riescono a diventare parola. Segue pedissequamente le norme sociali che gli vengono insegnate, per cui sin da piccolo a scuola impara a stare al suo posto, a non prendere parte alle attività sociali, a rimanere nel proprio mondo in silenzio, senza dare fastidio.

Anche quando a scuola conosce le risposte alle domande dell’insegnante, non alza mai la mano, non si mette al centro dell’attenzione, non parla davanti agli altri, se può si siede all’ultimo banco… Il suo vissuto dunque è quello dell’auto-esclusione, con un grande senso di invidia verso i coetanei più estroversi, che riescono a divertirsi in gruppo e ad esprimere la propria personalità.

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Essere timidi in adolescenza: cosa comporta?

Il ragazzo che è sempre stato timido diventa ancora più consapevole di se stesso e si preoccupa del suo aspetto fisico: i capelli, i vestiti, la forma fisica. In questa fase della vita la paura di essere giudicati negativamente dai pari si fa ancora più forte. La paura di non essere all’altezza, di fare figuracce, di essere ridicolo, gli rende difficile incontrare persone nuove o partecipare ad esperienze di gruppo.

Ciò che può far molto soffrire un adolescente a causa della sua timidezza è l’incapacità di difendere efficacemente i propri diritti e di esprimere le proprie opinioni davanti ad altre persone: quando si trova in queste situazioni gli manca la lucidità del pensiero ed ha difficoltà nella comunicazione. Tutto questo comporta sentimenti negativi che possono trasformarsi in stati depressivi, ansia, scarsa autostima e senso di solitudine.

La timidezza nel periodo adolescenziale dunque limita pesantemente lo sviluppo delle potenzialità personali e danneggia gravemente la qualità della vita. In genere tuttavia è proprio in questo periodo che si diventa più consapevoli di se stessi, che si scopre per la prima volta il proprio carattere, che si analizzano criticamente i propri comportamenti e quelli degli altri ed è proprio in età adolescenziale che molti ragazzi cercano la svolta, magari lasciandosi influenzare da un amico più estroverso, che essi desiderano emulare.

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E da adulti, cosa succede?

Le esperienze della vita portano naturalmente a maturare e a rafforzare il proprio carattere, per cui anche la timidezza tende ad attenuarsi, anche se è difficile che scompaia del tutto. Una persona che ha sperimentato la timidezza nell’infanzia o nell’adolescenza non diverrà mai del tutto estroversa e non si sentira completamente a suo agio in tutte le situazioni.

In alcuni casi gli adulti che sono stati timidi sentono di aver perso delle occasioni, non sfruttando a pieno le proprie potenzialità, per cui è possibile che decidano di reagire con forza alla propria timidezza. In questo caso, forzando la propria natura, essi cercano di dominare l’ansia sociale attraverso la sovraesposizione (scegliendo dei lavori che richiedono numerose frequentazioni, possibilità di parlare in pubblico, essere sempre al centro dell’attenzione degli altri, ecc.).

Se dominare l’ansia da palcoscenico diventa un mestiere, si può diventare molto bravi a superare la timidezza dei periodi precedenti della vita, riuscendo ad essere socievoli, estroversi, brillanti in moltissime situazioni, ma è probabile che i sintomi d’ansia non vengano mai domati del tutto e che il battito cardiaco, la sudorazione, il rossore ed il tremore rimangano gli stessi per tutta la vita.

L’adulto può imparare a non dare più importanza a queste manifestazioni, o a non dargliene in modo eccessivo, cosa che da giovani spesso non si riesce a fare perché la scarsa esperienza di vita non permette di fare un’analisi più approfondita delle situazioni. Cammin facendo però si diventa meno idealisti, più cinici ed egoisti e ci si rende conto “gli altri”, tanto temuti nell’età infantile e adolescenziale, forse non meritano tutte le attenzioni e i riguardi che si sarebbero avuti nei loro riguardi in epoche passate.

Con l’attenuazione dell’ ansia da prestazione, il rafforzamento dell’autostima, una visione della vita più cinica e materialista, anche la timidezza, nell’età matura, tende a scomparire.  Nei confronti dei molto anziani inoltre si diventa realmente più tolleranti, permettendo loro di dire quello che pensano, anche quando ciò che viene detto può essere pungente ed offensivo. Per tutte queste ragioni la timidezza nell’età molto anziana può svanire del tutto, anche se le nuove vulnerabilità acquisite (perdita dell’aspetto giovanile, perdita della salute, perdita del proprio ruolo sociale, ecc.) possono far nascere nuove incertezze.

Dr. Giuliana Proietti

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